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 2022  ottobre 08 Sabato calendario

Intervista a Vincenzo Salemme

Da giovane, a teatro, Vincenzo Salemme è stato diretto da Eduardo De Filippo, i primi tre film li ha fatti con Nanni Moretti, poi per il cinema l’hanno voluto anche Martone, Tornatore e Rubini, spesso Carlo Vanzina, e ha firmato dodici film, allestendo tante sue commedie.
Dopo 100 repliche riprende il 14, al Diana di Napoli, un testo-decalogo di tutti i luoghi comuni sui partenopei (da un suo libro per Baldini+Castoldi) che senza mezzi termini s’intitolaNapoletano? E famme ‘na pizza!, in replica ancora a Forlì, Bologna, Firenze, Milano e Roma. E ha in mente di realizzare in tv tre suoi testi.
Il suo curriculum elenca 47 film e 32 spettacoli. È più un artista di cinema che di teatro?
«Ma no. I 32 lavori dal vivo sono del mio repertorio. Non considerando le recite con Eduardo e con Luca, e con Cecchi, Mauri e altri. In passato un titolo di teatro durava 8-9 mesi, oggi la metà. Vivo molto di più in scena».
Come è cominciata la sua vocazione?
«Già al liceo organizzavamo commedie. Al Posillipo di Napoli per unaNapoli milionaria cercavano il Figlio e io nel ‘76, a 18 anni, venni accettato passando presto a protagonista. Poi feciNu bastone chiacchierone di Petito al San Carluccio in compagnia con Marisa Laurito e Linda Moretti. Dopo venneBallata e morte di un capitano del popolo con Tato Russo. Mi notò Sergio Solli, attore di Eduardo, mi segnalò al Maestro che cercava comparse per la tv e che rispose: “No, facciamogli pronunciare qualche battuta a ‘sto ragazzo, così piglia la paga”. Piacqui a Pupella Maggio, che lo convinse a farmi l’audizione anche perIl cilindrocon lei, Monica Vitti, Ferruccio De Ceresa, Luca. Eduardo mi chiese “Non avete paura d’un provino davanti a tutti?”, gradì la mia faccia tosta e mi prese».
Segue l’ingresso in compagnia, col pubblico.
«Festeggiando il compleanno al Teatro Tenda, Eduardo mi volle con
Gassman, Vitti e Mastroianni, a cui feci da spalla ne L’arte della commedia. L’anno dopo recitavo nei suoiGennareniello, Dolore sotto chiaveeSik Sikin cui ero un orchestrale che rullava fuori tempo.
Finivamo all’una di notte e lui annunciava ancora poesie. Tra l’80 el’81 passò il testimone a Luca, col quale feci al Valle La donna è mobile,unDon Giovanni, ero Sganarello, altri testi. Finché nel ‘90, dopo aver lavorato con Gianfelice Imparato inGolpe e neIl muro, fondai la compagnia “Chi è di scena” insieme a mia moglie Valeria».
Inizia il capocomicato a base di suo repertorio, regie e scritturati.
«Un meccanismo cui non ho più rinunciato, che m’assicura il contatto diretto con la gente. Il primo botto è nel ‘93 perLa gente vuole ridere con Buccirosso, Casagrande, Paolantoni, Paone, poi venne E fuori nevica!… ».
Nell’81 inizia un percorso parallelo nel cinema.
«Con tre film di Nanni Moretti. Mi scoprì per caso al Valle e mi chiese d’entrare inSogni d’oro.Dopo fu la volta diBianca eLa messa è finita.
Con Martone ci conoscevamo dalla scuola e mi propose Morte di un matematico napoletano. Sono stato un fantasista di varietà inBaarìa di Tornatore, ho partecipato a vari film di Carlo Vanzina, tra stima e amicizia. Rubini ha tenuto a me ne I fratelli De Filippo per la mia appartenenza».
E ha creato una suacinematografia.
«Non sono un regista nel senso tecnico della parola. Nel ‘98 m’è stato chiesto un film dalla mia commediaL’amico del cuore. Ora mi riesce naturale. La pratica teatrale si diversifica nelle repliche e nelle platee. Il cinema, dove non hai riscontri, dovrebbe recepire l’imprevisto come leMetamorfosi di Ovidio. In tv faccio un teatro in diretta, non registrato. Ora ho un altro progetto televisivo basato su tre mie commedie, dal vivo».
Quante volte è mutato il suo attuale spettacolo?
«È rimasto un catalogo dei cliché sui napoletani. Come si può parlare con una risatina dei tanti percettori del reddito di cittadinanza? E si può continuare con la retorica de ‘A livelladi Totò, di canto, Vesuvio, San Gennaro, tifo per il Napoli, scaramanzia, imbroglioni?».
Che c’è di immutabile nel Dna di Salemme dai suoi 18 ai 65 anni attuali?
«Temo d’avere la stessa struttura dei pensieri: il mondo è una realtà variabile ma io sono in un uovo trasparente, non reagisco bene, mi chiudo in me stesso, solo grazie al dolore ho imparato che la vita ti può sorprendere. Anche la comicità è un cliché: non evolve, ridi sempre se qualcun altro scivola, e l’unica responsabilità è la condivisione col pubblico».