Corriere della Sera, 8 ottobre 2022
Intervista a Fabio Fazio sui 20 anni di Che tempo...
«Ormai ci sono dirette social che fanno più ascolti di tanti programmi televisivi, persone che hanno più follower di un ascolto medio. Nel mondo sempre più frammentato della comunicazione è un orgoglio che Che tempo che fa sia diventato un classico della tv». Con questo fanno 20 anni e Fabio Fazio torna in onda da domani su Rai3. Tra gli ospiti: Enrico Letta, Mengoni, Bebe Vio, Burioni («anche se facciamo finta che il Covid è passato, non è così»).
La tv è completamente cambiata ma lei è ancora qui. Il segreto?
«Quando ho cominciato vivevamo in un’altra era geologica, il ruolo della tv oggi è stato rivoluzionato dai social e dalle piattaforme; la tv generalista per durare ha bisogno di volti riconoscibili: la riconoscibilità delle linee editoriali e dei volti sono requisiti fondamentali per non smarrirsi in una inestricabile foresta di programmi. E il nostro è sopravvissuto anche a tanti cambi di rete... Che tempo che fa è stato prima il programma della mia maturità, ora della mia vecchiaia...».
I momenti da ricordare?
«Tanti. A partire dall’affetto del pubblico che mi ferma per strada. Che tempo che fa mi ha fatto imparare tante cose: i libri che leggi, i film che vedi, le persone che incontri. Ho avuto la fortuna di intervistare Gorbaciov, Obama, Bill Gates, premi Nobel, il mio mito Walter Bonatti, star hollywoodiane e scrittori. Ma l’intervista a Papa Francesco è un avvenimento che cambia per sempre la vita, non solo professionale, di una persona. Però per pigrizia e scelta scaramantica non ho grande memoria delle cose che ho fatto, quindi eviterò di aggiungermi alla schiera di quelli che scrivono libri di memorie e ricordi, un genere abusato. A meno che tu non abbia inventato la penicillina viene da chiedersi se hanno senso...».
Vent’anni di soddisfazioni ma anche di attacchi...
«Gli attacchi della politica non fanno mai piacere soprattutto perché ci si ritrova soli. Vivo il mio mestiere con tranquillità, faccio quello che so fare e il mio riferimento è solo il pubblico. E poi nessun mestiere, in particolare questo, si può fare con il rancore. Le amarezze per mia fortuna le dimentico, un altro privilegio dell’essere smemorati».
Quindi non la preoccupa una Rai sempre più a destra?
«Non si può cambiare un programma televisivo a seconda del governo in carica, un panettiere non cambia il pane che fa se governa la destra o la sinistra».
Al suo fianco c’è sempre Luciana Littizzetto. Mai pensato di cambiare?
«No, sono fedele. Luciana è il nostro perno e punto di riferimento: credo non ci sia al mondo un comico che faccia 30 performance in prime time in tv, è un caso unico».
Al Tavolo Mara Maionchi sostituisce Orietta Berti (ora «fuggita» a Mediaset).
«Mi piace la sua vitalità, il suo ottimismo. In un periodo di grande paura collettiva, il buonumore è una forza vitale irrinunciabile».
Frassica?
«Nel suo caso non parli di una persona ma di un genere: lui incarna il genere Nino Frassica. Ha un suo mondo che ogni volta ti sorprende».
Ci saranno anche Solenghi e Lopez.
«Due fuoriclasse. In senso letterale: hanno una classe fuori dal comune, e siccome è già raro avere classe, essere fuoriclasse in questo mondo improvvisato rappresenta un valore enorme».
Le camicie a righe di Marzullo non l’hanno stufata?
Ride: «No, in questi momenti di turbamento mondiale sono una delle poche certezze dell’umanità».
Il ruolo di Filippa Lagerback non è troppo decorativo e sminuente?
«Non è certo Che tempo che fa che definisce Filippa, lei fa tante cose nella vita: la sua presenza è un regalo che lei fa a noi».
Sempre al centro dell’attenzione: come si controlla l’ego?
«Non ho l’abitudine di vedermi in tv, anche perché la diretta scongiura anche solo la tentazione. Sono 40 anni che faccio tv e penso di aver visto al massimo tre ore di tv fatta da me. Se incappo in un mio programma, cambio canale. Questo aiuta anche a ridimensionare l’ipertrofia dell’ego, un rischio feroce per chi fa questo mestiere».