5 settembre 2022
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Biografia di Fulco Pratesi
Fulco Pratesi, nato a Roma il 6 settembre 1934 (88 anni). Presidente onorario del Wwf Italia (dal 1998 al 2007 presidente). «Ha inventato l’ambientalismo in Italia, poi, quando l’impegno per la peppola e la cinciallegra è diventato una cosa quasi seria, capace d’attribuire posti da ministro, è stato accantonato. Conte (ma nel libro d’oro della nobiltà del 1927 la sua famiglia non è citata), le sue entrature aristocratiche se l’è in gran parte bruciate dopo aver convinto una lunga serie di possidenti a consentire l’accesso degli attivisti del Wwf nei loro fondi» (Pietrangelo Buttafuoco).
Titoli di testa «Provo un certo rimorso per le diseguaglianze ma non è una colpa nascere ricco, con un padre costruttore. È una colpa non provare a onorare il debito che abbiamo verso la comunità».
Vita Il primo ricordo è zeppo di animali: «Risale al 1937. Sotto le finestre di casa passarono le truppe di ritorno dall’Etiopia. Una sfilata magica di cammelli e cavalli» • Figlio di un costruttore, durante la guerra vive nella campagna viterbese «da sfollato». «Dopo la caduta di Mussolini papà scalpitava per tornare a Roma, dove aveva gli affari. Mamma no. Lei pensava ai suoi sette figli, non voleva rischiare. Allora sfidò il marito a carte: “Se esce l’asso di cuori restiamo qui”. Uscì quella carta e non tornammo se non nel 1947. Anni dopo mio fratello mi rivelò la verità: mamma si era allenata a bluffare con le carte per mesi. Vinse con l’astuzia» [a Roberta Scorranese, CdS] • «A Roma, negli Anni 40, vivevo in quella che oggi è via Bruno Buozzi, ai Parioli. Ricordo distintamente i pratoni intorno a quello che allora si chiamava viale dei Martiri Fascisti, vicino a piazza Euclide. Erano pieni di greggi di pecore ed erano bellissimi. Per me era un parco giochi. C’era un giovane pastore che suonava divinamente un piccolo flauto. Me lo vendette per una lira, io lo portai tutto fiero a scuola, ma non riuscii mai a suonarlo. Una grossa delusione. Vinse il pastorello» [a Stefano Caselli, Fatto] • «Bella casa, Pratesi. “Un regalo dell’Opus Dei”. In che senso? “Prima abitavamo in un altro appartamento sempre ai Parioli, un posto dove si trovava la tomba del loro fondatore. Ci hanno corteggiato per vent’anni affinché gliela vendessimo, poi alla fine l’assegno che ci hanno offerto è stato abbastanza cospicuo. Così abbiamo presto questa casa”» [a Roberta Scorranese, CdS].
Architetto cacciatore animalista Prima di diventare un ambientalista è stato un grande cacciatore. A diciott’anni, «quando i miei amici si recavano nell’Europa del Nord, con l’idea di fare strage tra le bionde svedesi e norvegesi, io preferivo l’Africa. Per me, lettore di Salgari e Hemingway, fu il sogno da realizzare». Parte con un cargo che porta soldati italiani in Somalia: «Partimmo da Napoli navigando per 35 giorni, su quella carretta spinta da vecchi motori. Tutto andò liscio fino a quando non fummo investiti da un fortunale terribile. La nave non riusciva ad andare né avanti né indietro. In uno dei porti intermedi era stata imbarcato un nutrito gruppo di pellegrini musulmani diretti alla Mecca. Pregarono per tutto il giorno e la notte. Fu uno strazio ascoltare i loro lamenti. La tempesta durò un paio di giorni, poi finalmente sbarcammo a Mombasa sulla costa del Kenya» [ad Antonio Gnoli, Rep] • «Nella mia testa immaginavo di diventare un grande cacciatore. Non sapevo a quale malinconica crudeltà andavo incontro […] C’era un’incoscienza giovanile, unita all’idea che bastasse sparare per circondarsi di trofei. Era il 1954. Passammo dal Kenya alla Somalia. Poi arrivammo nel Congo Belga, in Angola e Camerun. Avevo vent’anni. La cosa che mi stupì è che per uccidere gli animali della savana bisognava tenere