La Stampa, 14 ottobre 2022
Ritratto di Ignazio La Russa
Senta presidente, dica la verità: è stato più emozionante oggi o quando l’Inter ha vinto la Champions? Ci pensa per due secondi, la bistecca fumante lo attende sul bancone del ristorante del Senato, poi lo sguardo si accende sopra gli occhiali appoggiati con indolenza sul naso, e il sorriso si distende nel solito ghigno luciferino: «Certamente la Champions, non ci sono dubbi». Ignazio La Russa è una delle maschere più note di questa lunga, pazza commedia dell’arte, che ogni volta rende la lotta di potere un dopopartita tra amici di calcetto.
La Russa deve ancora abituarsi alla nuova vita. Lo seguono i commessi che hanno il compito di scortare l’istituzione. L’indole è tempestosa, difficile da trattenere negli abiti composti della seconda carica dello Stato. Il carattere non lo cambi in qualche minuto. Il figlio Geronimo è con lui, per nulla sorpreso: «Lui è così. Ieri sera (mercoledì, ndr) eravamo tutti in ansia per il voto di oggi, mentre lui tranquillissimo si guardava Barcellona – Inter. Gli ho detto “Papà ma che fai?” E lui: “Lasciatemi guardare la partita, che stiamo vincendo!"». Il presidente del Senato intanto prende anche i peperoni. E si lascia andare all’orgoglio: «Devo dire che essere stato eletto anche con voti non del centrodestra rende la mia elezione ancora più emozionante. È stata una vittoria politica, ma lo è stata anche sul piano delle relazioni umane. Ha contato molto quello che fatto io, e non solo io».
Ecco, fermiamo l’immagine a questo momento e riprendiamo daccapo la biografia di Ignazio Benito Maria La Russa, il giovane missino che seguiva papà segretario fascista di Paternò nei comizi in Sicilia. Il collegio in Svizzera; la laurea in Giurisprudenza a Pavia; poi il sangue che risale la corrente di famiglia; la politica negli anni Settanta che era soprattutto botte, agguati, fragole e sangue; «Milano come Belfast» nelle sue parole; i sanbabilini, gli impermeabili lunghi; la prima scena di “Sbatti il mostro in prima pagina” di Marco Bellocchio che inquadra La Russa giovane, mentre incoraggia la piazza contro i comunisti; la prima elezione in Parlamento nel 1992; la svolta di Fiuggi; la nascita di AN; Max Pezzali che aiutò a comporre l’inno e poi negò di averlo fatto, e La Russa ci rimase male; lui tra i colonnelli di Gianfranco Fini, «il genio di Silvio Berlusconi»; il ministero della Difesa; La Russa che diventa “La Rissa” in tv; i calci nascosti agli inviati; Fratelli d’Italia fondata con Giorgia Meloni; la battuta sul saluto romano per evitare il Covid; l’eterno tic di famiglia che torna con il braccio un po’ alzato un po’ no del fratello Romano...
La Russa è nato due anni dopo la fine della guerra, nel 1947. Nel suo discorso c’è l’offerta di una riconciliazione, e forse non poteva essere altrimenti dopo aver ricevuto la seconda carica dello Stato dalle mani di Liliana Segre, la bambina ebrea sopravvissuta alla Shoah che ha commosso tutti, gelando l’anima di molti colleghi di partito di La Russa. Lui però ci crede, che la storia deve chiudere i suoi conti «Dopo il discorso mi ha chiamato Luciano Violante. Mi ha fatto piacere citarlo. Dovevo, perché fu coraggioso lui a citare i ragazzi di Salò quando si insediò(da presidente della Camera, del Pds, nel 1996, ndr). Io sono il secondo a parlare di riconciliazione. Spero che questa sia l’occasione giusta e che non la inseguiremo per sempre».
Non è preoccupato dalla rottura con Forza Italia e da quel vaffa di Berlusconi in aula: «Ma non era diretto a me! – dice – Era uno sfogo. Anzi quasi si giustificava che non c’erano gli altri. Lui era presente in aula e ha pure votato». Per lei? «Magari ha per Roberto Calderoli», ride, La Russa giura che non sarà un presidente noiosamente abbottonato. Oddio, forse non leggerà la Gazzetta dello Sport durante le sedute, come ha fatto da vicepresidente. Ma non rinuncerà alle battute e all’informalità. «Abituatevi», dice ai commessi che gli chiedono di aspettare la macchina. «Vado a piedi!», e si incammina. Vista la folla che lo travolge, la prossima volta rivaluterà l’utilità dell’auto. Uno dei famosi disturbatori di palazzo si avvicina. «A Ignà con tutte le volte che ci hanno ripreso assieme. Facciamoci un selfie». La Russa ci scherza: «Ti ricordi che una volta ti menavo? Ecco, non te ne approfittare». —