Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  ottobre 14 Venerdì calendario

Il lato migliore di La Russa

Chi pensava di averle viste tutte non immaginava la scena sadomaso di ieri al Senato, con la staffetta per la seconda carica dello Stato fra una superstite dell’Olocausto ad Auschwitz, Liliana Segre, e un fascista dichiarato, Ignazio Benito Maria La Russa. Dico fascista, senza la vaselina dell’“ex” e del “post”, per non offendere il vecchio ‘Gnazio, che se ne avrebbe a male, essendo solito ringraziare chi gli dà del fascio (“adulatore!”). E organizzare visite guidate ai busti e cimeli del Duce che conserva orgoglioso in casa. Perciò ci ha un po’ deluso il discorso di insediamento, in cui tenta di accreditarsi a sinistra come statista e pacificatore super partes senza scontentare la destra, con le sgangheratezze maldestre tipiche del neofita: l’omaggio alla Segre per non nominare il fascismo, le citazioni di Pertini (mancava il solito Pasolini, che si porta su tutto) e di Violante (autore, nel 1996 alla Camera, di un discorso simile al suo dall’altro versante, ma più vergognoso perché aveva molto più da guadagnarci) per non dire niente fingendo di dire tutto, il ricordo dell’“ispettore Calabresi” (che era commissario) per dimenticare la strage nera di piazza Fontana che fu la causa scatenante di tutto, il saluto al defunto fratello democristiano per fare pari e patta con se stesso e l’altro appena beccato a salutare romanamente, la baggianata della “festa nazionale del Regno d’Italia” per non ricordare come e perché il Regno finì (fascismo, leggi razziali, guerra, armistizio e fuga a Brindisi).
Preferiamo ricordarlo com’era prima del goffo camuffamento: l’Ignazio La Rissa che menava le mani e litigava con tutti, l’amicone di don Salvatore Ligresti, il colonnello di An che offrì la Giustizia a Davigo, poi s’intruppò con B. e divenne avvocato di Previti (da presidente della giunta per le immunità, salvo rimettere il mandato prima di votare contro il suo arresto) e diffamatore della Ariosto (“pagata dai Servizi”), il ministro della Difesa che depenalizzò con Calderoli il reato di associazione paramilitare (e salvò i leghisti imputati a Verona per le Camicie Verdi con Calderoli, che l’aveva già scampata per l’immunità). E soprattutto l’occhiuto tutore della legge che, ai tempi del governo B. 2, fissò paletti ferrei per accogliere gli extracomunitari: “Possono restare solo se pagano le tasse e non sono stati rinviati a giudizio per reati da arresto”. In pratica tentò di spiegare agli stranieri che, per calpestare il suolo patrio, dovevano essere molto più onesti del premier italiano, rinviato a giudizio per vari reati da arresto fra cui la frode fiscale. Infatti ieri, per quanto rinco, quell’ ex premier ha avuto un lampo di memoria. E, appena l’ha visto, ha sparato un vaffanculo random. Finirà che il fascismo di ‘Gnazio verrà ricordato come il suo lato migliore.