conto del tariffario. L’uccisione di un leone costava 140 dollari, nel prezzo erano compresi tre bufali e varie antilopi e gazzelle; per un rinoceronte si pagavano 42 dollari, lo stesso prezzo per una giraffa. Capisco che era allucinante. Ma era la prima volta che visitavo l’Africa. Ci tornai un paio d’anni dopo, viaggiando con una bananiera […]. Incrociammo gente di tutti i tipi. Fu qualcosa di irripetibile» [Gnoli, cit.] • «Finito il liceo, dissi a mio padre: vorrei diventare un naturalista. Vuoi fare la fame, mi rispose. Pretese che mi iscrivessi a ingegneria: architettura fu, alla fine, un buon compromesso» [Gnoli, cit.] • «Scoprii da giovane di avere un certo talento per il disegno. Ancora oggi, che sono vecchio, continuo a disegnare e a riempire taccuini come fossi un antico esploratore del Settecento» • Nel 1956 si iscrive a Italia Nostra, associazione presieduta da Giorgio Bassani, «con una serie di donne importanti che facevano da contorno» • Nel 1960 si laurea in architettura: «Ho fatto la casa di Enrico Cuccia a Meina, sul lago Maggiore. Il direttore di Mediobanca voleva una villa molto raffinata e io avevo qualche remora ma poi, anni fa, quando capitai lì a ritirare un premio, provai a bussare. Mi aprì la vedova che mi abbracciò riconoscente. Ne ho fatte tante di case, anche quella di Filippo Carpi de’ Resmini, già presidente dell’Aci» [Scorranese, cit.] • Nel 1963 compra una residenza all’Argentario: «Io l’Argentario lo amo. Davvero» • Nello stesso anno, durante un viaggio in Anatolia, la svolta: «Ero a caccia di orsi nella foresta. Improvvisamente mi apparve la grande orsa con i suoi tre piccoli che le saltellavano festosi intorno. La madre si alzò minacciosa. Aveva fiutato il pericolo. Ero, non impaurito, ma stregato da quella visione [..]. In quel momento compresi che non avrei mai più potuto uccidere un animale. Il viaggio era stato faticoso. Lo feci con la Cinquecento e attraversando prima l’Italia e poi la Grecia e la Turchia con dei fetidi traghetti. Stanchissimo tornai a Roma. Alla mia professione. Sentivo che quel lavoro mi stava stretto. Ero un cacciatore pentito e un architetto insoddisfatto» [Gnoli, cit.] • La madre aveva un ratto che comprò a piazza Vittorio: «Si chiamava Baby Boy. Stette con lei per anni, quando morì pianse a lungo. Chi ama gli animali li ama tutti» • «“C’è stato un periodo in cui mi sono messo a seguire gli itinerari dei topi sul Tevere. Avevo imparato dove vanno a nascondersi, che cosa mangiano, dove dormono. Bisogna conoscerli gli animali, è questo il problema […] Tutti conoscono Dante, ma in quanti conoscono il cervo sardo, per dire?”» [Scorranese, cit.] • «Forse la battaglia di cui personalmente sono più orgoglioso, è quella vinta nel 1985 per l’acquisto di oltre 3000 ettari nel sud ovest della Sardegna dove si erano rifugiati gli ultimi non più di 100 esemplari di cervo sardo, allora già estinto in Corsica. Alla somma occorrente per l’acquisto, circa un miliardo di lire, della quale avevamo intrepidamente già versato gli ultimi cento milioni di caparra del nostro esiguo capitale con l’impegno di versare il resto entro sei mesi, concorsero migliaia e migliaia di donatori di tutta Italia. La cosa che ci meravigliò principalmente fu che un quarto della somma raccolta (250 milioni) pervenne dai bambini soci dei Panda Club che avevano venduto dei francobolli chiudilettera [Element+] • «“Tanti anni fa. Eravamo in campagna e avevamo adottato un agnellino. Un giorno lui trovò una cesta di funghi sotto al tavolo, li mangiò e morì. Versai fiumi di lacrime”. Pratesi, ma poteva morire lei. “Ma è morto lui. Capisce che cosa intendo quando dico che per me ogni animale ha una vita che deve essere rispettata come la mia?”» [Scorranese, cit.] • Ultimo animale ucciso? «Nel 2020, una zanzara. Per errore» [ibid.].
