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 2022  settembre 26 Lunedì calendario

Biografia di Gwyneth Paltrow (Gwyneth Kate Paltrow)

Gwyneth Paltrow (Gwyneth Kate Paltrow), nata a Los Angeles (California, Stati Uniti) il 27 settembre 1972 (50 anni). Attrice. Imprenditrice. Vincitrice, tra l’altro, di un premio Oscar alla migliore attrice protagonista per Shakespeare in Love di John Madden (1999). «Bionda chic che sarebbe piaciuta a Hitchcock» (Silvia Fumarola) • Prima dei due figli del regista e produttore Bruce Paltrow (1943-2002), ebreo, e dell’attrice Blythe Danner (1943), cristiana. «Gwyneth Paltrow aveva cinque anni quando scrisse “attrice televisiva” in un questionario scolastico sulle sue ambizioni da grande» (Silvia Bizio). «Ha sempre saputo di voler fare l’attrice? “Fin da piccolissima, e supplicavo mia madre che mi lasciasse fare i provini. Lei me lo impediva: diceva che avrei dovuto fare l’antropologa o qualcosa del genere, perché ero troppo intelligente per fare l’attrice. Voleva che diventassi un’accademica – cosa che fu presto chiaro che non sarebbe successo –, e comunque ci teneva, a che noi figli avessimo educazione e sensibilità da East Coast. Mia madre è sempre stata una persona angelica, calda, di indubbio talento. Ha rinunciato alla sua carriera per noi figli. […] Sarebbe diventata una super-diva del cinema, ma non le interessava. Preferiva fare teatro per cinque settimane ogni estate. Quando ero piccola andavo con lei alle prove di costume e la vedevo mettersi questi abiti stupendi. La mia mamma, quella che mi puliva la bocca dalle briciole dei biscotti, diventava altre fantastiche persone. Era meraviglioso vederla trasformarsi. Rimanevo sempre affascinata, e questa fascinazione ha ovviamente influenzato tutte le mie scelte nella vita”. E suo padre? “Mio padre è sempre stato il centro della mia vita. Da bambina gli chiedevo qualsiasi cosa e lui sapeva sempre tutto”» (Bizio). «Nata a Los Angeles, […] la Paltrow si era trasferita a 11 anni a New York con la famiglia per seguire la carriera teatrale della madre» (Bizio). «La nostra casa era frequentata da gente come Steven Spielberg, Michael Douglas, Christopher Reeve. Io ero una bambina magrissima con il ferretto ai denti e volevo cominciare a fare l’attrice. I miei me lo impedirono» (a Claudio Masenza). «Quando ci siamo trasferiti a New York da Los Angeles io avevo undici anni e mi sentivo completamente diversa dalle ragazzine della mia età: più indietro nell’educazione rispetto a loro, meno sofisticata. Non riuscivo assolutamente a inserirmi nel mondo che mi circondava». «Gwyneth Paltrow ricorda la sua adolescenza addirittura come “un periodo brutale”: “Cercavo di crescere in un corpo scoordinato. Avevo l’apparecchio ai denti e mi rasai dietro la testa”» (Roberta Mercuri). «“Nel 1990 mi ero iscritta all’Università di Santa Barbara, ma spesso marinavo le lezioni per guidare fino a Los Angeles a fare provini. Dopo un anno di università mi offrirono di partecipare a un allestimento teatrale di Picnic, in Massachusetts. Mio padre venne a vedere la prova generale. Alla fine venne nei camerini, e con le lacrime agli occhi mi disse: “Non credo che dovresti tornare all’università”. È stato emozionante sentirglielo dire! I miei non volevano che imboccassi la strada sbagliata perché, essendo gente che il mestiere lo conosce, avevano paura che potesse ferirmi; ma ora capivano che avevo del talento”. […] La carriera della Paltrow comincia nel 1991 (in quell’anno ebbe anche una particina in Hook di Steven Spielberg, amico di famiglia), ma la si nota per la prima volta in Seven (1995), accanto a Brad Pitt, con cui per tre anni ha poi fatto coppia fissa» (Bizio). «Quando le foto della coppia, entrambi fotografati nudi ai Caraibi, approdarono su internet, ci fu quasi un milione di contatti nel giro di poche ore. All’epoca lei era solo “la ragazza di Brad”. Ma un anno dopo girava Emma, dimostrando di saper recitare e di poter inseguire la fama anche per il suo lavoro. Il rapporto fra i due, che sembrava indistruttibile, si spezzò» (Bizio). «Sono gli anni anche di Paradiso perduto (1998) di Alfonso Cuarón e del remake dell’hitchcockiano Delitto perfetto (1998) di Andrew Davis» (Sara Sirtori). Nel 1997 la Paltrow «rifiutò il ruolo di Kate Winslet in Titanic […] per accettare quello di Sliding Doors. […] In Sliding Doors […] è una ragazza alle prese con il destino. Il destino in senso spicciolo, quello che può cambiare direzione a un’intera vita, a seconda di un dettaglio, tipo salire o no su un certo vagone della metropolitana» (Paola Jacobbi). Se Sliding Doors diede alla Paltrow la popolarità internazionale, a decretarne il trionfo, grazie alla conquista del premio Oscar alla migliore attrice, fu Shakespeare in Love di John Madden (1998), «basato su una sceneggiatura del drammaturgo Tom Stoppard: parla del Bardo (Joseph Fiennes, fratello minore di Ralph) al tempo della stesura di Romeo e Giulietta e della donna (Paltrow) di cui s’innamora e che lo ispira nella sua opera» (Bizio). «Molti la ricorderanno, […] capelli raccolti alla Grace Kelly, l’abito rosa confetto, entrare trionfante alla cerimonia degli Oscar sotto braccio a un signore alto, asciutto: il padre amatissimo. Gli aveva dedicato, tra le lacrime, la statuetta per Shakespeare in Love. “Non saprei cosa fare senza di lui”, aveva rivelato ai giornalisti. “Spero che i 30 anni mi aiutino a trovare un maggiore equilibrio”» (Fumarola). «Erano lacrime vere? “Certo che erano vere. Era successo tutto così in fretta: ero seduta in platea accanto a mio padre che si era appena curato dal cancro, mio nonno era morto da poco della stessa malattia, e improvvisamente il mio nome, il palco. Ero tesa, non capivo niente: per molto tempo non sono riuscita a ricordare nulla di quelle ore”» (Maria Pia Fusco). «Il giornale Scottish Daily l’ha definita “manipolatrice ed egoista”, raccontando che avrebbe “rubato la parte di Viola in Shakespeare in Love a Winona Ryder, che fino ad allora era stata la sua migliore amica”» (Bizio). «La statuetta non bastò per stabilire una volta per tutte che Gwyneth meritasse i migliori ruoli di Hollywood» (Andrea Visconti). «Nel decennio successivo la Paltrow inanella un insuccesso dietro l’altro. […] Con le sole eccezioni di Il talento di Mr Ripley (1999) di Anthony Minghella, accanto a Jude Law e Matt Damon, e I Tenenbaum (2001) di Wes Anderson, i film in cui recita Gwyneth Paltrow in questi anni sono da dimenticare. Da Duets (2000), dove è diretta dal padre, Bruce Paltrow, a Bounce (2000) di Don Roos. Da Amore a prima svista (2001) di Peter e Bobby Farrelly a Una hostess tra le nuvole (2003) di Bruno Barreto. O, ancora, da Sky Captain and the World of Tomorrow (2004) di Kerry Conran a Infamous – Una pessima reputazione (2006) di Douglas McGrath. […] Le cose cambiano nel 2008. Quando Gwyneth Paltrow viene scelta per interpretare Pepper Potts, più di una segretaria per Tony Stark, in Iron Man di Jon Favreau. È l’inizio del fenomeno dei supereroi della Marvel. E l’attrice, ormai 36enne, è al centro della scena. Di nuovo. Ma, questa volta, è lei a non volerci stare. Da questo momento in avanti il numero di interpretazioni della Paltrow cala drasticamente. È interessata ad altro. […] Cosa ha attirato l’attenzione di Gwyneth Paltrow tanto da farle, di fatto, voltare le spalle a Hollywood? Il business del benessere. Un piccolo blog di consigli sul lifestyle si è trasformato, in pochi anni, in un’azienda con un fatturato milionario. […] Goop è ciò che ha reso Gwyneth Paltrow un’imprenditrice di successo» (Sirtori). «L’idea nacque per caso: “Goop” è un mio vecchio soprannome che, viene dalle iniziali G.P. Mi è sempre piaciuto viaggiare e i miei amici si rivolgevano spesso a me per chiedermi consigli sulle parti più disparate del mondo. All’inizio era diretto agli amici, poi ha incominciato a crescere al di là delle mie conoscenze». «Goop era nato […] nel 2008, come un’innocua newsletter che Gwyneth scriveva dalla cucina di casa per assecondare la sua passione nell’“indirizzare” gli altri verso le ultime novità, e in cui dispensava consigli piuttosto generici di wellness, meditazione, un pizzico di new age e qualche ricetta salutare. Niente di paragonabile a quello che Goop sarebbe poi diventato, tanto più dopo l’incontro, […] nel fatidico 2014, con Elise Loehnen, ex editor con il pallino del benessere. E cioè un vero e proprio ricettacolo di santoni e venditori di stranezze, splendidamente confezionato, dove si possono