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 2022  ottobre 09 Domenica calendario

Biografia di Bebo Storti raccontata da lui stesso

“Aspetti un secondo”.
Prego.
Sto comprando sessanta matite, queste sono tra le migliori al mondo.
Sessanta?
Ne ho circa tremila.
Capperi.
Sono un oggetto meraviglioso e poverissimo, in parte le espongo; (pausa) sono un collezionista seriale.
Elenchiamo.
Ho tutti gli album della Panini, quelli dei calciatori; poi ho 2.600 libri, di ogni genere, sono onnivoro; adesso sto leggendo il Compendium maleficarum di Guaccio, poi ho tanta politica; alcuni sono preziosi.
Tipo?
Una raccolta dei resoconti dei servizi segreti di Venezia e Trieste: ci sono riportati tutti i progressi nelle indagini sulle persone attenzionate.
(Bebo Storti è un reale entusiasta con pochi filtri; e quei pochi ancora esistenti li sottopone a stress continuo per tentare di abbatterli. Lui è un collezionista di maschere nazionalpopolari come l’erotomane Conte Uguccione; di successi teatrali, del teatro civile e antifascista come “Mai Morti” – insieme a Renato Sarti; è un collezionista di querele, parolacce, battute, incazzature e scene epiche. Ora è impegnato con la compagnia del Teatro della Juta che produce “Non sentirai niente”, uno spettacolo sulla tragedia delle morti per amianto).
È mai stato attenzionato?
A volte protetto.
Qualche settimana fa, Daniele Luttazzi nella sua rubrica ha descritto uno strano episodio legato alla Digos…
Quella storia parte da Roma, nel 2004: ero in scena con Mai morti quando fuori dal teatro si presentarono una quarantina di ragazzi e in mezzo a loro Barbara Saltamartini (al tempo membro di Alleanza Nazionale, ndr); questi ragazzi avevano casualmente tutti ancora il casco in testa e in mano le catene delle moto.
E lì?
I 150 spettatori si sono piazzati davanti al teatro a mo’ di muro, poi dalla sede degli allora Ds sono partiti trenta compagni attrezzati con le gambe dei tavoli; (sorride) aggiungo la presenza di Renato Sarti, per me un fratello, e alcuni suoi amici triestini, persone deliziose ma abituate a difendersi.
E lei?
Ignaro, ero sul palcoscenico che aspettavo. Quando ho capito, sono uscito con il vestito da scena: calze, ciabatte, mutandoni e vestaglia. E la solita sigaretta in mano.
Non l’hanno aggredita?
(Sorride e alza il tono) Ecco il punto! In questa vicenda c’è un aspetto meraviglioso: la Saltamartini aveva in mano un volantino contro di me ma con l’immagine del Conte Uguccione e su scritto: “Prenderà in giro i camerati”. Peccato che in Mai morti non c’era traccia del Conte, ma lei non lo sapeva. E non mi hanno riconosciuto.
Faccetta nera?
Dopo questo episodio, a Genova, si è presentata la Digos per spiegare che la situazione era sotto controllo. Ma a uno di loro è squillato il cellulare e la suoneria era Faccetta nera. Per fortuna non ero presente.
Sennò?
Mica restavo fermo.
Querele ne riceve?
Di continuo, ma ho dei bravi avvocati; (pausa) oltre alle querele mi chiamano per minacciarmi, soprattutto per la questione dell’amianto.
Ha mai avuto timore fisico?
Forse un paio di volte, ma ho un carattere di merda; (sorride) sono leggendario per il mio caratteraccio e tutti i miei amici ripetono da anni la stessa frase: “Se lo avessi più mite oggi avresti una casa di produzione a Hollywood”.
Insomma…
Mi hanno minacciato davanti a dei cantieri dove temevo ci fosse dell’amianto; quando hanno provato a inseguirmi ho aperto il bagagliaio e urlato: “Ho il cric pezzo di merda”. È andata bene.
