Robinson, 8 ottobre 2022
Intervista a Giuseppe Catozzella, vincitore del torneo di Robinson
Andiamo a conoscere questo Catozzella — Giuseppe Catozzella, di anni 46 — autore del romanzo che ilettori di Robinson hanno giudicato il più bello del 2021. Sull’aspetto, per dir così, sportivo della faccenda abbiamo scritto sabato scorso.
Adesso si tratta di conoscere quest’uomo che esercita una delle professioni più rare al mondo: lo scrittore. Egli cioè pretende di vivere, ed effettivamente vive, di scrittura, ha sfornato romanzi che hanno estasiato la critica (vedi la relativa voce di wikipedia) e di questoItaliana(Mondadori), che ha vinto il Torneo letterario di Robinson, Freemantle-The Apartment sta preparando una serie per Rai 1.
Freemantle-The Apartment è la stessa casa di produzione che ha sfornato per la tv le puntate tratte dai romanzi di Elena Ferrante. Dunque, l’operazione si annuncia grossa.
D’altra parte Catozzella è un personaggio di peso, stanno diventando film anche i suoi romanzi precedenti, Non dirmi che hai paura, forte — stando sempre a wikipedia — di mezzo milione di copie vendute in tutto il mondo, e Etu splendi,storia di una famiglia di stranieri che s’è rifugiata in un paesino di cinquanta anime dellaBasilicata. L’attenzione ai problemi dei migranti, e in generale dei diseredati del mondo, gli ha guadagnato la carica di ambasciatore dell’Onu per i Rifugiati. A incontrarlo nella sua casa milanese (librerie fatte di sottili bastoncini di metallo appesi alle pareti, un gran tavolo rotondo, di là la compagna Chiara che prima telefona poi va a prendere all’asilo il figlioletto di un anno e infine rientra col piccolo addormentato in spalla), l’uomo appare modesto e allegro, faccia brunissima e aspetto che più meridionale non si può. Però cadenza inequivocabilmente lombarda.
Sei meridionale o settentrionale?
«Nella nota finale di Italiana parlo della “faglia”...».
Ho letto. «Questo romanzo è dedicato anche alla memoria e agli studi di Alessandro Leogrande, con cui non mi sarei mai stancato di parlare della faglia tra Nord e Sud.
Io stesso di quella faglia sono l’esito, e quella faglia porto dentro». Credo di capire che cosa significa, ma dillo con parole tue.
«I miei genitori sono lucani della provincia di Matera. Papà di Grassano, mamma di San Mauro Forte. Tu dici che si sente che sono milanese. Loro due invece, appena aprono bocca, si rivelano subito per i meridionali che sono. Io, se non ci penso, ho la cadenza lombarda. Ma, appena vado in vacanza giù, parlo senza problemi il dialetto del posto.
La faglia ha un suo modo di rendersi visibile o, se vuoi, concreta. I genitori vennero al Nord al tempo delle grandi migrazioni, mamma prima a Genova, papà subito a Milano».
Mestieri?
«Mamma, Giuseppina Dibiase, viene da una famiglia di microscopica borghesia, il bisnonno faceva l’orefice. Papà, Innocenzo Catozzella, è di razza contadina. Sua madre era la sorella di Gaetano Ambrichi. Hai idea di chi sia stato Gaetano Ambrichi?
Democristiano credente, si mise in testa di difendere i poveri e di lavorare al riscatto dei contadini, eletto in parlamento al tempo di De Gasperi, impose una memorabile inchiesta sulla miseria che portava acqua al mulino dei comunisti e che i suoi compagni di partito avversarono in tutti i modi. De Gasperi lo chiamava “Lombrichi”. In Basilicata vinse Colombo. Questo mio zio, a un certo punto, lasciò perdere la politica, s’accontentò di insegnare. È stato tra i miei maestri».
Tutto questo ha a che
vedere con la faglia?
«I miei, emigrati, presero casa a Bresso, periferia nord di Milano. Io sono nato lì, sono andato a scuola lì, ho giocato con i ragazzini di lì. Ero l’unico di origine meridionale. Mi sfottevano. Tanta sofferenza…».
I milanesi sono razzisti?
«Oh, sì. Molto razzisti».
Guarda che lo scrivo.
«E scrivilo».
Quindi la faglia è cominciata lì.
«Non la facciamo troppo lunga. Mi sento sia settentrionale che meridionale. Vale a dire: non mi risolvo a decidere se sono settentrionale omeridionale.
In che cosasarestisettentrionale?
«Diciamo “milanese”. Mi do un sacco da fare, sono pieno di iniziative, vado evengo…».
E la componente meridionale?
«Gli studi di filosofia. Lacontemplazione. Il cattolicesimo, anche se, senza essere propriamente ateo, non credo in un Dio personale, nel Dio cristiano. Ma lo spirito cattolico ti permea in tanti modi, al di là del fatto religioso…».
Il libro è la storia vera della brigantessa Maria Oliverio. Costei, rimasta vedova del marito brigante Pietro Monaco e infine catturata, ha una storia di sguardi col suo carceriere, nato a Sondrio e in strada contro gli austriaci durante le Cinque giornate di Milano. In pratica, alludendo a quel sentimento tra i due, peraltro impossibile, hai realizzato l’unità d’Italia.
«I due, in tempi e luoghi diversi, avevano combattuto per la stessa cosa. Poi non ti ho detto che io mi sento italiano».
Fino a che punto?
«Italiano. E orgoglioso di esserlo».
A un certo punto della tua vita sei andato a vivere in Australia.
«Sì, avevo anche la fidanzata australiana. Facevo il cameriere.
L’Australia, posto magnifico: vita civilissima, aria pulita, paese ben governato, non manca niente, non ci sono furbizie né camorre».
Perché non sei rimasto lì?
«Volevo fare lo scrittore, e potevo fare lo scrittore solo in italiano e in Italia».
Io provo simpatia per la tua frase, totalmente fuori dal tempo, «sono orgoglioso di essere italiano». E però devo farti notare — e dal tuoromanzo direi che lo sai benissimo — che l’Italia è anche, generalmente parlando, un postaccio.
«Lo so, lo so. Ed è un postaccio soprattutto il Sud. Dico “postaccio” per far prima, il Sud e l’Italia sono terre meravigliose. Ma ci capiamo».
Ci capiamo.
«La questione del Sud si chiama “criminalità organizzata”. O la demolisci o la cosiddetta questione meridionale non si potrà mai cominciare a risolvere».
Portare la capitale a Napoli?
«Ma no…».
Non dare più soldi al Mezzogiorno, ed esentarli dal pagare le tasse a Roma?
«Teorie. I numeri relativi alle entrate e alle uscite del Sud sono completamente falsi, avviene tutto in nero, i numeri veri li sanno solo le mafie».
Non è imbarazzante questo successo al Sud di un partito impegnato quasi solo a difendere il reddito di cittadinanza?
«Ma cosa vuoi, non hanno niente. O gli dai il reddito o scappano all’estero, Dal tempo dei tempi l’assistenzialismo è stata la linea guida di tutta la politica verso il Sud».
Se si facessero due referendum, uno al Nord per sapere se i settentrionali sono disposti a tenersi i meridionali, e uno al Sud per sapere se i meridionali hanno voglia di continuare a convivere con i settentrionali…
«Beh…».
La regola è: basta che in uno dei due referendum vinca la scissione, e Sud e Nord si dividono.
«Vince l’unità d’Italia. Da tutt’e due le parti».