acquistare, oltre a vestiti in stile ricca ereditiera degli Hamptons e costosi prodotti beauty, uova di giada da inserire nella vagina per ricavarne i più svariati benefici, olio di serpente e stickers da applicare sul corpo per “bilanciarne” le energie e polverine Moon Juice da sciogliere nello smoothie mattutino. […] Le diavolerie di Goop sono state smentite praticamente da tutti. […] Le uova vaginali di Shiva Rose, poi, le sono costate […] ben 145.000 dollari di sanzione civile per aver diffuso informazioni false» (Silvia Schirinzi). «Per Goop, wellness è e resta una parola magica, il ponte tra new age e moda, un ponte sul quale c’è un’attrice famosa in tutto il mondo, bionda e sorridente, come garante. […] L’intuizione, semplicissima, è che tutti – o quasi tutti – si sentono stanchi. […] Ma un sito di e-commerce, una newsletter, una rivista, possono dare una mano. Come? Vendendo un rimedio alla stanchezza, ai dolorini, alla tensione, a un pubblico che è nella stragrande maggioranza femminile. Vendendo autostima a prezzi non popolarissimi ma abbordabili, con Gwyneth stessa come testimonial. […] Le soluzioni sono sempre pronte: massaggi ayurvedici, verdura cruda, suffumigi, creme dai nomi buffi: tutto fa wellness nel gran calderone di Goop, che non a caso significa, letteralmente, sostanza vischiosa (al di là del gioco con le iniziali G.P. e la doppia “o” di Google). Il suo genio è la creazione di un mondo nel quale tantissime donne si sentono a proprio agio, se non proprio capite almeno ascoltate: umane, alla fine. […] È il business dell’insicurezza, pozzo di denaro senza fondo al quale attingere» (Matteo Persivale). Grande rumore quando, a inizio 2020, la Paltrow annunciò che Goop «avrebbe lanciato una candela il cui nome è “This Smells Like My Vagina”. Sì, tradotto è proprio così: “Questo odora come la mia vagina”. Tanti i commenti che le sono piovuti addosso. Snob. Ridicola. Esibizionista. Elitista. Detestabile. E pure sfruttatrice, col prezzo per le sue singolari candele fissato a 75 dollari ognuna. Ma, due giorni dopo il lancio le candele della Paltrow erano esaurite. E in questi mesi di lockdown e isolamento le vendite sono ulteriormente schizzate all’insù, così come tutti gli altri prodotti di Goop» (Lorenzo Soria). Da ultimo, la Paltrow ha lanciato «il suo nuovo vibratore, […] dal nome particolare che sembra essere un chiaro riferimento al suo ex, il cantante dei Coldplay Chris Martin. Lui nel 2008 cantava Viva la Vida, canzone dal successo planetario, mentre Gwyneth adesso lancia sul mercato “Viva la Vulva”, un vibratore “piccolo ma potente”, parola della star hollywoodiana» (Niccolò Dainelli). «Di sfottò in sfottò, il suo sito vale ora 250 milioni di dollari. Per una che da giovane attrice veniva liquidata come esponente del gattamortismo di alta gamma, una bella soddisfazione» (Maria Laura Rodotà). Come attrice, negli ultimi anni si è dedicata principalmente a pellicole incentrate su supereroi della Marvel e a una serie televisiva, The Politician, ideata per Netflix dal suo attuale consorte, Brad Falchuk, «serie su ambizione, potere e politica […] che ha come protagonista Ben Platt e dove la Paltrow recita la parte della madre, […] Georgina. Una che non usa troppi filtri e dice quello che le passa per la testa. “Adoro questo aspetto di Georgina. Penso che quello sia il motivo per cui ottiene successo nella carriera politica: le persone sono stanche della mancanza di autenticità nei nostri governanti. Georgina è quella che dice di essere, e questo è molto rinfrancante. Una qualità importante”» (Soria). «“È stato bello lavorare con Brad, uno scrittore geniale, l’unica persona che avrebbe potuto riportarmi di fronte alla cinepresa. Ed è anche il mio regista preferito!”. Le mancava la recitazione? “Niente affatto, davvero!”