Da cattivo è credibile.
Lo so.
Oltre al caratteraccio è accusato di pigrizia.
Ma chi lo sostiene?
Giorgio Gherarducci della Gialappa’s Band.
Se io sono pigro, lui dorme.
Non era un attacco, ma un rammarico per le sue potenzialità.
Divento pigro quando mi occupo di cose che non mi interessano; (pausa) ho recitato in circa quaranta film, più le serie tv e gli spettacoli: almeno la metà di tutto questo non lo vedrei mai da spettatore.
E lei si rivede?
Non ci penso proprio.
Ha partecipato a un cinepanettone di Neri Parenti, Vacanze di Natale a Cortina.
Credo abbia tagliato la mia parte.
Non ne è certo.
Ma se non li rivedo! Comunque interpretavo un leghista e c’erano le elezioni, quindi credo sia saltata per via della par condicio; (cambia tono) in quel caso ho accettato perché ci sono periodi della vita dove sei obbligato a prendere tutto.
E ora?
Ho partecipato a una bella commedia, Quasi orfani, con tutti attori bravi. Tutti. Ed è raro.
Con l’attore cane come si comporta?
Mi diverto: quasi sempre l’attore incapace urla per darsi un tono e ogni volta fingo di spaventarmi.
Come reagiscono?
Alcuni si sono incazzati.
Lei sa di essere bravo?
Non posso rispondere altrimenti passo per uno che si vanta. Faccio il mio. E voglio raccontare delle storie in grado di toccare il cuore delle persone.
Ha toccato pure il cuore del Re di Spagna.
(Ride) Quanto si è avvelenato.
Lo ha preso in giro.
C’era uno sciatore senegalese, Lamine Guèye, talmente scarso che quando arrivava al traguardo già avevano iniziato a smontare le strutture; insomma, Lamine decide di vendere a Mai dire gol la sua partecipazione ai Mondiali di sci (nel 1996). E io sono partito con il ruolo di assistente spirituale insieme ad altri due; ovviamente ero truccato di nero e sulle piste da sci davo delle badilate agli atleti italiani.
Sempre truccato.
Certo, ma nel giro lo sapevano che ero di una tv e in albergo mi chiamavano “il pintado”; (sorride) per finta mi sono fidanzato con Isolde Kostner…
Ma?
La questione assurda è che nessuno della sicurezza mi ha mai chiesto “scusa, chi cazzo sei?”. Se qualcuno mi avesse posto la domanda sarebbe crollata la scenetta.
E allora?
Sono arrivato alla sfilata ufficiale e lì ho salutato il Re che poi non ha gradito; il giorno dopo Samaranch (al tempo presidente del Cio, ndr) voleva presentare un esposto contro il Senegal. E ho ancora la loro tuta da sci ufficiale.
Antonio Catania al Fatto ha spiegato che lei e Paolo Rossi spesso confondete il set con la vita.
Con Antonio non mi posso incazzare, è un amico, è nel mio cuore.
Catania aggiunge che l’ha vista minacciare un ristoratore.
Eravamo a Pisa e il tizio aveva iniziato a trattarci male perché su trenta presenti, in cinque o sei bevevano solamente; a quel punto ho preso un coltello da pesce e l’ho mandato a quel paese.
Perfetto.
Non contento ho pizzicato pure la moglie, reale istigatrice, e mentre uscivo le ho urlato: “Ora ti mangio il cervello, lo cago, e poi lo rimetto al suo posto. Nessuno si accorgerà della differenza”.
Delicatissimo.
Ero un po’ ubriaco; (abbassa la voce, ha il tono confidenziale) Antonio Catania sostiene di essere quello che ha beccato più donne tra i membri dei Comedians.
Lo ha rivelato pure al Fatto.
(Stupito) Si è vantato? Allora lo smentisco. Il più ricercato era Gigio Alberti.
In questa classifica lei dove si piazza?
