La Stampa, 10 ottobre 2022
La figuraccia di Iker Casillas
Buona domenica diventerà il messaggio in codice per dire una bestialità incartata di educazione e fingere di non essersene proprio accorti. È il modo in cui Iker Casillas chiude il tweet più analizzato dei social che finisce #felizdomingo e inizia «Spero che mi rispettiate: sono gay».
Postato per scherzo o risultato di un hackeraggio super mirato e cinico, probabilmente uscita irritata di un personaggio pubblico stizzito per i troppi flirt attribuiti. La verità è difficile da acchiappare tra i pensieri virtuali, ma il fastidio resta. Evidente. Fisico. Abbastanza marcato da far scappare un quarto dei follower del portiere più titolato di Spagna in pochi minuti, da scatenare reazioni di ogni tipo e da far partire l’onda dell’indignata #buonamenica, #felizdomingo.
Ore 14.10, il messaggio compare sul profilo ufficiale dell’ex numero uno del Real Madrid e lì resta per più di un’ora con risposte di solidarietà, ringraziamenti, insulti e la partecipazione di Puyol, rivale del Barcellona, compagno di nazionale di Casillas negli anni in cui la Spagna è diventata campione del mondo e per ben due volte campione d’Europa. Con il portiere lui è l’asse di un Paese riunito dal pallone. Digita poche superficiali parole: «È il momento di dire la nostra, Iker». E lì per lì pare un appoggio all’ipotetico coming out e subito dopo si manifesta come una deprimente collaborazione alla battuta fessa. In caso davvero qualche perfido nerd sia entrato nei dati sensibili di Casillas e si sia impossessato della sua identità per fargli perdere la faccia (e tre milioni di seguaci in un singolo cinguettio), la scarsa sensibilità di Puyol resta e svela la natura dello scambio. Lui non nega: «Mi sono sbagliato. Chiedo scusa per una battuta infelice fatta senza nessuna cattiva intenzione». Segue stanco e vuoto appoggio alla comunità Lgbtq+. Quindi anche chi conosce bene Casillas è arrivato alla stessa considerazione di chi lo ha solo visto in tv. Non era una confessione, non era una spinta a una società meno giudicante, era uno scherzo distratto e l’ennesima prova che il calcio, almeno in larga parte, vive su un altro pianeta: macholandia.
Tra i più irritati, Josh Cavallo, australiano dell’Adelaide United, primo giocatore in attività a definirsi omosessuale: «Non è un viaggio semplice e vedere due leggende, due punti di riferimento, divertirsi così è indecente. Non avete rispetto». Basterebbe e non ce ne sarebbe neanche stato bisogno se i calciatori facessero un minimo di attenzione a quel che non li riguarda, eppure esiste tutto intorno a loro. Ormai non più percepito. Tifosi ignorati, esempi traditi, vizi sbandierati, capricci esibiti, soldi non certo ingiustificati, però senza apparente valore, tanto che i bilanci possono non tornare e i cartellini lievitare, i debiti crescere per poi ricomporsi in un fluttuante equilibrio. Oscillazioni fuori dai centri di gravità conosciuti e botte di notorietà stellari con evidente perdita di senso della realtà. Tipo vantarsi di andare da Nantes a Parigi in aereo quando c’è il Tgv, vedi alla voce Paris Saint Germain.
Che Casillas fosse un tipo impulsivo lo si era capito la notte del Mondiale, nel luglio del 2010: lui arriva davanti ai microfoni in stato di legittima euforia, saltella e non si tiene. Bacia la donna che sta per intervistarlo, l’allora amore segreto Sara Carbonero che sarebbe diventata sua moglie, che oggi è la sua ex. A lei, in quella notte rimasta anche nella storia delle dichiarazioni più appassionate, un po’ piace lo slancio di romanticismo e un po’ se lo ritrova addosso. Da lì in poi ogni parola e ogni lavoro fatto vale in quanto fidanzata di. E su, dove mettiamo la spontaneità, l’ardore, la condivisione della felicità? Può essere.
Qui però siamo alla stessa scassata urgenza e senza più sentimento a motivarla. Il messaggio esce per contrasto e nulla di quello che scatena, passato al megafono della popolarità, viene considerato, pesato, trattenuto. Rutto libero. Hackerato, si intende.