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 2022  ottobre 08 Sabato calendario

Il lamento di Luca Bizzarri, rimosso da Palazzo Ducale

«Mi hanno sostituito non per quello che ho fatto a Palazzo Ducale, ma per quello che ho fatto, e detto, altrove»: Luca Bizzarri, attore, è da ieri ex presidente della Fondazione di Palazzo Ducale di Genova, che guidava dal 2017. Per cinque anni Bizzarri è stato il Puck dell’amministrazione di centrodestra in Comune, con il sindaco Marco Bucci, e in Regione, con il presidente Giovanni Toti, con la sua voce disincantata e talvolta critica. Al suo posto è stato nominato il manager culturale Beppe Costa, presidente dell’Acquario di Genovae di Opera laboratori fiorentini.
Bizzarri, solo qualche giorno fa, il sindaco di Genova le aveva confermato la fiducia: cosa è successo?
«Mi dispiace e non capisco la motivazione della scelta. Lui mi ha parlato di caducità della vita e degli incarichi, precarietà dell’esistenza e delle nomine: è un discorso che mi tornerà utile quando dovrò inventarmi scuse poco plausibili. In realtà cambiare metà cda, significa sfiduciarne il lavoro. Visti i nostri numeri e i risultati concreti realizzati, forse i motivi veri risiedono da qualche altra parte».
I motivi “veri” sono politici?
«Non sono stato sostituito per quello che ho fatto al Ducale, ma per quello che ho fatto da altre parti. Anche il mio podcast quotidiano deve aver contribuito».
Ha mai ricevuto pressioni?
«Non politiche, ma organizzative: il sindaco ha sempre voluto sapere dettagliatamente cosa succedesse al Ducale, ma senza indirizzarmi. Anche perché né lui, né altri ci sarebbero riusciti. Ho lavorato in assoluta libertà».
Ha scritto su Facebook che Genova è una città “dove con la scusa della cultura si soddisfano ambizioni personali o, peggio, si fanno affari”. Pensa di andare in procura?
«Non ho visto nulla di illegale, chiariamo. Ma un modo di fare cultura fatto di avidità, utilitarismo, sgomitate. Nel mondo culturale genovese girano soldi e chi lo frequenta, spesso, lo fa per denaro o per narcisismo. Io la notorietà l’ho già, il mio incarico era a titolo gratuito e ho rinunciato a tutti rimborsi spese. Dalla mia prospettiva, ho visto cose divertenti».
Alla guida del Ducale si passa da un attore nazionale creativo e un po’ polemico a un manager della cultura.
«Mi auguro che Costa, avendo un profilo così diverso, avrà meno difficoltà di me».
Rimane al suo posto la direttrice Serena Bertolucci, scelta da lei, anche se il suo contratto scade tra un anno.
«A differenza della mia, la presenza al Ducale di Bertolucci è imprescindibile. Appena nominato, ho passato momenti pessimi, notti insonni, non mi fidavo di nessuno: solo quando è arrivata lei tutto è cambiato. L’ho proposta io e se non l’avessero accettata, me ne sarei andato».
Qual è stata la sua più grande soddisfazione in questi cinque anni?
«Durante la pandemia: Bertolucci ha ottenuto il prestito di una versione delle “Ninfee” e ci siamo inventati la mostra “Cinque minuti con Monet” per tornare a godere l’arte in presenza ma in sicurezza, rimanendo da soli davanti al quadro. Nella tragicità del momento, i musei si inventavano soluzioni: la nostra è stata una delle più forti».
Tornerà attore a tempo pieno?
«Non ho mai smesso. Devo ora dedicarmi alla mia scuola, il Cfa, Centro di formazione professionale, che ho trascurato perché non volevo alcun conflitto di interesse. Appena mi incaricarono al Ducale, mia madre corse nell’atrio del palazzo dove c’erano diversi volantini, anche della mia scuola, e li buttò via tutti, per paura che qualcuno pensasse che io approfittassi della situazione».
Mai più alla guida di un’istituzione culturale?
«Perché no? Lo rifarei. Magari quella in cui sono “nato”: la scuola di recitazione del Teatro stabile di Genova. Il mio cuore è lì».