Avvenire, 11 ottobre 2022
Autunno, quando i calciatori cadono come foglie morte
Serie A, citofonare reparto ortopedia. Cadon come foglie in autunno i calciatori, questo è il tempo del foliage degli infortunati. Uno stiramento, un indolenzimento muscolare, un polpaccio che urla o un ginocchio che scricchiola, un crociato da operare, un risentimento tendineo, una lesione del bicipite femorale, una frattura scomposta, un problema alla schiena, una distrazione del legamento: avanti, c’è posto per tutti, mettetevi in fila con la cartella clinica e aspettate il vostro turno. Sorge il sospetto che la corsa allo scudetto si deciderà non tanto e non solo in campo, ma in infermeria. Il Napoli è primo in classifica e gira l’Europa della Champions dando spettacolo, anche perché Spalletti ogni volta può scegliere senza far la conta degli infortunati. Osimhen ai box costituisce l’unica assenza pesante, in una squadra in cui la varietà di soluzioni è un valore aggiunto. Per il resto la fotografia della Serie A in realtà è una radiografia. L’ultimo ad aggiungersi alla lista dei caduti in battaglia è Dybala. Gol e infortunio, questa ci mancava. Domenica sera contro il Lecce Paulo ha calciato il rigore della vittoria contro il Lecce, ma non ha esultato. I muscoli gli stavano mandando segnali preoccupanti. È uscito dal campo rabbuiato e le parole di Mourinho – «Difficile rivederlo in campo nel 2022, c’è il serio rischio che salti il Mondiale» – suonano come una sentenza. C’è una lesione al quadricipite sinistro. Tempi di recupero lunghi: minimo un mese e mezzo. I campioni 2.0 sono di cristallo, esposti ad ogni folata di vento, potenziati nella muscolatura come gomme da Formula 1, perciò più delicati. E in ogni squadra c’è un pronto soccorso dove si entra e si esce con preoccupante frequenza. E così, al netto della pochezza di gioco fin qui manifestata, non si può nascondere il fatto che la Juventus stia pagando l’assenza di uominichiave. Chiesa tornerà a fine ottobre, ma chissà se poi è vero: nei bollettini della Continassa un giorno viene dato con i compagni in gruppo, il giorno dopo insorgono complicazioni ed è costretto a fermarsi. Di Maria è zavorrato da svariati acciacchi, De Sciglio ha alzato bandiera bianca. Il caso Pogba è diventato un mistero. Il francese dopo l’infortunio al menisco non si è operato, ma ha scelto una terapia conservativa. È chiaro a tutti: è il torneo in Qatar l’appuntamento a cui non mancare. Ma intanto – alla pari di Chiesa – non ha ancora messo piede in campo. L’Inter aspetta Brozovic (lesione alla coscia), cerca di capire quando riavrà a disposizione Correa e intanto si interroga su quanto sta capitando a Lukaku. Non pervenuto, il centravanti belga tornato in Italia dopo la toccata e fuga in Inghilterra. Dopo tre partite si è fermato per un risentimento muscolare. Da allora: indisponibile. Il totale delle assenze è del 75%:
Lukaku ha saltato 9 partite su 12 ufficiali tra campionato e Champions. O è invecchiato di colpo, o c’è qualcosa che non torna. Niente a che vedere con la macchina da gol che – nell’anno dello scudetto di Conte – saltò per infortunio una sola partita di campionato su 38 e una sola di Champions, sulle 6 disputate dall’Inter. Da più parti si imputano i tanti infortuni ad una preparazione anomala, con un campionato tranciato di netto in due dalla sosta – 52 giorni – per il Mondiale.
Sarà vero, ma si registra una fragilità diffusa che non può essere riconducibile ad una sola causa. L’Atalanta è senza fior di titolari come Musso, Zapata, Toloi e Djimsiti; il Milan ha perso Calabria e Saelemaekers fino a gennaio 2023, Florenzi tornerà il mese dopo, Ibrahimovic chissà. Nel giro di qualche settimana – a meno di imprevisti – usciranno dall’infermeria Maignan e Kjaer, ma ieri – giusto per non farsi mancare niente – si è infortunato De Ketelaere. Domanda: ma come ha fatto, ’sto povero ragazzo, se sabato a San Siro non ha nemmeno giocato? Mistero della fede. L’infortunio – almeno quello – è democratico. Non guarda al censo e nemmeno alla classifica. Azzoppate le big, ma pure chi lotta per altri obiettivi non se la passa bene. Un esempio per tutti: proprio in questi giorni Ribery è sceso dalla giostra, dando l’addio al calcio. Il 39enne campione francese resterà alla Salernitana, ma con compiti dirigenziali. Semplicemente: non ce l’ha fatta, è scivolato in quella fase della carriera dove ogni infortunio provoca una reazione a catena che aggiunge dolori, incrina le certezze e solleva dubbi, fino alla decisione finale: anche basta, su.