Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  ottobre 09 Domenica calendario

I possibili successori di Putin

MOSCA – In Russia è caduto anche l’ultimo tabù. Vladimir Putin non è più “l’eterno presidente”, l’inossidabile monarca prigioniero del Cremlino in nome della stabilità. Settant’anni compiuti venerdì, assomiglia sempre di più a un novello Dottor Stranamore che potrebbe trascinare la Russia, e il mondo, verso la catastrofe. L’Ucraina potrebbe diventare il suo Afghanistan, il pantano che ne anticipa, o ne accelera, la caduta. Tanto che persino i fedelissimi avrebbero iniziato a discutere di quella che fino a poco tempo fa sembrava un’impensabile eresia: il “post”. «Non è che vogliano rovesciare Putin adesso o stiano complottando – ha riferito una fonte dell’amministrazione presidenziale ad Andrej Pertsev, analista russo del think tank Carnegie Politika – ma c’è la consapevolezza, o il desiderio, che potrebbe non governare il Paese nel prossimo futuro». Nelle dorate stanze del Cremlino sarebbe già scattata l’ Operatsija Prejemnik, Operazione Successore, come passò alla storia la macchinazione che il 31 dicembre del 1999 portò Boris Eltsin a cedere il potere a un oscuro agente del Kgb prestato alla politica soltanto da pochi anni. Allora nessuno avrebbe previsto che quell’«uomo senza volto» sarebbe rimasto all’apice della verticale del potere per quasi un quarto di secolo diventando il leader russo più longevo dopo Stalin.Putin si sarebbe dovuto dimettere nel 2024 quando scadrà il suo quarto mandato, ma due anni fa ha promosso una riforma costituzionale che “azzera” i suoi incarichi permettendogli di restare al potere fino al 2036. Non è scontato che si ricandidi. L’obiettivo dell’ obnulenie (azzeramento) potrebbe essere stato non garantirsi il potere a vita, ma scongiurare un mandato da “anatra zoppa” e una battaglia tra i suoi luogotenenti alla ricerca di potenziali successori che destabilizzerebbe il Paese. Il problema di Putin, osserva il suo ex speechwriter Abbas Galljamov in una lunga dissertazione sulla nuova Operatsija Prejemnik per il media indipendente online Poligon,è che «il tempo che la storia gli ha concesso per scegliere il suo successore non è infinito. Più debole sarà nel momento in cui annuncerà il nome, più è probabile che alcuni gruppi dell’élite si rifiuteranno di obbedirgli». Più passa il tempo più si riducono le probabilità di un ordinatotrasferimento di potere e aumentano i rischi di complotti, rivolte o violenze. Gli scenari sono molteplici. E pure i possibili candidati. Che seguono, osserva Pertsev, due opposte strategie: il rumore e il silenzio.«I falchi – spiega il politologo – sono guidati dall’assunto che Putin stesso sceglierà il suo successore, perciò lo imitano nel tentativo di vincerne il favore segnalando che ne difenderanno l’eredità». È il caso del segretario generale del partito Russia Unita Andrej Turchak o del presidente della Duma Vjacheslav Volodin, ma soprattutto dell’ex presidente e premier Dmitrij Medvedev, oggi numero due del Consiglio di Sicurezza. L’ex leader è emerso come uno dei più implacabili falchi contrari a ogni compromesso con Kiev e con i“Paesi ostili”. Sconta però impopolarità e amici sbagliati, ma ha un asso che lo rende prezioso agli occhi di Putin: gli ha dimostrato la sua incondizionata lealtà quando dieci anni fa, invece di ricandidarsi per un secondo mandato al Cremlino, si fece da parte per lasciargli la poltrona.Sta facendo “rumore”, seppure in maniera diversa, anche Serghej Kirienko, primo vice capo dell’amministrazione presidenziale incaricato di curare i rapporti con i territori ucraini. Un tempo schivo, ha moltiplicato le sue apparizioni. Può contare su una vasta rete di fedeli tecnocrati reclutati grazie a due sue iniziative: la Scuola dei Governatori e il concorso Leader di Russia. Almeno la metà dei governatori regionali e un quarto dei viceministri arrivanoda lì. Il suo tallone d’Achille è la sua totale estraneità al mondo dei “chekisti” o “siloviki”, gli uomini delle forze di sicurezza vicini a Putin, e il suo passato. Iniziò la sua carriera al fianco dell’oppositore Boris Nemtsov e durante la sua parentesi da premier nel ’98 fu costretto a dichiarare il primo default russo.Ci sono poi quelli che hanno scelto di non parlare dell’operazione militare. «Il loro silenzio è un atto politico», dice Pertsev. «Si aspettano che a scegliere il nuovo leader saranno le élite che punteranno a un tecnocrate in grado di conciliare interessi opposti». Si tratta del premier Mikhail Mishustin e del sindaco di Mosca Serghej Sobjanin, considerati papabili successori già prima del 24 febbraio. La strategia che li accomuna è che l’offensiva in Ucraina è temporanea, mentre le relazioni con Occidente e Kiev prima o poi andranno ripristinate. Ma il loro silenzio potrebbe ritorcersi contro di loro in caso di vittoria. C’è poi il silenzio benvisto da Putin. Quello, ad esempio, del suo ex “pretoriano” Aleksej Djumin, considerato da anni il possibile delfino.Veterano dell’Fso, il Servizio di protezione federale che garantisce la sicurezza del presidente, ed ex viceministro della Difesa, avrebbe guidato le forze speciali durante l’annessione della Crimea prima di essere nominato governatore di Tula nel tentativo di avvicinarlo al popolo.Galljamov passa al vaglio diversi potenziali successori: il vicepremier Dmitrij Kozak; i più giovani Dmitrij Patrushev, ministro dell’Agricoltura e figlio del capo del Consiglio di sicurezza, e Denis Manturov, ex vicepremier; o i liberali Aleksej Kudrin e German Gref. C’è chi arriva a ipotizzare un’ascesa al Cremlino dell’oppositore in carcere Aleksej Navalnyj o dell’ex oligarca in esilio Mikhail Khodorkovskij nell’eventualità, improbabile, di una rivolta dal basso. Ma la versione 2022 dell’Operazione Successione, mette in guardia Pertsev, al momento resta una “corsa virtuale”. «Putin non ha annunciato l’inizio dei casting e non sta pianificando di lasciare l’incarico. Ma l’interesse mostrato per la corsa dagli esponenti più autorevoli dell’élite, senza menzionare l’entusiasmo dei partecipanti, dimostra che il sistema vuole discutere, e persino vedere, un futuro post-Putin». Il tabù è stato infranto.