Ambientalista Nel 1965 «venne a Roma il segretario generale del Wwf. Mi chiese di creare una sezione italiana dell’Associazione. Domandai se avremmo avuto un aiuto dalla sede internazionale, ma lui ci disse di autofinanziarci. Così facemmo: 20.000 lire a testa e la sede in una stanzetta del mio studio di architettura» [a Zincone, cit.]. È così che nel 1966 dà vita al Wwf con Mario Incisa della Rocchetta – scopritore del leggendario cavallo Ribot e grande produttore di vino Sassicaia – come presidente: «La sua prima azione ambientalista? “Raccogliere i soldi per prendere in affitto il lago di Burano, vicino Capalbio. Quella fu la nostra prima oasi”» [ibid.] • Nel 1967 «Giulia Maria Crespi mi incaricò di redigere un piano di riassetto del Parco Nazionale d’Abruzzo. Mi aiutarono urbanisti, come Italo Insolera, architetti, zoologi, botanici, economisti. Elaborammo un progetto di difesa e conservazione del parco che sarebbe diventato un modello per incarichi futuri. Non avevamo mezzi, soldi, appoggi. Potevamo contare soltanto sulla buona volontà di qualche singolo e sul nostro entusiasmo. Un momento particolarmente gratificante fu quando il principe Filippo d’Edimburgo, consorte delle Regina Elisabetta, venne in Italia e noi lo invitammo a visitare il Parco sperando di avere da lui un sostegno internazionale. Giunse senza seguito, solo con il suo segretario e si adattò perfettamente alloggiando in un modesto albergo di Pescasseroli. La mattina dopo visitammo il Parco, salendo sulle sue alture ad ammirare gli orsi. Ricordo che il principe estrasse da una tasca una piccola Minox e cominciò a fotografare. Mi colpì che la macchina fotografica fosse d’oro massiccio. Era la sola nota, diciamo, pittoresca, in un uomo di una semplicità e una discrezione uniche» [Gnoli, cit.] • Sempre su Filippo d’Edimburgo: «Il nostro comune passato di cacciatori pentiti e l’amore per la natura mi consentirono di frequentarlo spesso. In un volo sul suo aereo da Roma a Londra, nel quale, ai decolli e agli atterraggi, si metteva sempre alla cloche, parlavamo di natura e di animali da salvare. In una delle visite al Wwf di Roma ci disse che se fosse stato distrutto il Colosseo, disponendo di disegni e rilievi, si sarebbe potuto rifare. Se si fosse estinto il rinoceronte indiano (allora in grave pericolo) nemmeno Dio avrebbe potuto rifarlo. La sua scomparsa lascia un grande vuoto nel Wwf» [sul suo blog] • «Ma perché le questioni ambientali hanno sedotto spesso persone con almeno due cognomi? “Perché siamo radical chic”. Ah. “Certo, io sono il perfetto esempio di radical chic, perché dovrei averne vergogna?”. Come sono i veri radical chic? “Persone che hanno i soldi, spesso perché hanno alle spalle famiglie facoltose, e che cercano di arginare l’ondata di consumismo e malagrazia. Qualche volta per espiare un certo senso di colpa per essere nati ricchi. Ma radical chic non è un insulto, anzi. Non c’è niente di male nel rappresentare un’élite che coltiva la sensibilità ambientalista. Dirò di più”. Prego. “Guardi il mio cagnolino, Robin. Un barboncino, molto ecologico. Non sporca, perché fa “pezzetti” piccoli, non aggredisce gli altri animali. I cani di grossa taglia sono inquinanti. I terrier o i bassotti sono fatti per la caccia”» [a Scorranese, cit.] • Nel 1971 si iscrive all’ordine dei giornalisti come pubblicista. Scrive di ecologia e natura per il Corriere della Sera, L’Espresso e numerose riviste del settore. Dirige anche Panda, storica rivista del Wwf, e L’Orsa • Del 1973 la battaglia al nucleare: «Siamo stati i primi. Quando andammo la prima volta a protestare a Montalto di Castro la gente ci inseguì col forcone: consideravano il nucleare foriero di chissà quale fortuna» [a Vittorio Zincone, Sette]. In quel periodo salva una gabbianella ferita: «“La curammo