la Repubblica, 8 ottobre 2022
Andrea Pinamonti si racconta
Una vita intera all’Inter, da promessa delle giovanili allo scudetto vinto con Antonio Conte giocando pochissimo, otto partite, e segnando un gol. Tanti traslochi, fino all’addio definitivo, destinazione Sassuolo, che l’ha prelevato in estate in prestito con obbligo di riscatto. Con la maglia neroverde oggi Andrea Pinamonti, trentino, 23 anni, sfida proprio l’Inter, una passione di famiglia: «A casa siamo sempre stati interisti».
Pinamonti, com’è iniziata?
«Una porta di quelle di plastica, che papà mise in giardino: solo che a ogni tiro se prendevi il palo si spaccava. A mio papà piaceva viziarmi con queste cose, voleva che fosse tutto perfetto per poter far succedere qualcosa. Sono ricordi belli, ogni tanto devi pensarci per ricordarti da dove sei partito».
Il ct Mancini ha detto che ai ragazzi di oggi manca aver giocato in strada.
«Io ci sono cresciuto in strada: a Cles, il mio paesino, c’era solo un campetto in cemento. Finita la scuola era tappa fissa, quando suonava la campanella si scendeva in strada, le mamme a casa e i ragazzi al campetto.
I compiti potevano aspettare».
Quando è statal’ultima volta?
«So che non potrei, ma quando l’estate torno a casa vado al campetto con gli amici a giocare e devo litigare con mio papà che ha paura mi faccia male. Ma è passione, non ci pensi. I miei due o tre amici del cuore sono abituati, per loro è normalissimo giocare con me, è la cosa che apprezzo di più. Poi ci sono i conoscenti che sono frenati, hanno paura di farmi male. E non mi diverto, mi accorgo che non posso fare le cose che facevo a dieci anni».
E le manca?
«Mi manca tantissimo. La gente là fuori ti dice che se fai il calciatore non hai problemi nella vita: sì, siamo privilegiati, ma tante piccole cose non le fai più, se escia bere una birra con gli amici e non sei abituato a questo tipo di vita non ce la fai. Anche gli amici, non sai mai chi siano quelli veri, solo quelli di quando avevi otto anni».
Nella sua famiglia il calcio era importante?
«Mio papà è sempre stato un appassionato: prima che nascessi andava in curva a vedere l’Inter, un bel viaggio da casa. Mi portò a San Siro che ero piccolissimo, non ricordo nemmeno la partita».
E sua mamma?
«Mi dice sempre: Andrea, per favore, non protestare con gli arbitri. Ma in campo si fa un po’ fatica, con qualche arbitro ho litigato».
Domenica scorsa ha segnato su rigore concesso dal primo arbitro donna in Serie A. Come è stato, visto dal campo, il debutto di Maria Sole Ferrieri Caputi?
«È stata gentile, a fine partita mi ha chiesto come stavo dopo il problema intestinale che ho avuto all’intervallo. E ha arbitrato perfettamente».
Oggi invece ritrova l’Inter: l’ha affrontata 7 volte, 7
sconfitte. Sfortuna?
«No, sono forti. Proveremo a cambiare il vento».
Ma ce l’ha un po’ con Conte che due anni fa la fece giocare poco?
«Quando arriva la domenica e non giochi, rosichi. Ma capivo chi avevo davanti. Anzi, Conte lo devo ringraziare, sono cresciuto tanto quell’anno. A gennaio avevo chiesto al mister di poter andare via, lui è stato sincero, mi ha detto: non posso dirti che sarai titolare, ma voglio che tu stia qui, i benefici li vedrai in campo. Ho dovuto mangiare tanta merda… Ma ho avuto la soddisfazione dello scudetto, che sento molto mio perché sono cresciuto lì da quando avevo 14 anni. E a Empoli ho visto che riuscivo ad applicare le cose imparate allenandomi contro i difensori dell’Inter».
Però di tempo ne ha perso: nel 2018 Mancini parlava di lei per la Nazionale. Oggi aspetta ancora l’esordio.
«Ero l’unico del ’99 già in Serie A, gli altri erano in Primavera o in B, era normale si parlasse di me. Ma la Nazionale è un obiettivo ancora valido. Ho 23 anni, no?».
L’ha penalizzata finire nella logica delle plusvalenze?
«No. Col mio agente ho sempre cercato la soluzione migliore per crescere. Se fuori c’erano altre questioni, plusvalenze e cose varie, erano tra le società. Ma il nome era il mio, le critiche arrivavano a me».
Ha letto cose che le hanno dato fastidio?
«Quando sei dentro non ci fai più caso. Non mi dà fastidio se mi danno 4 in pagella o se dicono che 20 milioni per Pinamonti sono troppi. Ma a volte leggo cose scritte o dette con cattiveria. Non capisco questa frustrazione e non leggo».
Però le pagelle le legge.
«Non più. Le leggevo, ma al Genoa andavamo male, il pubblico era caldo, ho preso le prime critiche, non ero abituato e mi sono servite. Lì ho smesso di leggere tutto».
Parlate mai di temi sociali nello spogliatoio?
«Non siamo un branco di pecore che pensano solo a due cose, di cui una non si può dire. Di solito parla chi ne sa di più, soprattutto i più grandi d’età. Io sto zitto e ascolto».
Il Sassuolo ha lanciato Scamacca e Raspadori. Ha pensato “lì faccio il salto”?
«È vero, il Sassuolo sta sfornando calciatori e ha una visione a livello europeo. Ma se sto qui è per continuare a fare quello che ho iniziato l’anno scorso: giocare tanto e fare tanti gol. Quello che succederà non possiamo saperlo, ma non sto qui per andare chissà dove tra poco tempo».