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 2022  ottobre 14 Venerdì calendario

Intervista a Brunello Cucinelli

Brunello Cucinelli riceve il dottorato in Management e Scienze bancarie e delle materie prime e, come Steve Jobs ai ragazzi di Stanford consigliava di «rimanere pazzi e affamati», lui incita gli studenti della Sapienza a «fare gli scherzi e a guardare le stelle».
Lei che non ha studiato che consiglia ai giovani?
«La laurea è il sale della vita, ma c’è un’intelligenza da studio e una dell’anima che va coltivata. Credo che i nostri ragazzi studino troppo e non abbiano il tempo per il gioco, lo sport e l’intelligenza sociale. San Francesco diceva miscela la cultura con l’anima, impara a farti volere bene. Molte delle grandi menti di questo tempo, tra cui Leonardo Del Vecchio, non hanno studiato. Forse questo dovrebbe farci riflettere».
Dopo la pandemia il disagio è aumentato e molti hanno lasciato il posto fisso. Perché?
«Come un malessere segnaletico, bisogna ritrovare un’armonia con il creato. La gente è tornata a vivere nei borghi per recuperare ritmi più umani. Siamo anche troppo connessi; se mi mandi un mail di notte e entro le 8 non ti ho risposto è normale, non c’è da allarmarsi. Ai miei manager dico: se c’è un’urgenzachiamate, non pensate che io, come nessuno, possa essere sempre reperibile. Bisognerebbe lavorare 7 ore non di più, anche a Solomeo si lavora in media 8 ore, ma ci arriveremo».
Lei è pioniere della sostenibilità che ora è una moda, come mai?
«Perché i giovani sono più attenti a questi temi. Al G20 di Roma del 2021 Draghi mi ha invitato insieme al Principe Carlo, che ora è Re, a parlare di riscaldamento globale e capitalismo umanistico. Ho iniziato a fare l’ imprenditore vendendo golf di cachemire perché sono capi che puoi tramandare. Basiamo questi concetti su quattro pilastri: il clima e il rispetto della natura, la sostenibilità economica delle produzioni, della filiera e il giusto profitto, il ruolo culturale dell’impresa e poi un’attenzione, che io definirei spirituale, ai nostri collaboratori. Se tu mi tratti meglio io lavoro meglio, un sarto sta meglio di fronte a una vetrata che davanti a un muro. Nelle fabbriche una volta non c’erano finestre perché se guardavi fuori ti distraevi: questo è un tema di cui non si parla, ma un ambiente di lavoro buio crea un mal d’animo che nuoce a tutti».
E la formazione in azienda?
«Il 52% dei nostri capi è fatto a mano, così abbiamo costruito una accademia per formare i giovani aivecchi mestieri, l’ultimo aperto è un corso di uncinetto. Per costruire il futuro bisogna tramandare le conoscenze del passato nel giusto ambiente. La nostra fondazione e la Spa hanno comprato terreni e fabbricati, sono stati abbattuti e bonificati un milione di metri cubi.
Ora abbiamo lo spazio di crescere per i prossimi 100 anni».
Tra guerra e recessione, come vede in Made il Italy?
«Sono ottimista per il nostro Paese.
La disoccupazione è scesa all’8%, l’Italia ha una manifattura di alta qualità che, finito il lockdown, è ripartita a pieno regime. Il nostro stato sociale si è dimostrato tra i migliori al mondo. Lo ha detto anche Larry Fink, che viene dagli Usa dove sono spariti 5 milioni di posti di lavoro. Nel mondo intere produzioni hanno chiuso, altre filiere si sono inceppate perché mancavano deicomponenti. Per riavviare la macchina, dove le produzioni si sono fermate, ci vorranno mesi. Chi, come noi, non ha mai smesso, avrà un grande vantaggio competitivo.
Quando sono ripartiti gli ordini, noi abbiamo consegnato con puntualità, un valore che chi è al commercio ciriconosce. Luxottica ha chiesto agli operai di Agordo se volevano lavorare anche il sabato, l’acciaio di alta gamma ha richieste superiori del 20% dell’offerta. Adesso la debolezza dell’euro è un vantaggio per noi che siamo esportatori e abbiamo la filiera cortissima».