Corriere della Sera, 10 ottobre 2022
Paola De Micheli accusa le donne del Pd di misoginia
Paola De Micheli risponde al telefono con una domanda: «Il Corriere vuole intervistarmi perché ha percepito che la mia candidatura è vera, anche se molti provano a silenziarla?».
Il Pd vuole silenziarla?
«Io ho ragioni potenti per candidarmi alla segreteria di un partito che è scalabile. Non sono sola, tante federazioni e circoli lavorano con me a un’idea diversa di Pd, per mettere molto più potere decisionale nelle mani degli iscritti. Un cambiamento radicale, che illustrerò nella mozione e in un libro».
Perché votarla?
«Sono una donna grintosa, concreta, felice, che va al punto. Ho una visione di sinistra del Paese. Quando vado a correre o al supermercato le persone mi dicono “Non mollare!” e si complimentano per il coraggio. Mai una donna si era candidata a guidare il Pd».
Rosy Bindi?
«Ci ha provato, unica nella storia. Ora provo io e dicono “Paola farà il ticket con un uomo”. No, facciano il ticket con me, perché io sono già stata vicecapogruppo e vicesegretaria».
Sottosegretaria, ministra, commissaria al terremoto...
«Appena eletta consigliera a Piacenza. Ho fatto esperienze molto importanti, da dirigente e nelle istituzioni. Ho molte idee per cambiare il Pd, a partire da un’organizzazione più concentrata su iscritti e volontari».
Perché ha detto che si candida «contro il patriarcato che governa il Pd con la complicità delle donne»?
«Siamo il partito che ha fatto più leggi a favore delle donne, ma poi le candidature a sindaco o presidente di Regione sono rarissime. E la colpa è anche della misoginia di alcune donne che, con un po’ di accidia, si sentono soddisfatte da un ruolo ancillare».
Fuori i nomi.
«Mai».
Conte?
«Non lo sento da luglio. Siamo il più grande partito della sinistra, dovremmo essere orgogliosi e non sentirci subalterni a nessuno».
Bonaccini non fa salti di gioia per la sua candidatura.
«Devo chiedere il permesso? Io almeno l’ho detto e non mi candido solo se vinco. Mi candido, poi vinco. A furia di marcarsi a uomo finiranno per spaventarsi e vincerò io».
È ora di tagliare il cordone con i padri nobili Veltroni, Bersani, Prodi, D’Alema?
«A loro voglio bene e il Pd deve loro molto. Ma adesso tocca alle donne e agli uomini nati tra i ‘70 e i ‘90, che si sono impegnati per tenere in piedi il Pd. Ne avremo cura amorevole, determinata e materna».
Lei è stata bersaniana, lettiana, zingarettiana e ora si candida contro le correnti?
«L’unica corrente a cui ho partecipato è stata quella di Letta, poi ho votato Cuperlo e Zingaretti».
Promette che avrà «gli occhi di tigre». È vero che si ispira alla vice di Biden, Kamala Harris?
«No, l’unica donna a cui vorrei somigliare è mia madre. A 44 anni è rimasta vedova con tre figli e si è spaccata la schiena per farci laureare, lavorando con noi nei campi di famiglia. Come lei, io non mollo mai. Era morto da poco papà, una grandinata distrugge i pomodori e mamma mi dice “Abbiamo ancora la terra, andiamo avanti”».
Insomma, si è messa in testa di arare il campo del Pd?
«Seminarlo, coltivarlo e raccoglierne i frutti. Il Pd ha una funzione storica molto importante, in Italia e in Europa. Io la Ue la voglio diversa e migliore, Giorgia Meloni non la vuole. La sfido, facciamo in Parlamento un patto per il lavoro e ci troverà. Non ho ancora nessun altro da sfidare».
Chi teme di più tra Bonaccini, Nardella e Schlein?
«Non temo nessuno, la paura è riservata alle cose della vita, non della politica».
Si sente già l’anti Meloni?
«Contro un’avversaria così aggressiva e suadente bisognava fare una campagna elettorale corpo a corpo».
Letta non è stato abbastanza aggressivo?
«Ha perso la sua freddezza quando è caduto Draghi, forse pensando bastasse il prestigio del premier. Non abbiamo capito la sofferenza del Paese e la reazione alla sconfitta è stata un po’ gattopardesca. Comunque è finita un’epoca».
Torniamo a Meloni.
«Lei sarà la prima donna premier e io la prima segretaria del Pd, guiderò l’opposizione e torneremo a vincere. Sarò l’anti Meloni perché mi preoccupa molto il modello dei governi ungherese e polacco, che comprime le diversità in favore di una semplificazione deteriore».
Se invece facesse politiche a favore delle donne?
«Non credo. Il limite di Meloni è pensare che per arrivare basta impegnarsi. Ma non è così, la vita delle donne in Italia non è come la sua».