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 2022  settembre 15 Giovedì calendario

Biografia di Irene Papas

Irene Papas (1926-2022). Attrice greca. «Nata il 3 settembre del 1926 in un villaggio del Peloponneso da genitori insegnanti dai quali imparò l’amore per i classici della tragedia greca. E dopo aver fatto la modella, la cantante alla radio e la ballerina, cominciò a recitare nella compagnia del Teatro Popolare Greco: Medea, Elettra, Antigone, Ifigenia. E lì ha trovato la sua vera strada. In Italia, Paese scelto per l’esilio volontario quando, nel 1967, i colonnelli presero il potere in Grecia, ha lavorato anche per Mauro Bolognini nel pirandelliano I giganti della montagna, al teatro ellenico di Agrigento, nell’agosto del 1989, dove interpretò una memorabile Ilse, la Contessa. Lasciò a suo tempo l’amata patria invitando i concittadini a un “boicottaggio culturale” contro un regime dittatoriale che definiva il “Quarto Reich”. Nel 1974 si trasferì a New York diventando una stella di Broadway. Una settantina i film in carriera, all’inizio soprattutto di genere “peplum”, scelta per la sua “grecità”, ma è stata anche la vedova di Zorba il Greco (1964), di Cacoyannis accanto ad Anthony Queen (tre premi Oscar per il film), l’intrigante e misteriosa Luisa Roscio di A ciascuno il suo (1967) di Elio Petri, dal romanzo di Sciascia, a fianco di un altrettanto splendido Gian Maria Volontè. E, ancora, interpretò la moglie del deputato Lambrakis in Z-L’orgia del potere (1969) di Costantin Costa-Gravas, un thriller che rievoca la dittatura dei colonnelli in Grecia e l’assassinio del parlamentare di sinistra per mano dei militari nazionalisti di Konstantinos Karamanlis. La ricordiamo anche, intensa e commovente, nel ruolo della contadina lucana Giulia in Cristo si è fermato ad Eboli (1979), per la regia di Francesco Rosi (ancora con Volontè protagonista), una donna che rifiuta in regalo il ritratto fattogli da Carlo Levi perché convinta che gli rubi l’anima. È stata la madre di Angela in Cronaca di una morte annunciata (1987), sempre di Rosi, dal libro di Gàrcia-Marquez e Caterina d’Aragona in Anna dei mille giorni del 1969, diretto da Charles Jarrott. E, ancora ne Il mandolino del capitano Corelli (2001), di John Madden, la vediamo nei panni della popolana Drosoula, in un film che racconta la strage di Cefalonia. Da ricordare anche Un film parlato (2003) di Manoel Oliveira, con John Malkovich, il suo struggente addio al cinema. Nel 2009 le fu assegnato il Leone d’oro alla carriera alla Mostra di Venezia. Nel 2018, dal villaggio natìo vicino a Corinto dove era tornata, l’annuncio della malattia: soffriva da cinque anni di Alzheimer. Tutti i personaggi che interpretava sembrano segnati da un’impronta misteriosa e impalpabile. Perché quella di Irene Papas, morta ieri a Chiliomodi, in Grecia, all’età di 96 anni, era una bellezza enigmatica, non solo per l’aspetto fisico, mediterraneo e un po’ tenebroso, ma per gli sguardi e i gesti quasi ieratici e mai fuori registro: attrice “divina ed umana” come una Kore dell’Acropoli ateniese, un simbolo ellenico, una leggenda, considerata nel suo Paese un’icona, una Persefone del popolo, piena di sacro stupore» [Avv].