la Repubblica, 12 ottobre 2022
Il lato nascosto dei gangsta-trapper
Politica poca, e con idee assai confuse. Religione e impegno sociale anche meno. Il vero collante resta l’ideologia dei soldi, delle griffe esibite, della violenza ostentata al pari della sfida a chi indossa le divise. Spremendo dall’analisi elaborata dalla Questura milanese — la prima del suo genere sui trapper e le loro gesta criminali — il succo è assai meno dolce e glamour di quanto ostentato su Instagram e Youtube. Nei video e nelle stories di Baby Gang e Neima Ezza, nelle rime di Simba La Rue e di Rondo da Sosa, i soldi e i catenoni si accompagnano agli spari mimati, le fuoriserie alle dosi tagliate e spacciate, lo champagne agli arresti che diventano medaglie guadagnate sul campo. Solo che le clip sono diventate vita reale e sangue vero, da quattro anni a questa parte. E il conto dei musicisti, giovani e giovanissimi, finiti in galera o in comunità, ai domiciliari o sorvegliati speciali, ha timbrato la cifra di 18.
Lo studio preparato dai poliziotti della Squadra mobile e della Divisione anticrimine, dal significativo titolo “Rapper Crime”, in realtà è un tentativo di andare oltre quella dicotomia. C’è una data di inizio, il 15 dicembre del ’18, il primo video convocato sui social da Namine Ez Zaaraoui, al secolo Neima Ezza allora 17enne, dalle fatiscenti palazzine popolari di via Zamagna alle strade del quartiere San Siro per sfidare le volanti arrivate a bloccarli. Ci sono le rare prese di posizione pubbliche “impegnate”, passate al setaccio alla ricerca di un messaggio, di un sentire comune. Ecco “Sacky” (Sami Abou El Hassan) che boccia come «vergognoso» un post di sostegno di Matteo Salvini a Israele, ecco ancora Neima Ezza con gli hashtag in favore della Palestina. Ma non c’è nulla di militanza a sinistra, anzi. Leggere per credere, l’endorsement del mese scorso di Zaccaria Mouhib (per tutti Baby Gang) al leader di Forza Italia: «Il capo rimane sempre lui, quando c’era lui l’Italia era la vera Italia, votate tutti Silvio Berlusconi». Segue retromarcia parziale («Io non sono né destra né sinistra»), goffa («la storia era ironica»), ammiccante («Non mi metto a fare da cartello pubblicitario a Berlusconi senza che mi dia 1€»). E poi eccolo, Baby Gang, a un corteo No Green Pass di due anni fa, ma più per far casino («Attacchiamo quella volante») in diretta Instagram,o per provocare e basta («Andiamo a rubare!»). E l’Islam? Per un video di Rondo da Sosa che beve acqua durante il Ramadan, ecco una canzone di Keta (Mohamed Aziz Khemiri) che lo dileggia: «Non ho mai bevuto, sto fatturando pure, fra’, stando anche seduto». Cosa rimane sotto la patina? Violenza. Vendette filmate, Simba La Rue e Baby Touché — o Mohamed Lamine Saida e Mohamed Amine Amangour, se preferite — che se le promettono e se le danno, pubblicizzandole per «umiliare » il rivale. La fidanzata del secondo (Barbara Boscali) che si filma i lividi sul volto, mentre metà dei suoi follower solidarizza e l’altra metà le scrive che se l’è cercata. Ma prima di arrivare a questi abissi, a queste imitazioni della fiction diScarface e delle vite bruciate di Tupac Shakur e Notorius Big, l’escalation ha percorso altre tappe. Video di Neima Ezza con battaglia contro trecento agenti, 10 aprile 2011. Uscita di gruppo alla discoteca Old Fashion e sassaiola contro i buttafuori intransigenti, 12 luglio. Sparatoria tra Kappa 24 — il 33enne Islam Abd El Karim — e l’ex amico Carlo Testa, 8 gennaio 2022. La sparatoria di corso Como del 3 luglio, che ha lasciato due gambizzati a terra e ha portato alle recentissime undici ordinanze eseguite da polizia e carabinieri. E in mezzo, un rosario di piccole rapine, di episodi di spaccio, di video turbolenti, fino al tentativo di noleggiare un pullman scoperto per andare in Duomo a far casino.
Ognuno dei diciassette rapper tracciati dalla Questura ha ormai la sua foto segnaletica, la sua scheda, il suo archivio di precedenti. Il conto dei reati ha superato ormai le tre cifre. Quello delle misure di prevenzione emessi in questi mesi dal questore Giuseppe Petronzi è arrivato a quarantadue, e quattro di questi sono stati bocciati dal tribunale: «Li considero sconfitte — spiega — perché sono indicatori del fatto che non si è capito il fenomeno criminale, e gli arresti arrivati dopo non sono rivincite. Ci vuole una presa di coscienza di tutte le istituzioni, non è più un fenomeno metamusicale». Si interroga preoccupato, Petronzi («Forse abbiamo iniziato a intervenire tardi?»), davanti a una spirale che, come ha sottolineato l’ultimo provvedimento del gip Guido Salvini, mette a rischio l’incolumità di tanti, e in pieno centro. Ancora il questore: «Perché questo fenomeno si è sviluppato a Milano? Qui, questi ragazzi hanno trovato terreno di espansione, in altre realtà criminali sarebbero stati ricondotti adaltre logiche».