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 2022  ottobre 13 Giovedì calendario

Siddhartha compie 100 anni

Cento anni, ma non li dimostra: Siddhartha, il capolavoro di Hermann Hesse fu pubblicato nel 1922, dopo una gestazione prolungata e sofferta. Certo, Siddhartha non è più il vangelo dei giovani d’oggi: i media e i social hanno orientato ben altrimenti la loro attenzione. Eppure è uno dei pochi long-seller che sopravvive al Novecento proprio perché nasce da una profonda crisi interiore. Il racconto è la conferma dello smarrimento e allo stesso tempo la prova di un superamento. Dunque scrittura autentica piuttosto che esercizio letterario come riconosce Hesse: «Come poema non è nulla, ma il suo contenuto è il frutto della mia vita Non sono un letterato. Nel Siddhartha ci sono cose vere, scaturite da un’esperienza di vita». E il messaggio fu accolto con un crescendo di consensi che toccò il culmine nei mitici Anni Sessanta nelle università americane in rivolta per la contestata guerra nel Vietnam. Da Berkeley Siddhartha tornò in Europa divenendo il romanzo cult del movimento studentesco da Parigi, Berlino e Roma e contribuendo alla fuga in India di tanti giovani, che avevano frainteso il messaggio dell’autore: «Siddhartha è un libro molto europeo, malgrado la sua ambientazione. La dottrina di Siddhartha parte proprio dall’individuo, prendendolo così seriamente come non lo fa nessuna dottrina asiatica». Più chiaro di così!
LA RICERCA
Siddhartha diventa uno degli estremi miti dell’Occidente, con vesti dell’India arcaica, favolosa dei grandi alberi, dei grandi fiumi, simboli dell’eterno scorrere della vita, della storia dell’uomo e del mondo. Per questo Hesse confessa, con l’umiltà di chi veramente cerca il senso della vita: «Io non sono Siddhartha, sono sempre e soltanto in cammino verso di lui Non sono un maestro o una guida, bensì un uomo che anela e va cercando, un uomo che ai suoi simili non ha altro da offrire se non l’autentica testimonianza di ciò che gli è accaduto nella vita». Siddhartha è il movimento, il superamento delle precarie e fragili verità della vita di tutti i giorni. Infatti in tutti i romanzi Hesse si confronta con la ricerca interiore. Già il suo primo romanzo, Peter Camenzind, inizia con l’intuizione: «In principio era il mito», che diviene il leitmotiv dei suoi romanzi. E fu un successo strepitoso: era il ritorno del romanticismo dopo un secolo.
IL MANICOMIO
Hesse proveniva da una famiglia di missionari protestanti. E lui era avviato alla medesima carriera, ma da adolescente fuggì dal seminario, traversando anni di duro conflitto con i genitori bigotti, che non lo capivano fino a farlo rinchiudere in un manicomio diretto da un esorcista. Il giovane giunse all’orlo del suicidio. Si riprese lentamente, lontano dalla famiglia e dalla Germania, emigrando in Svizzera, dove restò praticamente per sempre, ottenendone la cittadinanza nel 1924. Ma intanto il rapporto con la patria si era definitivamente incrinato: la sua Germania era quella di Goethe e di Mozart e non degli elmetti chiodati e del militarismo. Il dopoguerra rappresentò la miseria a causa della svalutazione del marco. Ma la vera tragedia fu la malattia mentale della moglie, la fine del matrimonio con i tre figlietti dati in affidamento. Hermann aveva perso tutto. Nel 1919 s’incamminò a piedi da Berna al Ticino, dove rimase fino alla morte nel 1962 (giusto 60 anni fa), vivendo, all’inizio, in povertà (talvolta cenando con le castagne raccolte nei boschi). La scrittura fu la salvezza e così nacque Siddhartha, che non voleva essere una nuova dottrina, ma la trasfigurazione di un immenso dolore e di un ritrovamento. Il romanzo sorge da una crisi e da una rinascita, sostenuta anche da una terapia psicoanalitica con l’intervento diretto di Carl Gustav Jung. Con Siddhartha Hesse ritrova il filo rosso della sua vita che lega tutti i suoi romanzi, che fanno parte della grandiosa tradizione tedesca del romanzo di formazione.
AVATAR
Formazione, ovvero la Bildung, quella di Goethe e dei romantici, è l’estremo avatar dell’umanesimo, della fede nella realizzazione della missione dell’uomo. Con le sue vicissitudini così aggrovigliate, inquietanti e nel medesimo tempo così consolanti, Siddhartha è l’emblema dell’individuo che si afferma di fronte alla straripante omologazione. È il racconto di un individuo che, malgrado tutto, sa ritrovare il suo filo d’Arianna per porsi in salvo dalle minacce interiori ed esteriori, poiché, al di là dei versi strani, Siddhartha indica una strada, ossia la possibilità di ogni uomo di trovare il suo proprio destino: è così che resta attuale.