Avvenire, 12 ottobre 2022
Fratelli geniali. Breve storia della sora Lella e Aldo Fabbrizi (con due B)
«Ah, annamo bene!» Questa era l’espressione idiomatica della più romana delle donne “de Trastevere” del secolo scorso, la Sora Lella Fabrizi (1915-1993). E su «idiomatica», avrebbe glissato ancora ironica e sospettosa: «Ah, annamo bbene!», scampanellando con la sua voce unica e inconfondibile. E giù una risata, grassa. Anzi tonda, come era lei, un bignè umano, tenero, ripieno di simpatia verace, come la sua proverbiale amatriciana, sincera, come il vino “de li Castelli”. Era fatta così Elena Fabbrizi (cognome originario con due “b”), per tutta Roma, la Sora Lella, «l’ultima di cinque fratelli, rimasti orfani di padre, con il maggiore Aldo, che a 11 anni fu costretto a fare da padre a tutti loro», racconta il nipote, Mauro Trabalza, erede con i suoi fratelli della mitica trattoria che porta il nome della nonna. Un ristorante storico, aperto nel cuore di Roma, già dal 1940, in piazza della Cancelleria, dove nel retrobottega i Fabrizi- Trabalza avevano nascosto una famiglia di ebrei. «Le SS avevano intimato a mio nonno di dargli le chiavi del locale e lui si era rifiutato. Per fortuna un miliziano che lo conosceva lo salvò da morte sicura, gli avevano puntato la pistola contro... Nonna dalla paura ebbe una colica per una settimana». La Sora Lella quella storia in parte la rivisse dando voce e volto a una popolana ebrea del ghetto di Portico Ottavia in cui venne ambientato lo sceneggiato Rai Storia d’amore e d’amicizia. E “Storia d’amore e di fratellanza” potrebbe essere il sottotitolo deL’Acqua e la Farina, lo spettacolo teatrale che sabato 15 (alle 21) e domenica 16 ottobre (alle 18) debutta al Teatro Garbatella di Roma. «Per la prima volta va in scena la storia dei fratelli Fabrizi. Abbiamo preso spunto da una lettera scritta alla loro madre dallo zio Aldo in cui fa capire quanto fosse sempre protettivo e geloso delle tre sorelle: nonna Lella, zia Teresa e zia Italia», dice emozionato Mauro Trabalza durante la pausa delle prove. Mauro è tornato a fare il fotografo di strada e dopo l’incontro con l’autore e regista Antonio Nobili ha deciso di salire sul palco e recitare. «Faccio me stesso, quello che sono: una persona buona, rispettosa delle radici e amante della tradizione. Valori forti che mi ha trasmesso mia nonna che, nel tempo, è diventata un po’ la nonna d’Italia». Un Sora Lella giovane in scena, interpretata da Mary Ferrara «un’amica da tanti anni che mi ha stupito per come si è calata perfettamente nel ruolo di nonna. Così come è perfetto Luigi Nicholas Martini nei panni di zio Aldo. Nicholas è un talento, ne sentirete parlare... Bravissimi anche Enrico Tamburini nel ruolo di conduttore, Alessio Chiodini, il giovane reporter italoamericano e Ilaria Mariotti che fa Teresa, la factotum della trattoria», assicura Mauro Trabalza che con questo spettacolo intende anche fugare tutte le dicerie sulla presunta gelosia sorta quando il fratello maggiore, Aldo Fabrizi (1905-1990), gigante del cinema, da Roma città aperta di Roberto Rossellini, i film con Totò, fino C’eravamo tanto amati di Ettore Scola, vide che la popolarità della sorella era diventata superiore alla sua. «Ecco appunto, dicerie. Se chiudo gli occhi, rivedo la scena commovente di zio Aldo e nonna Lella... ogni volta che si incontravano per due minuti rimanevano in silenzio: si fissavano negli occhi e poi cominciavano a parlare. In quegli istanti silenziosi è come se ricordavano l’uno all’altro che erano sangue del loro sangue e che nonostante tutte le sofferenza passate erano ancora lì, sempre uniti come da ragazzini. Lei gli telefonava tutti i giorni. Zio Aldo aveva la segreteria telefonica e allora se non rispondeva nonna urlava: “Aldo risponni, so’ Lella!”