la Repubblica, 12 ottobre 2022
Il rogo di Damien Hirst
L’ha detto e l’ha fatto. «È una bella sensazione, molto meglio di quanto mi aspettassi ». Come annunciato anche suRobinson (vedi la copertina dello scorso 3 settembre), Damien Hirst ha iniziato a bruciare le sue opere. Il falò è stato avviato ieri alla Newport Street Gallery di Londra, in quella che è la settimana più importante per l’arte nella capitale britannica: con la fiera Frieze ai nastri di partenza (dal 12 al 16 ottobre). La performance rappresenta anche uno show per riportare l’attenzione sul mercato del contemporaneo che nella nuova Britannia post Brexit – e ormai nell’era di Carlo III – non è poi più così cool. Dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, una tassazione favorevole ha fatto sì che Parigi diventasse molto più vantaggiosa per le aste e per le gallerie internazionali: non è un caso che, proprio sotto la Tour Eiffel, Art Basel inaugurerà nei prossimi giorni (20-23 ottobre) la prima edizione di Paris +, che conta già 156 presenze, capitanate da mercanti superstar come Gagosian e Zwirner.
Ma, a 57 anni, il terribile Damien, il maestro degli squali in formaldeide e del teschio di diamanti, non ci sta a cedere lo scettro della provocazione. E così, con pantaloni metallici argentati, bretelle intonate su maglietta bianca e guanti ignifughi, in diretta su Instagram, si è avvicinato a un caminetto che somiglia un po’ a un acquario degli amati pescecani per dire addio per sempre ad alcuni spot painting : puntini colorati tutti diversi che sono ormai da tempo parte della sua produzione. Attenzione, non si tratta di un gesto di pentimento. Tutto nasce da un progetto, The Currency , che conta 10 mila opere, e da un referendum. Fino al 27 luglio scorso, i fortunati collezionisti dei dipinti hanno potuto scegliere se mantenere i quadri o cederli per ottenere il corrispettivo NFT, ovvero la versione autenticata digitale. In 5149 hanno optato per la tradizione; 4851, invece, per i “capolavori” smaterializzati. Sono proprio i quadri fisici rifiutati – valore: 10 milioni di sterline secondo la Bbc – che adesso vengono dati alle fiamme.
La cerimonia – un po’Fahrenheit 451 , un po’ scanzonato barbecue – continuerà fino al 30 ottobre. «Ho deciso di dimostrare il mio supporto e la mia fiducia nel mondo degli NFT – ha chiarito Hirst – anche se questo significa distruggere migliaia di opere fisiche. Da anni acquistiamo musica senza il supporto dei dischi: è venuto il turno dell’arte».
Il tentativo dell’ex Young British Artist è quello di sfondare nel mercato parallelo esploso dopo l’asta da Christie’s dell’11 marzo 2021, quando l’americano Beeple cedette il suo collage NFT –Everydays: The First 5000 Days – per 69,3 milioni di dollari, diventandocosì il terzo artista più caro del pianeta. Sul podio con lui ci sono i “concreti” Jeff Koons e David Hockney. Da quella data i maestri “classici” convertitisi alla smaterializzazione si sono moltiplicati: dallo stesso Koons a Takashi Murakami, passando per la regina della performance, Marina Abramovi?, che ha costruito sulla presenza fisica una intera carriera. Persino Olafur Eliasson, più impegnato nella causa ecologica che attento agli incassi, ha ceduto alla criptoarte: produrrà un NFT dal nuovo progetto di realtà virtuale Your view matter , compreso nella grande mostra che gli sta dedicando a Firenze Palazzo Strozzi (Nel tuo tempo , fino al 22 gennaio 2023). Ma l’interesse per i non fungible token, stando almeno ai risultati delle ultime vendite, sembra già in flessione.
«Che cosa vale di più: l’opera fisica o la versione NFT? Ancora non lo so», recita Hirst mentre alimenta il rogo. Se qualcosa di tutto questo sopravviverà alle fiamme, lo stabilirà la storia dell’arte di domani. Per ora Damien brucia quello che è di Damien, sorridendo.