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 2022  ottobre 09 Domenica calendario

Cosa ci racconta il tatuaggio di Giorgia Meloni

Chissà cosa direbbe oggi il Capitano Cook nel vedere il tatuaggio varcare la sede di una cancelleria europea? A Tahiti nel 1769, nel corso del suo giro del mondo, il navigatore aveva scoperto che gli abitanti dell’isola usavano imprimere sulla loro pelle segni e disegni. La parola inglese tattoo viene daTatau, voce onomatopeica, il battere con un bastoncino di legno sulla pelle per inciderla. Giorgia Meloni, probabile inquilina di Palazzo Chigi ha almeno un tatuaggio disegnato sulla spalla destra, come appare in uno scatto in bikini di qualche anno fa.
Accanto a questo coltiva la passione per vistosi bracciali di fattura romanico-barbarica, che ricordano, a loro modo, i tatuaggi con disegni d’animali e decorazioni varie. Niente di strano, dal momento che Giorgia appartiene ad una generazione nata negli anni Settanta e Ottanta del Novecento, che ha utilizzato la forma del tatuaggio per esprimere qualcosa di sé, utilizzando il corpo come una superficie parlante.
Nell’Ottocento il tatuaggio è stato appannaggio prima di tutto dei ceti “marginali”: marinai, carcerati, soldati, prostitute. Come è potuto accadere che da questa popolazione socialmente borderline si sia trasferito sul corpo di tanti ventenni e trentenni nel corso del XX secolo? La pelle è la parte più intima del nostro corpo e insieme quella più esposta. Da quando s’è cominciato a mostrare parti sempre più ampie del corpo, un tempo accessibili solo in momenti e luoghi segnati dall’intimità, è divenuto evidente che la nostra pelle è prima di tutto un’interfaccia. Il corpo, ha scritto Marc Augé, è insieme la nostra parte più intima e quella più pubblica, racchiude l’interiorità ed espone l’esteriorità. Per quanto le civiltà umane abbiano sempre contemplato la possibilità d’incidere o trasmettere con il corpo segni, come testimonia il corpo mummificato di Otzi – gesti apotropaici o modi d’assoggettamento, come nel caso dei numeri incisi nei Lager nazisti – qualcosa di nuovo è accaduto nelle giovani generazioni. Tatuandosi le ragazze e i ragazzi esprimono infatti un’appropriazione di sé stessi, o meglio del proprio corpo, che sentono brutto, imprigionato, impotente, inadeguato, controllato da altri. Scrivere sulla pelle è così un’espressione per manifestare una forma di possesso, sentire e far sentire agli altri la propria esistenza, e dunque la propria identità; persino per sedurre, dal momento che il tatuaggio rende particolari e diversi. Lo psicoanalista francese Didier Anzieu, autore di L’Io-pelle, sostiene che si tratta di una forma di ridefinizione del proprio confine estremo, un modo con cui si differenzia il proprio sé rispetto agli altri, per far percepire che dentro il corpo c’è qualcosa e non il nulla. Questo è il grande problema d’una generazione che si è trovata ad affrontare la questione dell’identità cercando modi e forme per definire la propria esistenza, per trovare un senso e manifestarlo agli altri.
Per questa ragione il tatuaggio di Giorgia Meloni rientra nel mood generazionale, è il resoconto di una esperienza memorizzata mediante l’ago del tattoo artist. La leader di Fratelli d’Italia non nasconde il tatuaggio e neppure i bracciali, anzi questi proprio li esibisce; ne va fiera come una dichiarazione d’autenticità, come lo stigma di appartenenza a un gruppo o meglio ad una generazione. Sono parte integrante della sua identità estetica di ragazza cresciuta nella periferia urbana di una grande città. Questo è l’abito, prima di tutto mentale, che lei indossa, come una seconda pelle, che ricopre la prima naturale e la definisce nel gioco tra interno ed esterno: tra essere e apparire. Chissà se l’altro politico nuovo-nuovo di questi anni, l’avvocato del popolo, l’azzimato Giuseppe Conte, possiede un tatuaggio inciso sul corpo? Più vecchio di tredici anni di Meloni, nato non in una periferia urbana ma in un paese del foggiano, Conte ha come suo tatuaggio la pochette nel taschino della giacca, segno e abito insieme, contrassegno della sua appartenenza alla piccola borghesia meridionale, oltre che alla categoria degli avvocati. I corpi parlano, ci raccontano molte storie, alcune evidenti, altre invece nascoste, e altre persino imperscrutabili.