la Repubblica, 7 ottobre 2022
Intervista a Miuccia Prada
i pensava da una decina d’anni, portare alla Fondazione non solo arte, esporre non solo gli oggetti, le immagini, le cose che chiamiamo arte, ma anche dare corpo e visibilità, a pensieri, studi, idee, ricerche, inventare mostre, vere mostre, su temi che di solito non le ispirano, temi non astrusi, non passeggeri, non futili, ma essenziali, come la politica, le religioni, il femminismo, il clima, la scienza.
Miuccia Prada si lascia alle spalle la recente sfilata e uno dei suoi mondi, quello della moda e quindi creatività, produzione, mercato, frivolezza; e ne incontra un altro che l’affascina, quello della scienza, nei due giorni del forum che conclude il progetto triennale della Fondazione, Human Brains,dedicato agli studi sul cervello.
«Una mattina mi sveglio, chiamo Massimo Cacciari e gli parlo di questa mia intuizione, di questo desiderio, e lui resta un po’ interdetto, poi mi dice: ‘Se vuoi fare una mostra scientifica, scegli le neuroscienze che sono il punto più avanzato di questi studi’. Io ne sapevo qualcosa, vagamente, e lui mi ha introdotto a Giancarlo Comi, professore di neurologia all’Università San Raffaele, che ha subito messo insieme un comitato scientifico che a sua volta ha scelto un certo numero di specialisti, con un compito affascinante e nuovo per tutti loro e noi: organizzare una mostra che, in quanto tale, quindi anche visivamente, avesse come tema il cervello: anzi i cervelli, perché ognuno ha il suo, e noi siamo tutti diversi, da legare a incontri scientifici, a una serie di eventi chiamata Human Brains».
La mostra c’è stata, ha conquistato l’immancabile pubblico della Fondazione, tanti giovani e tanti stranieri, e adesso,con il forum, Preserving the brains,si chiude. Resta indimenticabile per la sua unicità e importanza, con le immagini ingigantite e colorate dei microscopi che paiono dei Kandinskij, dei Kusama, dei Richter; e sono invece il percorso della degenerazione del cervello quando è colpito dall’Alzheimer, dal Parkinson, dalla Sclerosi Multipla e Sclerosi Laterale Amiotrofica. Capisco i forum online, il convegno, ma le mostre, come diventa mostra una malattia senza scampo?
«Credo che questa Preserving the brains sia riuscita a centrare quello che per me è il cuore del problema, fare in modo che una istituzione di arti visive che attrae tanti visitatori come la Fondazione sia riuscita a valorizzare, a cercare di rendere di facile comprensione un tema vitale della scienza che colpisce la nostra società, di cui si parla molto senza averne una conoscenza approfondita. Io ho un’ossessione, usare gli strumenti di cui dispongo, il mio lavoro, il successo della Fondazione, la fama del marchioPrada, per fare cose utili che possano migliorare la conoscenza, la coscienza, la convivenza della gente».
Dalla moda, mi scusi, all’Esercito della Salvezza?
«Io sono nata come un animale politico, mi sono laureata in Scienze politiche, e da giovane ho fatto attività politica e intellettuale. Poi sono stata prestata alla moda. Lo dico con imbarazzo. In quegli anni, gli anni ’70, da donna di sinistra, da femminista, mi vergognavo di fare le borsette, e mi vergognavo anche perché era un mestiere che mi piaceva molto. Lo stesso imbarazzo l’ho provato quando con mio marito abbiamo cominciato ad occuparci d’arte: temevo si pensasse che volevo cercare una strada per farmi bella, per darmi un’immagine virtuosa che mi riscattasse dalla fortuna del mio mestiere. Prima di tutto avevo bisogno di ottenere il rispetto della comunità artistica, e agli inizi ho tenuto nettamente separate l’arte e la moda; per dimostrare che volevo essere brava solo nel mio lavoro,non impormi in un campo che non è il mio ma che comunque mi appassiona molto, a cui tengo molto».
Mi pare che questo rispetto lei lo abbia ampiamente ottenuto e quindi la fiducia nella Fondazione Prada con cui chiunque è ben contento di lavorare.
«Il grande vantaggio del mio lavoro è che ci tiene ancorati alla realtà, credo che la Fondazione se ne avvantaggi perché spesso chi si occupa d’arte vive una realtà che non è quella degli altri, e i risultati possono risultare troppo seri, di difficile comprensione, estranei, pesanti. Io sono invece convinta che la cultura deve essere piacevole, attraente e aiutare a capire la vita, a vivere. Ad essere felici. Io ho sempre cercato di suggerire anche per le mostre la velocità e la vivacità della moda, il suo glamour. La moda è pop, come la musica, la gente oggi è pazza della moda e la moda non va separata dalla cultura. E per esempio l’anno prossimo approfitteremo della chiusura per restauri della Specola, il museo di storia naturale di Firenze, per esporre i suoi tesori unici, come i 1400 modelli anatomici settecenteschi di cera. Sono oggetti appassionanti, e a renderli attraenti a tutti ci penserà il curatore, che forse, se dice di sì, sarà un famoso regista di cinema. E altro non dico e non posso dire. Poi metteremo in mostra anche altri piccoli musei italiani spesso sconosciuti».