e poi la demmo allo zoo di Roma. Fu sistemata nei pressi di una vasca di otarie, crebbe nutrendosi di sardine e alla fine si accoppiò con un maschio selvatico. Dopo qualche tempo la coppia sloggiò dallo zoo e nidificò altrove. Nel giro di qualche anno diede vita a una numerosa colonia di gabbiani”. Sono diventati aggressivi. “Sono dei predatori”. Si sente responsabile? “Che le devo dire? Nessuno poteva immaginare la loro crescita. Mi dicono che sono all’incirca quaranta mila. Però non mi sentirei un capro espiatorio. Roma è stata un paradiso, oggi è un inferno. I gabbiani proliferano anche grazie all’abbandono dei rifiuti”» [Gnoli, cit.] • Dal 1975 è presidente della Lipu, la Lega Italiana Protezione Uccelli, dal 1979 del Wwf • «Due persone hanno significato molto nella mia vita: Giorgio Bassani per il suo impegno, devo dire raro nel mondo letterario, e Antonio Cederna, per me un padre e un maestro spirituale. Se l’Italia non è del tutto sprofondata lo si deve a uomini come loro».
Politica Dall’aprile 1992 al marzo 1994 è stato deputato nel Parlamento italiano nel gruppo dei Verdi, durante la fase “riformista” del partito (allora guidato da Carlo Ripa di Meana). «“Ho ceduto alle lusinghe di Francesco Rutelli”. Com’era il Rutelli verde? “Molto bravo. In quel periodo ha fatto pure il ministro dell’Ambiente del governo Ciampi”. Per un giorno. “In quel giorno riuscì ad aprire molte riserve naturali”» [a Zincone, cit.] • Dal marzo 1995 al 2005 ha ricoperto la carica di Presidente del Parco Nazionale d’Abruzzo. «Quando lei era presidente del Parco Nazionale d’Abruzzo, la Corte dei Conti le contestò un’amministrazione truffaldina. “Mia moglie si trovò di fronte la Guardia di Finanza che le annunciava il sequestro della casa di Roma e di quella dell’Argentario. Ne sono uscito pulito”» [Zincone, cit.].
Acqua Ha iniziato la battaglia contro lo spreco dell’acqua nel 2007: mezzo lavandino per farsi la barba, sì a dentifricio e spazzolino ma soltanto dopo i tre pasti e tenendo il rubinetto spento mentre si lava i denti, un bagno ogni dieci giorni: «Ma attenzione: ascelle, piedi e parti intime bisogna lavarli quasi ogni giorno […] Vivo a Roma e ho una vita sociale: rispetto l’ambiente, ma anche gli altri» [Greta Sclaunich, CdS] • «Sono 60 anni che non faccio la doccia, non la faccio da quando giocavo a rugby da ragazzo. A casa ho solo una doccia piccolissima, anche perché tra l’altro sono convinto che faccia pure cadere i capelli» [a Un giorno da pecora, Radio2] • Cambio di canottiera una volta a settimana, cambio di mutande e calzini ogni tre giorni, niente camicie bianche in modo che lo sporco non si veda • «E lo sciacquone con quale criterio lo preme? “Solo per una pipì non si usa, nemmeno con il bottone più piccolo. Dopo due o tre volte va bene. Ma anche quando premo il bottone piccolo penso a quanto servirebbe quell’acqua ai bambini del Burkina Faso o alle donne del Centr’Africa che la vanno a prendere nei pozzi e la riportano indietro sulla testa” […]. Lei beve l’acqua del rubinetto o la compra? “Io bevevo anche quella del Tevere, quando uscivo in canoa con gli amici! E non mi è mai successo nulla, anzi, mi ha creato gli anticorpi, come diceva il mio professore. Mia moglie mi sfotte ancora perché in Madagascar i frutti che compravamo al mercato li lavavo nel ruscello che correva lungo la strada. A Roma abbiamo l’acqua di sorgente. Anche al ristorante chiedo sempre l’acqua del rubinetto”. E gliela danno? “Obtorto collo”» [Giornale] • Inoltre: beve latte scaduto anche da dieci giorni («E ho usato salse vecchie di quindici anni e sono sopravvissuto senza mal di pancia»), mangia solo spaghetti perché cuociono in 5 minuti mentre per i rigatoni ne servono 11. Ha ammesso una debolezza: «Lasciamo sempre accesa la luce all’ingresso, per i ladri».
