Avvenire, 14 ottobre 2022
La sterlina e l’incubo del 1992
Trent’anni. E sembra ieri. Nei cinema spopolava il ritorno di Batman, in radio gli assoli di chitarra di Brian May in «Too much love will kill you». È il 16 di settembre quando la speculazione porta la sterlina (al pari della lira) a uscire dal sistema monetario europeo nel fatidico mercoledì nero che travolge anche la lira. Trent’anni dopo, l’incubo del terribile ’92 torna a riaffacciarsi in una Gran Bretagna nel caos, in cui le conseguenze della Brexit, la crisi energetica e la fragilità del sistema politico hanno moltiplicato i loro effetti negativi sull’economia reale. È la tempesta perfetta, quella che rischia di trascinare un Paese nel baratro e la nuova prima ministra, Liz Truss, già al capolinea.
Mercoledì, una svendita improvvisa e drammatica di Gilt, i Bot inglesi, ha fatto schizzare alle stelle i rendimenti dei titoli di Stato, con il 30 anni volato al 5% mentre la sterlina restava debole a 1,10 sul dollaro. Ieri, un segnale di recupero, con il rendimento dei Gilt a 30 anni sceso al 4,64% e la sterlina in risalita rispetto al dollaro fino a 1,1277, sulle voci di una possibile inversione di rotta governativa sui piani fiscali. Resta, però, una forte volatilità e un futuro in bilico. Il capo economista della Bank of England, Huw Pill, prospetta un forte rialzo dei tassi al prossimo meeting dell’istituto il 3 novembre, mentre la stessa Banca d’Inghilterra ha appena ribadito la sua intenzione di interrompere da oggi il suo piano di emergenza da 65 miliardi di sterline, varato due settimane fa proprio per evitare il crollo dei tassi sui titoli di Stato e quello della sterlina. Un’interruzione che mercoledì aveva mandato nel panico i fondi pensione, che detengono una montagna di Gilt e il denaro di milioni di pensionati. La confusione, al di là della Manica, regna sovrana. Il 31 ottobre il governo sarà chiamato a presentare una nuova Legge finanziaria meno sbilanciata rispetto a quella varata due settimane fa, che prevedeva corposi tagli alle tasse in deficit (soprattutto per i più ricchi), una manovra ultraliberista definita
dall’opposizione laburista come «kamikaze», non prevedendo nemmeno coperture economiche specifiche. Gli stessi conservatori, preoccupati dal solco scavato dai laburisti nei sondaggi, chiedono alla premier Truss di rivedere le priorità di politica economica per privilegiare il contenimento del costo della vita e del debito, in modo da frenare la corsa dei tassi d’interesse che minaccia milioni di persone, a partire dai titolari di mutui e fondi pensione.
Dopo anni di politiche monetarie espansive, lo scenario globale vede le banche centrali alle prese con una forte inflazione e con delle politiche restrittive attuate in fretta e furia. La Bank of England, spiegano alcuni analisti, sarà l’antesignana di una nuova politica monetaria ibrida, cioè una politica monetaria che aumenti i tassi per frenare l’inflazione e, contemporaneamente, per mantenere la stabilità finanziaria, non faccia salire quelli a lungo termine. Fosse semplice, a Londra oggi ci metterebbero più di una firma.