Corriere della Sera, 12 ottobre 2022
Pesca sul lago Maggiore. La tassa dei Borromeo
Vuoi pescare sul Lago Maggiore? Devi pagare una tassa annua alla famiglia Borromeo: 50 euro se sei un dilettante, 3.500 se sei un professionista. Non è un antico editto del 1300, succede nel 2022 nel secondo più importante lago italiano. Però se le acque sono pubbliche (demaniali), i pesci di nessuno e ho una regolare licenza di pesca, perché devo dare i miei soldi al signor Vitaliano Borromeo? «Da bambini – ricorda un pescatore – la chiamavamo “la borromea”, era di 15mila lire».
Per capire, andiamo sul Lago Maggiore, e indietro nel tempo. La famiglia nobile fa pagare i «diritti esclusivi di pesca», di cui gode da secoli, su più del 50% del lago, parte svizzera esclusa. Ben oltre le Isole Borromee, proprietà gestite dalla società Sag del principe Vitaliano XI, 62 anni, sette cardinali tra gli antenati, residente a Milano nel Palazzo Borromeo in Piazza Borromeo, cugino di Lavinia, moglie di John Elkann, e di Beatrice, moglie di Pierre Casiraghi, terzogenito di Carolina di Monaco e Stefano Casiraghi. La «tassa Borromea»(chiamiamola Tabor) viene pagata dai dilettanti attraverso la licenza che costa 80 euro invece dei soliti 30 e dai professionisti tramite la loro cooperativa (3.500 euro in media a testa per una porzione ben definita dell’area Borromeo). Viene in mente il film di Benigni e Troisi: «Ehi! Chi siete? Cosa portate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino!».
L’origine dei diritti
Questi diritti hanno origine nell’Alto Medioevo. Nelle acque interne di laghi e fiumi il regime è rimasto immutato per secoli ma i vincoli sono stati spesso frazionati tra i notabili o donati alla Chiesa e da questa alle comunità. Esistono ovunque piccole «riserve» o usi civici (diritti d’uso a favore di comunità), per lo più in capo a enti locali o istituzionali. Il caso del Lago Maggiore, però, è unico e patologico per estensione e durata dei privilegi in mano a un solo soggetto privato. Ovviamente la Tabor fa girare i mulinelli ai pescatori: una decina i professionisti e 600-700 licenze dilettanti emesse ogni anno. Ma il fastidio per il «dazio nobiliare» sta montando anche contro gli «esattori» della Fipsas (Federazione italiana pesca sportiva e attività subacquee). La Federazione, tramite una sezione locale, prende in affitto i diritti con contratti triennali e fa pagare ai pescatori che escono in barca, anche quelli della domenica, 50 euro extra con un apposito bollettino postale intestato alla Fipsas di Villadossola (Verbania). È la controparte di Borromeo nella scrittura privata.
Parola ai pescatori
La firma sull’accordo è di Gian Mauro Bertoia, presidente provinciale dei pescatori di Verbania, secondo il quale il diritto Borromeo è «un’anomalia». Del resto «lui non ha mai voluto occuparsi di pesca, vigilanza, ripopolamenti, tutela delle acque e quindi dà la gestione a noi». Se ne occupa la Fipsas.
Un capolavoro contrattuale per il principe: incassa soldi ed evita la seccatura di dover mantenere una struttura stabile di uomini e mezzi sui circa 90 km quadrati di competenza. Tanto più che la legge è chiara: l’esercizio dei diritti non può essere «contrario a esigenze di interesse generale», pena «l’espropriazione per causa di pubblica utilità». Rolando Saccucci, presidente dei pescatori dilettanti dell’Alto Verbano tuona contro «una tassa fuori tempo» e «se è vero che i Borromeo devono fare ripopolamento ittico e manutenzione delle rive, ecco a noi questo proprio non risulta. In tutto il lago hanno una sola guardia ittica pagata da loro». Matteo Felici, naturalista dell’associazione La Pinta che opera per la salvaguardia del lago: «Borromeo con i soldi dei diritti potrebbe aiutare le associazioni che già sopperiscono alla scarsità di interventi e controlli».