Curiosità Una volta correva con le auto sportive: «Una volta prendemmo parte persino ad un pezzo della Mille Miglia. Ma è stato tanti anni fa, poi mi sono messo a girare in motorino. Oggi Fabrizia ha la macchina, ma questa maledetta artrite reumatoide mi ha rovinato le mani e non guido più da tanto tempo» [Scorranese, cit.] • Si sveglia alle 5.30, poi inizia la lettura di due giornali, «uno la mattina e l’altro di pomeriggio. Intervallati. A distanza di ore i pensieri si ordinano meglio e la seconda lettura diventa critica» [a Carmelo Caruso, Foglio] • Ha scritto diversi libri: «Uno di un certo successo, col quale forse volevo inconsciamente riempire quel vuoto letterario. Alludo al mio I cavalieri della grande laguna. È la storia di un uccello che nidificava in Italia fino ai primi del Novecento, poi sparì ed è tornato a nidificare qualche anno fa nella laguna di Orbetello» • Tifa per la Roma.
Amori Dice che alle ragazze non ha mai pensato perché ne ha avuta una sola nel suo cuore sin da quando aveva 14 anni, sua moglie Fabrizia: «Lei ne aveva 16. Era la più bella della scuola. Gli amici erano invidiosi. Dicevano: “Pratesi si è preso la più bella”. Ne sorridevo». Con Fabrizia, architetta e amante della natura e degli animali come lui, ha avuto quattro figli che gli hanno dato sei nipoti.
Cimiteri È contro i cimiteri: «Diciamo che sarebbe meglio smettere di farne. Soprattutto quelli enormi, magari dotati di cappelle votive grandi come palazzi. Mangiano terreno, danneggiano la natura quando il nostro corpo è destinato a scomparire […]. Io le ho viste le torri dei morti in India, dove secondo i riti zoroastriani lasciano divorare i cadaveri da avvoltoi e nimbi […]. Dico solo che in Sardegna c’è una magnifica colonia di avvoltoi. Provocazioni a parte, riflettiamo su una cosa. Passiamo la vita a inquinare il pianeta con il nostro corpo, almeno pensiamo che una volta non più vivi torneremo alla terra e basta. Io e mia moglie Fabrizia abbiamo dato disposizioni per venire cremati. Le ceneri saranno disperse in campagna» [Scorranese, cit.] • «Ho i miei acciacchi: artrite, una forma di enfisema che scoprii drammaticamente sul lago Titicaca, in Perù, a 3500 metri di altitudine. Mi diagnosticarono un edema polmonare e so che non posso salire oltre gli 800 metri. So ad esempio che non posso più arrampicarmi sul Parco d’Abbruzzo che ho contribuito a salvare. È il più bel parco d’Europa. Forse il vero paradiso è lì» [Gnoli, cit.] • «Ogni tanto penso a un mondo dove non ci sono file, non c’è traffico, non c’è smog. Poi penso, mamma mia che noia! La verità è che non riesco a immaginare un paradiso per l’eternità. Sarebbe terrificante. No? Piuttosto sognerei un posto di passaggio, dove lentamente, nel giro di qualche secolo, ci estinguiamo diventando tutt’uno con l’universo».
Titoli di coda «La mia vita è stata bella e la morte non mi può fare paura».