. […] “Da un po’ di anni sono una donna d’affari, ed è stato un grosso cambiamento arrivare su un set dove tutti ti dicono ‘Stai lì’, ‘Mettiti qui’. In genere sono io il boss, mentre quando sono un’attrice non sono nessuno!” (ride)» (Bizio) • Tra le sue relazioni sentimentali più importanti, quelle coi colleghi Brad Pitt e Ben Affleck, negli anni Novanta, quindi il matrimonio (2003-2016) col cantante dei Coldplay Chris Martin, da cui sono nati i figli Apple Blythe (2004) e Moses Bruce (2006), e infine, dopo il divorzio (curiosamente definito dai due «disaccoppiamento consapevole»), il nuovo matrimonio (2018) con l’attuale consorte, il produttore, sceneggiatore e regista Brad Falchuk. «Sono davvero una buona amica e una buona sorella, e anche un’ottima figlia e madre, ma per quanto riguarda il “lato più romantico della vita” sono una compagna molto vulnerabile. Con i miei ex spesso sono stata io a mandare tutto all’aria». «Ho chiesto a mio padre come avevano fatto lui e mia madre a stare insieme così a lungo, e lui ha risposto: “Due cose. La prima è avere gli stessi sogni”. “E la seconda?”, gli ho chiesto. “Non volere il divorzio nello stesso momento”» • Nel 2017 raccontò di aver subìto un tentativo di approccio sessuale da parte di Harvey Weinstein, dal quale l’avrebbe poi protetta il suo fidanzato di allora, Brad Pitt, intimando minacciosamente al produttore di non molestarla mai più. «Lei ha avuto un ruolo attivo nel movimento #MeToo (rivelando i tentativi di molestie da parte di Harvey Weinstein, ndr). “E sono onorata di aver contribuito anche in piccola parte: ero pronta a raccontare la mia storia e sostenere altre donne. Stiamo vivendo un grande cambiamento culturale, e non volevo che mia figlia e le ragazze che conosco avessero esperienze come la mia”» (Bizio) • Tra le sue amiche più fidate, la cantante Madonna. «Mi ha dato il consiglio migliore: “Smetti di preoccuparti di quello che gli altri pensano di te. Fregatene!”. Io l’adoro, ma non ci vediamo spesso. Certamente abbiamo interessi in comune: lei mi ha introdotta allo yoga Ashtanga, […] e io le ho fatto scoprire la macrobiotica. Ci siamo fatte del bene a vicenda» • «Proverei di tutto, ma non rifarei più il botox, perché avevo un aspetto folle» • «In tutte le residenze di Gwyneth, la cucina è il fulcro della casa. “Cosa ci posso fare? Quando si tratta di mangiare, io sono una tipica mamma ebrea che teme sempre di non avere cucinato abbastanza”, scherza l’attrice» (Visconti) • «Creatura acqua e sapone, magra e introversa, una giovane donna sensitiva e piena di grazia, sintonizzata su minimi ma decisivi scarti dell’animo, della fisionomia, degli accenti, delle pause» (Rodolfo Di Giammarco). «Una delle attrici […] più ammirate per la sua innegabile classe, tanto che viene alternativamente definita la Grace Kelly o la Audrey Hepburn della sua generazione» (Bizio). «Con quel look così etereo, Gwyneth Paltrow sembra la rappresentazione fisica di una figlia del privilegio distaccata dalla realtà» (Soria) • «Julia Roberts, di cui è considerata spesso l’erede, l’ha descritta “carina in un modo britannico e un po’ cavallona”. Caustica come sempre, la femminista Camille Paglia la definisce un “incrocio fra un fagiolino e Gretel, una bambolina fatta di biscotto coperta di vaniglia, spruzzata di caramelle alla fragola e chewing-gum”. Perfino Dame Judi Dench, Oscar come migliore attrice non protagonista di Shakespeare in Love, avrebbe criticato i modi divistici della Paltrow sul set, dicendo: “Sarebbe carino se la protagonista del film mi rivolgesse ogni tanto la parola”» (Bizio) • «In America, fin dal 1998, quando la Paltrow sfoderò un magistrale accento “very British” in Shakespeare in Love, l’hanno spesso malignamente accusata di “fare l’inglese”. Non senza ragioni: “Le scuole britanniche tengono alle buone maniere più di quelle americane”, dice. O persino: “Gli inglesi sono più intelligenti e civili degli americani”, come dichiarò […] in un’intervista a un quotidiano portoghese. O ancora, in un’altra occasione: “La gente a Londra parla di cose più interessanti a cena, non solo di soldi e lavoro”» (Visconti) • «Si pone il problema dell’età? “È interessante: appena inizi a piacerti e ad accettarti per davvero, inizi ad avere le rughe e il tuo metabolismo cambia. Inizi a invecchiare. Ma penso che sia un processo bello, e comunque non vorrei tornare ai miei vent’anni e provare tutta quella insicurezza per nessuna ragione al mondo. Devi affrontare quel periodo, ma ora sono molto più felice con le mie zampe di gallina attorno agli occhi, mi sento molto me stessa. Ci vuole molto tempo perché una donna senta davvero chi è, e ora sono felice di essere dove sono”» (Soria).