la Repubblica, 9 ottobre 2022
«È realistico che Pechino volti le spalle alla Russia»
PECHINO —«Un Congresso storico che servirà a delineare la traiettoria che la Cina prenderà. Centrale sarà vedere quanto Xi andrà a fondo nel personalizzare ancora di più la dittatura che sta guidando. Sarà interessante vedere, ad esempio, se il “Pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi”, già inserito in Costituzione, verrà abbreviato in “Pensiero di Xi Jinping”: possono sembrare questioni semantiche, ma non è così. Lo metterebbe sullo stesso livello di Mao», racconta Jude Blanchette, del Center for Strategic and International Studies, uno dei più attenti osservatori della Cina.Vede queste mosse come un ritorno all’era maoista? Molti in questi anni si sono sprecati nel fare paralleli tra i due.«Sì e no. C’è un certo parallelismo storico forte che ci fa vedere un nuovo Mao a Pechino. Ma è sbagliato credere ad un ritorno al passato: una figura così autoritaria come quella di Xi nel 2022, in una Cina completamente diversa da quella di Mao, ha un impatto molto più significativo per la Cina stessa e per il mondo intero rispetto a 50-60 anni fa. La Cina non è più quel Paese povero e isolato. È la seconda economia del mondo, ha uno degli eserciti più grandi del pianeta dotato dell’arma nucleare. Oggi è una forma di dittatura moderna fortemente integrata nel sistema globale con un potere economico e diplomatico mai visto prima».Se dovesse descrivere Xi in una frase?«Un leader con un’ambizione straordinaria. Ma con un attaccamento al potere tale che staspingendo la Cina in una posizione molto pericolosa».Come sarà il prossimo mandato? Quali le sfide?«Servirebbero delle correzioni. Sul fronte economico, su quello diplomatico: ci sono molti venti contrari. Un Congresso dovrebbe servire a questo: ad analizzare e correggere. Ma qui siamo a fare i conti con Xi, di nuovo. Per questo cambiamenti significativi sono irrealistici. La Cina continuerà a rimanere nella sua fortezza».Impensabile un diverso approccio in politica estera?«Sì. Non cambieranno le relazioni con l’Europa, con gli Usa, con Taiwan o l’amicizia con la Russia.Pechino teme un contenimento. E Xi di certo non ha tutti i torti a vederla così. Manca però una discussione su che cosa stia facendo la Cina per esser arrivata ad un punto del genere».I rapporti con la Russia?«È irrealistico pensare che volti le spalle a Mosca, perché danneggerebbe la stessa sicurezza della Cina. Certo, preferirebbe che la guerra finisse il prima possibile, visto che ne sta risentendo. Per questo, nonostante l’apparente distanza vista a Samarcanda, il messaggio di Xi a Putin è stato: finisci il lavoro, vinci».Cosa aspettarci su Taiwan?«Un punto cruciale saranno le elezioni taiwanesi e quelle americane nel 2024. Ma anche quelle di midterm Usa del mese prossimo. Pechino non sta rinunciando ad una soluzione politica della riunificazione, ma più spinge con la pressione più qualsiasi tipo di negoziato diventa impossibile. Questo è il limite della politica di Pechino: sta facendo vedere solo il bastone, nessuna carota».Pechino è sempre più a caccia di nuovi partner che condividano la sua visione del mondo.«Sì, ma è una sfida non da poco.L’unica attrattiva che la Cina offre sono i soldi, gli investimenti. Ma con l’economia che rallenta risulterà sempre più difficile “comprare” qualcuno. Pechino non fornisce garanzie di sicurezza. Ha un grosso portafoglio. Ma se questo si assottiglia l’operazione diventa complicata».Ci dobbiamo aspettare un successore designato al Congresso?«No. Siamo tornati ai vecchi tempi e alle vecchie regole. Anzi, non ci sono più regole. E Xi sta evitando di dirci quanto tempo rimarrà al potere».