Un battitore libero: ho sempre avuto molte donne in giro per l’Italia.
Con una donna fascista è mai andato a letto?
Impossibile.
Una democristiana?
Una sì, un’altra è scappata.
Gigio Alberti ricorda: “Al tempo dei Comedians appena vedevamo un campo da calcio ci fermavamo per giocare a pallone”.
Sempre e comunque, ma non solo sui campi ufficiali, anche nei parcheggi. E da lì è nata la nostra squadra.
Il suo ruolo?
Difensore con un piede onesto, però picchiavo; da interista ero più vicino a Gentile che a Facchetti (e parte una lunga, lunghissima disquisizione calcistica. Bebo Storti è preparato).
Era nei Comedians però non è nel cast di Mediterraneo
Perché allora non eravamo così amici con Salvatores e poi non sono bravo con i registi, non sono attento nei rapporti, non so stargli appresso; (pausa) per me Gabriele è uno dei migliori in Italia.
Al tempo, tra i Comedians, su chi avrebbe puntato?
Oltre ad Antonio direi Silvio Orlando: già allora aveva qualcosa in più.
Eravate un gruppo incredibile.
Abbiamo avuto un gran culo: prima o poi tutti siamo riusciti ad affermarci secondo i nostri desideri e senza dare retta a un pirla di regista.
L’hanno mai presa per matto?
Tante volte, soprattutto le donne: sono uno che ama giocare con l’amore e i sentimenti.
Gioca?
In modo carino, bello, dolce; se uno come Antonio Catania va a dire in giro di aver cuccato, io al tempo mi innamoravo e la facevo innamorare.
Bel ragazzo.
Da anziano sono migliorato, solo che adesso, a 66 anni, che cazzo becco?
Li sente?
Cosa?
I 66 anni.
Sì e mi stanno sui coglioni; (prende tempo) no, vabbè, mi piacciono anche: ora nel nuovo spettacolo interpreto la Morte.
Oggi il Conte Uguccione e le sue infinite “trombate” potrebbe andare in tv?
Sarebbe fantastico, racconterebbe i desideri delle mogli dei politici; il problema è il politically correct, quindi difficile.
Com’era a scuola?
Mandavo affanculo tutti, salvavo la professoressa d’italiano, figlia di uno degli ultimi grandi traduttori di Omero: grazie a lei ho iniziato a leggere Seneca e Terenzio. Ed ero alle medie.
Alle medie insultava i professori?
Sono stato sospeso trenta giorni; ero appena tornato dopo una lunghissima malattia e la docente di matematica aveva deciso di interrogarmi. A quel punto ho manifestato il mio disappunto e lei, come risposta, mi ha tirato addosso un libro.
Dolore.
L’ho raccolto, mirato e presa in faccia.
I suoi genitori?
A casa papà mi ha detto: “Dovevi finirla”.
Com’era suo padre?
Fascista della XMas.
Litigavate?
Era un tipo strano: vendeva macchine da scrivere e allo stesso tempo portava avanti la carriera da cantante lirico.
Ma litigavate?
Ha sempre sostenuto le mie scelte politiche; mi obbligava solo a leggere un libro al mese; forse non era neanche fascista, chi è artista non può esserlo. Ce ne sono?
Di destra Albertazzi…
Mai piaciuto, tutto birignao; secondo Carmelo Bene si citava mentre recitava; (pausa) ora mi farò qualche nemico in più, ma chi se ne frega.
Dario Fo?
Il più grande, come lui solo Volonté.
Per la carriera a cosa ha rinunciato?
A un cazzo. Anzi, forse alla libertà di un lungo viaggio: non ho mai avuto abbastanza soldi per mollare e stare via cinque anni.
Prima tappa?
Las Vegas: avrei giocato a poker per dei mesi.
Chi è lei?
Un bravo attore che ha imparato a scrivere; (pausa) alla fine di tutto mi considero un poeta, niente di più.