La crisi del lavarello
Lo specchio d’acqua è diviso tra due Stati (Italia e Svizzera), due Regioni (Lombardia e Piemonte) e tre Province (Verbania, Novara e Varese). Gli incerti confini acquatici non aiutano il pescatore in barca (e le guardie) a capire sotto quale campanile e quali regole si trova. Figurarsi il povero lavarello che magari è protetto nella parte varesina ma non in quella novarese. Roberto Forni coordina le tre Fipsas lacustri e sintetizza: «Il principe in sostanza dice: voglio i miei soldi. La Fipsas locale a sua volta dice ai pescatori: guardate che il Borromeo vuole i soldi sennò non ci fa pescare. E così la Federazione prende in affitto il diritto e lo gira ai pescatori facendoli pagare. È chiaro che i pescatori si chiedono come mai lo Stato non sia in grado di gestire le sue acque, ma il Borromeo rispetta le regole». La Cooperativa professionisti ha stipulato un accordo da 30mila euro e subaffitta ad altri pescatori. Stefano Ruffoni è un pescatore-ristoratore: «É una tassa che sa di feudale ma è legale».
Le isole e il bond dell’Inter
In totale tra dilettanti (46mila euro) e professionisti (30mila) il principe incassa la modesta cifra di 76mila euro che perpetua un diritto acquisito 600 anni fa. Non è economico il nocciolo della questione, piuttosto l’origine e il senso di un tributo concentrato nelle mani di un privato che al Verbano ha dato ma ha anche ricevuto. La Sag (100% Vitaliano Borromeo) gestisce le attività commerciali intorno alle isole e in altre località vicine, poi «impianti da sci, noleggio bici», il Parco Avventura, bar e ristoranti per un fatturato totale intorno ai 10 milioni (ma con bilanci in perdita negli ultimi due anni causa Covid). L’uomo d’affari, poi, oltre alle notevoli proprietà immobiliari, ha una holding personale con partecipazioni per circa 10 milioni, tra cui un bond da un milione, rimborsato l’anno scorso, di Lionrock Zuqiu la società di private equity socia al 31% dell’Inter.
Le ragioni del principe
I diritti appartengono al casato «dalla metà del 1400 – ci scrive il principe-manager – quando Filippo Maria Visconti concesse a Vitaliano I Borromeo la proprietà di Arona, Cannobio, Lesa del Vergante con tacita annessione dei diritti sulle acque e quindi sul lago». Tacita annessione. Diritti «ribaditi da un decreto del ministro per l’Agricoltura del 1931». In cambio di cosa? «Come Famiglia Borromeo provvediamo alla sua protezione, in primis alla tutela della fauna ittica». Quindi un diritto accompagnato da un dovere. Lo dice una sentenza della Corte Costituzionale del 1973: «L’amministrazione pubblica ha facoltà di controllare l’effettivo esercizio dei diritti di pesca, imponendo obblighi di conservazione e miglioramento della fauna ittica, sotto sanzione di decadenza».
La scrittura privata
Nella pratica come si assolvono gli obblighi/doveri a fronte dell’esercizio dei diritti? Risposta di Vitaliano: «1) programmi annuali di seminagioni e immissioni di avannotti, (...) e ogni altro eventuale obbligo ittiogenico (definito nell’accordo con Fipsas); 2) servizio di guardapesca aggiuntivo (53.965,61 euro dal 2017 al 2022); 3) la partecipazione al progetto di ricerca e ripopolamento» tra vari enti del lago «per un valore di 10.000 euro annui per 5 anni». In effetti nella scrittura privata Borromeo-Fipsas Villadossola c’è scritto che Fipsas «dovrà provvedere ogni anno a proprie cure e spese a semine e opere ittiologiche» e «ogni altro eventuale obbligo imposto per la conservazione dei Diritti di Pesca». Alla fine chi verifica che siano rispettate le norme ittiche in quella grande fetta di lago? I guardapesca che per lo più sono volontari Fipsas. Dovrebbero autodenunciarsi se scoprissero irregolarità nella gestione dei diritti Borromeo. Chiamiamo la presidenza della Fipsas a Roma: un portavoce ci fa sapere che il presidente nazionale non sa nulla e che le sezioni hanno completa autonomia. Sulla vigilanza ha un ruolo anche la Regione, che delega le Province, ma a domanda segue risposta: «Ci stiamo attrezzando». Se fosse un laghetto qualsiasi non sarebbe un gran problema. Ma si tratta del Lago Maggiore, un ecosistema delicato e complesso sul quale tutti delegano, pochi (e confusi) governano e qualcuno fa business. Fin dal 1400.