La Stampa, 7 ottobre 2022
Intervista a Martina Aloi di Montà d’Alba, la princiessa del tartufo
Se avete ancora un’idea del trifolao come un tipo burbero con il cappello di paglia, due grandi baffi, i pantaloni di velluto e la camicia a scacchi, è arrivata l’ora di aggiornare il vostro immaginario. Il cercatore di tartufi 2.0 può avere il volto fresco e sorridente di una ragazza come Martina Aloi di Montà d’Alba, 24 anni tra pochi giorni, che parla fluentemente l’inglese e il francese, considera il bosco la sua seconda casa e tratta il cane come un inseparabile fratello. Diploma alberghiero appeso in camera, divide il suo tempo tra le rocche intorno a casa e l’agriturismo di famiglia, dove con mamma Claudia, papà Luca e la sorella Vittoria (anche lei abile cercatrice ventenne) accolgono turisti in arrivo da tutto il mondo sulle colline di Langhe, Roero e Monferrato, desiderosi di scoprire il fascino misterioso e profumato del tuber magnatum pico: il fungo ipogeo più pregiato e prezioso, dal carattere molto suscettibile, che cresce spontaneo dove gli pare e si lascia trovare solo dal fiuto formidabile di un quattrozampe ben addestrato.
Martina, come si declina «trifolao» al femminile?
«Non ne ho la più pallida idea e neppure mi interessa. C’è chi mi chiama “trifolera”, ma direi che cercatrice va benissimo. L’importante è tenere alta la bandiera: io e mia sorella siamo le uniche due ragazze che vanno per tartufi in tutto il Roero, mi pare ce ne sia solo un’altra in Alta Langa. È un mondo ancora molto maschile, ma io mi trovo a mio agio, anche se di notte non esco mai da sola: meglio andare in compagnia di papà».
È stato lui ad averle trasmesso la passione per i tartufi?
«Sì, ma ancor prima mio nonno materno Gino e un prozio, Giuseppe, che purtroppo non c’è più. Diciamo che è una passione di famiglia: ricordo le passeggiate tutti insieme, il mio primo cucciolo, l’abitudine coltivata da sempre a vivere a contatto con gli animali e la natura».
Quanti cani avete?
«Sei, ma la mia compagna più fedele è Edvige, un bracco tedesco incrociato con un pointer che ha appena compiuto dieci anni. Il nome glielo ha dato mia sorella, che è una appassionata di Harry Potter, ma il legame che abbiamo instaurato io e lei è inscindibile. Trascorriamo molte ore insieme tutti i giorni, è una specie di simbiosi, la stessa che ha il tartufo con la pianta».
Come si addestra un cane da trifole?
«Noi all’inizio ungiamo le mammelle della mamma con l’olio al tartufo, così si crea un imprinting e i cani si ricorderanno del tartufo per tutta la loro vita. Poi, dopo lo svezzamento, gli facciamo mangiare una gran quantità di tartufo nero, mescolato alla carne di pollo tritata. Nel frattempo, li facciamo giocare con una pallina da tennis dove dentro è stato infilato un tartufo. Infine, iniziamo a nasconderli in giardino, nei posti che loro conoscono e di cui percepiscono tutti gli odori. Chi li trova per primo, riceve una ricompensa. Nei boschi si inizia ad andare quando hanno 4 o 5 mesi, facendo attenzione che non mangino qualche boccone avvelenato».
A voi è capitato?
«Purtroppo sì. Tre anni fa ci hanno avvelenato una cucciola molto in gamba, Tea. Può sembrare assurdo, ma tra i trifolao c’è ancora molta rivalità e gelosia e non è infrequente che qualcuno cerchi di sbarazzarsi di un po’ di concorrenti in questo modo orribile. Per fortuna le nuove generazioni sono più sensibili e la competizione resta nei limiti del lecito».
Chi viene a cercare tartufi con voi? E quanto paga?
«Arrivano davvero da tutto il mondo: abbiamo appena ospitato un gruppo di finlandesi e gente da Singapore. Ma arrivano molti statunitensi, messicani, brasiliani e argentini, dall’Australia, dalla Nuova Zelanda e dal Sudafrica. Per un gruppo di quattro persone, si pagano cento euro: se troviamo un tartufo nero, glielo lasciamo in omaggio, se invece è bianco trattiamo sul prezzo e li invitiamo a consumarlo direttamente nel nostro agriturismo, con mamma in cucina».
E con quale abbinamento?
«Faccio una premessa, che può sembrare un’eresia: io non mangio tartufi. Mi piace il loro profumo, ma non amo il loro sapore troppo intenso. Il vero intenditore in famiglia è nostro fratello minore, Mattia, che ha solo 12 anni e ne mangerebbe senza sosta. Mamma e papà, invece, hanno una specie di rito: si concedono solo il primo e l’ultimo esemplare della stagione, rigorosamente sulla carne cruda tagliata al coltello. I piatti migliori sono quelli semplici, dai tajarin all’uovo al tegamino: ci pensa il tartufo a nobilitare la ricetta».
Ma quest’anno avete già trovato qualcosa?
«Poco e di piccole dimensioni. Purtroppo, la siccità di quest’estate sta presentando il conto e in generale il cambiamento climatico ci sta mettendo in seria difficoltà. Il tartufo è una sentinella formidabile per comprendere lo stato di salute del bosco: se non c’è acqua, se il terreno è inquinato, se gli alberi non sono in forma, puoi scavare quanto vuoi, ma non ne troverai neanche l’ombra. Per questo da tempo facciamo la danza della pioggia, sperando che la situazione migliori tra qualche settimana. Poi c’è la questione della tutela dell’ambiente: da noi a Montà il sindaco ha vietato l’abbattimento di tutte le piante tartufigene, dal tiglio al salice, pioppo o quercia, se non con la supervisione di una commissione di cui fa parte anche un trifolao. Se non corriamo ai ripari, tra qualche anno sarà carestia per tutti».
Il suo tartufo più grande?
«Un esemplare di 140 grammi: non un’enormità, ma una soddisfazione incredibile. Il record di mio padre è stato un tartufo di 340 grammi. Nel Roero le trifole hanno un profumo e un sapore inconfondibile, perché il terreno delle nostre rocche è ricco di calcio rilasciato dalle conchiglie fossili degli antichi fondali marini. Una volta se ne toglievano molte di più, ora una buona stagione ti consente di arrivare al massimo a un chilo e mezzo, non di più. Anche per questo motivo i prezzi sono saliti alle stelle. Noi vendiamo solo ai privati e a chi accogliamo in agriturismo, ma ormai le quotazioni non scendono mai sotto i 400 o i 450 euro l’etto”.
Dica la verità: suo padre le ha già consegnato la mappa dei posti migliori?
«Giriamo da anni negli stessi luoghi e ormai li conosco quasi tutti, ma sono sicura che non mi ha ancora svelato ogni cosa. Ogni tanto parte da solo con il suo cane e non dice niente a nessuno: i trifolao sono fatti così, impossibile scalfire fino in fondo i loro misteri». —