la Repubblica, 12 ottobre 2022
Il Céline inedito non è ancora antisemita
Congedato per invalidità al 75 per cento, e con croce di guerra, Louis-Ferdinand Destouches (sarà, da scrittore, Céline) viene assegnato all’ufficio visti del consolato francese a Londra. Londres è il romanzo inedito di Céline che esce domani in Francia, a cura di Régis Tettamanzi, da Gallimard: mille pagine delle seimila riaffiorate l’altra estate. È un prodigio di verve, fuoco ininterrotto di atrocità e divertimento, e di forti sorprese: plaghe di umana tenerezza, e pagine filosemite.
Il romanzo è scritto prevalentemente sul retro di fogli del dispensario municipale di Clichy, dove Céline ha esercitato tra il 1929 e il ’37; è stato composto quindi prima del 1936, che è l’inizio del delirio antisemita.
Ma in realtà, quando, ritenendo perso per sempre Londres , Céline riprende durante la guerra il raccontodel soggiorno londinese, il
nuovo romanzo, tutto diverso,
Guignol’s band , che esce nel ’44, pare così lontano dai pamphlet del 1937 e del ’38 che Jacques de Lesdain, tra i virulenti della destra, si indigna di non ritrovarel’autore di Bagatelle per un massacro e della Scuola dei cadaveri : «il Céline del ’44 si guarda bene dal bruciarsi le dita sugli argomenti attuali». Il grande distruttore degli ebrei sembra dimenticarne l’esistenza. C’è un motivo.
ALondra, trai balordi cheFerdinand – l’alter ego di Céline – frequenta (un fuoco di fila inesausto e esilarante di prosseneti, prostitute, spie, ballerine, assassini, artisti di music-hall, aristocratici inglesi, pittori della domenica, lanciatori di coltelli, tutti perlopiù occupati a evitare la polizia o peggio il rinvio al fronte) c’è un medico ebreo, Yugenbitz, povero quanto i suoi clienti, che lo accoglie in famiglia, e ne fa il suo assistente, facendogli scoprire la vocazione medica: è una pagina che merita di essere letta per intero, per riconciliarci con questo strepitoso Céline d’annata.
«Mi ha fatto un piacere enorme. Mainessunomiavevafatto unpiacere simile. L’ho guardato ancora per bene. Non se ne infischiava di me. E neanche voleva fottermi. Voleva veramente che cercassi di capire quello che c’era scritto, di spiegato nei libri di medicina, che mi istruissi un po’ invece di non fare nulla. Lo interessavo dunquealtrimenti di come ero diventato, manodopera, soldato? ruffiano? ladro? disertore? merda? baldracca? Lo interessavo dunque io semplicemente, come un uomo? Era la prima volta che mi succedeva. Non riuscivo a crederci. Mai nessuno, soprattutto di istruito, aveva ancora fatto attenzione a quello che pensavo o non pensavo […] i medici finora mi avevano piuttosto fatto paura, soprattutto quelli di guerra. Erano degli dei, veri dei. Preferivo incontrare cento delinquenti cheun solomedico. I malviventi, loro, scialano, si fanno mantenere, e poi basta una parolina […] e evaporano. Un delinquente è un debole, più di chiunque. Resta gonfio per miracolo. Io medico, è il potere che avrei voluto, l’intimo, quello vero, che è là sul piccolo nervo del dolore, quello che non mente.Nonsarebbe stato necessario allora ricominciare la vita da un altro capo… avevo un impegno. E comunquemaiero statoapprezzato da nessuno, la prima considerazione che ho avuto è stato Yugenbitz. Gli avrei leccato le mani, sarei morto per lui, sul posto, io per quel piccolo coglione di ebreo. Gliel’ho detto. S’è messo a ridere dolcemente come faceva d’abitudine». E più in là: «Avrei voluto guarire tutte le malattie degli uomini, che non soffrissero mai più quelle carogne. Si è strani, se uno lo confessasse».
Non ha l’amore, lui, Ferdinand, come gli altri. Arriva a Londra al seguito di Angèle, l’infermiera che nel precedente inedito, Guerre , in ospedale si è occupata di lui diciamo così a tutto tondo; e ora mette su casa con un ricco. Ma quasi non la vede («se è venuta due o tre volte il primo mese a dirmi buongiorno che l’ho infilata è tutto»); Ferdinand gravita sulla Leicester pension, che è un bordello. Passa le giornate coi prosseneti, nei bar di Tottenham con i banconi di mogano e rame come su una vera nave, che «fa lussuoso ». Le squillo novizie, dapprima malinconiche di ritrovarsi in buon numero (vengono reclutate dai magnaccia, si presume, per amore) vengono addestrate dalla temibile Ursula, la compagna ufficiale di Cantaloup, il pappone principale del giro. Ursula dapprima insegna alle debuttanti l’obbedienza (i metodi sono spaventosi, e tutti partecipano alla festa), poi il mestiere (perlopiù su Cantaloup stesso; il romanzo è licenzioso, per gli usi di Céline).
È soddisfatto dei suoi completi, Cantaloup, e però inquieto se sia veramente elegante; si veste solo a Marsiglia. «Il completo inglese è chic,ne convengo», accorda a Ferdinand, «ma alla fine è triste, e non sopporta il gioiello. Mi ci vedi arrivare a Rio senza la mia catena, la perla rosa e lachevalière ? ». Al poliziotto piace farsi randellare, e poi a letto con l’anisetta: nel litigio butta la compagna dalla finestra pensando che sia il primo piano (è il terzo). Ci sono le etnie, a Londra, gli indiani stanchi di una «nausea d’infinito», gli italiani e gli ebrei miseri – il loro piccolo commercio non va; gli umani ruscellano lungo le rive vetrate di sempre nuove abbondanze, «salvo i franchi ubriachi che non credono più alla materia». Il Tamigi è la notte del mondo che scivola sotto i ponti; Ferdinand, nel finale, è solo in chiatta con un gatto – il primo gattodi Céline.