. Per me era un gioia a Pasqua portargli a casa l’abbacchio appena cucinato da nonna. Zio Aldo mi accoglieva con un affettuoso “capoccione d’oro mio”, poi mi portava in una stanza piena di pasta integrale e mi diceva: “Questa portala a Lella, così magna bene e non ingrassa”», sorride divertito Mauro. Al di là delle dicerie è indubbio che come nonna di Carlo Verdone la Sora Lella divenne un personaggio nazional popolare. «Verdone rimase stregato ascoltandola a Radio Lazio dove la chiamò a lavorare il suo grande amico Claudio Villa. In onda tutti i giorni, dalle 10 alle 13: nonna Lella era “avvelenata”, voleva rispondere alle decine di chiamate telefoniche di persone che gli chiedevano consiglio su tutto, dalla cucina all’amore. Sa quante coppie hanno fatto pace grazie alla Sora Lella? Allora un giorno Verdone va a trovarla in trattoria e gli fa: “Sora Lè, sono un regista, sto per girare un film e vorrei che lei facesse il ruolo di mia nonna”. Lei lo guarda e gli risponde alla sua maniera: “Me cojoni, io un film con lei? Magari! Sì vabbè, tanto tutti me dite così, ma poi nun me chiamate mai”. E invece la chiamò eccome, diventando la nonna di Verdone in Bianco, rosso e Verdone e in Acqua e sapone. E quello fu l’inizio del suo grande successo». Il resto poi l’ha fatto Maurizio Costanzo invitandola al suo Show. «Nonna stimava tantissimo Costanzo perché l’aveva chiamata già ai tempi di Bontà loro e lei allora gli domandò: “Dottor Costanzo scusi, ma a me me chiama perché so la Sora Lella o perché so la sorella de Aldo Fabrizi?”. Costanzo gli rispose che era affascinato esclusivamente dal suo personaggio e che non c’entrava niente la parentela con zio Aldo... Nonna comunque di quel fratello amatissimo diceva semplicemente una cosa: “Aldo nun se discute, è un genio!”». E quella genialità in parte l’aveva trasmessa alla sorella diventata suo malgrado una maschera popolare che quando entrava sul grande schermo non recitava, era semplicemente se stessa, la donna del popolo di Trastevere. «Questa genuinità la gente l’ha sempre avvertita, tant’è che ancora oggi qui al nostro locale è una processione continua di persone che vogliono assaporare i piatti e rivivere l’atmosfera che aveva saputo creare nonna e poi mio padre Aldo, per tutti Amleto. Questo spettacolo è dedicato, anche a lui che era un poeta, scriveva sonetti bellissimi, proprio come zio Aldo». Dopo lo spettacolo tutti a mangiare le ricette rivisitate dal fratello di Mauro, Renato Trabalza. «Renato è il vero chef della trattoria ha raccolto 60 ricette in un libro che si intitolerà appunto Annamo bbene». Renato, porta il nome del marito della Sora Lella, consolatrice radiofonica delle donne tradite, in quanto il tradimento l’aveva vissuto sulla sua pelle. «Nonno Renato era un gajardo trasteverino. Quando scoprì il tradimento nonna reagì alla sua maniera e gli disse: “Tanto prima o poi te ritroverai su un burrone assieme a quella”. Nonno dopo un po’ tornò a casa malconcio, e “quella”, l’altra, s’era sconocchiata tutta ed era finita all’ospedale – sorride di gusto Mauro –. Nonna era un po’ preveggente, ma mai cattiva, vedeva e pesava le persone e difficilmente sbagliava quando sentenziava: “Questa/ o nun me piace”. Ma era buona, aveva sempre una parola gentile per tutti. Non andava molto in chiesa ma prima di dormire recitava sempre una preghiera». Una donna con i piedi piantati in terra, «il primo aereo lo prese a 78 anni per la tournée teatrale con il suo caro amico Fiorenzo Fiorentini». Una vita tra i tavoli, a regalare perle di saggezza e a impastare i sentimenti, suoi e quelli degli altri, come fosse «acqua e farina: du cose diverse, completamente diverse quanno stanno lontane, ma quanno stanno insieme…», dice la Sora Lella (Mary Ferrara) e gli risponde Aldo (Luigi Nicholas Martini): «Danno vita ar pane… la cosa più bella del mondo». Sono stati una cosa sola l’amata Sora Lella e quel fratello geniale che sulla sua tomba ha voluto che, sotto al suo vero cognome (Fabbrizi), fosse scritto: «Tolto da questo mondo troppo al dente».