Mi può spiegare come una mostra sull’Alzheimer e le altre patologie del cervello possa essere piacevole e vivace?
«Perché con immagini molto belle dice la verità, mostra i misteri fisici del corpo e la complessità del male, il suo percorso che per ora, se in fase avanzata, non ha soluzioni. Ed è giusto saperlo. Ma illustra anche la speranza dei nuovi studi che spiegano come si possa intervenire
dai primissimi stadi, identificando e trattando la malattia quanto prima possibile, in fase pre-clinica, già almeno sedici anni prima che si manifestino i primi sintomi. Per rallentarla, almeno in questa fase.Non le sembra confortante?».Lo so che è molto piaciuta, ma io la volevo più politica, cha affrontasse la figura dell’artista sotto i regimi, il suo modo di reagire alla censura. C’è chi si ritira, chi espatria, chi aderisce, come è avvenuto in Italia in quel ventennio. Pensavo a un confronto con l’oggi, con l’artista che vuole esprimersi in paesi non democratici. Era invece una mostra storica sull’arte del periodo fascista, un’altra cosa».Oggi si potrebbe fare una mostra non solo sulla censura sotto le dittature, ma anche nelle grandi democrazie che censurano proprio in quanto tali.«Certo la cancel culture, un’autocensura che nasce dal political correct, altrettanto pericolosa di quella che imbavaglia le persone nei regimi illiberali».Parlando di politica, non l’ha stupita che nello scontro elettorale si sia appena accennato alla scienza, cioè al futuro del nostro benessere, mentre la Fondazione se ne stava occupando con impegno?«Ho preso la decisione, non so se giusta o no, di fare attività politiche ma di non parlare di politica.Adesso anche agli stilisti chiedono opinioni politiche. Io odio gli opinionisti in generale. Poi penso che anche se volessi non potrei fare politica, perché sono la stilista di un brand di lusso. Mi sentirei a disagio, forse sbaglio ma è così. E poi sono più brava a fare che a parlare. A me piace fare».Però sin da ragazzina lei ha avuto una formazione politica, quindi immagino che senza occuparsene direttamente, in qualche modo sia la politica a dare un senso alle sue scelte di vita.«Le scelte politiche le faccio col mio lavoro e sono sotto gli occhi di tutti.Credo di non aver mai fatto un vestito da donna oggetto, che non corrispondesse quindi alle mie idee, di nessun mio capo mi sono mai vergognata».Perché una donna politica non può essere sexy?«Non l’ho mai pensato. Però credo fermamente che non sia giusto adeguarsi all’idea ovvia di sexy che si immagina sia maschile, quella di esporre il corpo e mitizzare la giovinezza. E colpire al primo sguardo, superficialmente. È una guerra perduta, perché ci sarà sempre una donna più giovane o più bella. Ma anche più brutta, capita. È la testa a rendere davvero attraente una donna».Ha ragione: ricordo anni fa, in tempi non islamizzati, in un albergone del Cairo c’era un ricevimento, arrivavano bellesignore egiziane vestite Versace, provocanti, ma gli sguardi cupidi degli uomini andavano tutti alle signore occultate sotto il chador, a caccia di uno spiraglio di femminilità.Miuccia Prada ha l’aria spoglia che ne ha fatto il mito di una certa classe di signore, niente trucco, capelli lisci color rame, begli occhi lucenti dello stesso colore, lo sguardo concentrato, una grande attenzione alle parole; orecchini antichi, un golfetto arancione, poi quando uscirà indosserà un classico impermeabile maschile di grande taglia che la nasconde. E capisci il senso della sua moda.Siamo nel suo immenso studio dove tutto è bianco, sul tavolo la teiera con una misteriosa tisana, tartine vegetali e champagne: con noi Chiara Costa, la storica dell’arte a capo dei programmi culturali della Fondazione. A lei il compito di trovare assieme alla signora Prada, il modo direalizzare una mostra sul pensiero femminista. Arduo programma.«Lo so. I femminismi sono tanti, esprimono diversi punti di vista non sempre conciliabili. La difficoltà è trovare la persona che sappia mettere insieme tutto, che non sia di parte. A una cena ho incontrato Tarana Burke, l’attivista americana che ha lanciato il MeToo addirittura nel 2006, dieci anni prima della marcia ai Golden Globe. E ho pensato, quella è una voce, io ne vorrei raccontare molte e diverse».Lei ha due figli adulti, dalle foto gran bei ragazzi. Lavorano con lei e suo marito?«Lorenzo è entrato in azienda, è molto interessato alla Fondazione e alla cultura. Giulio si occupa d’altro, scrive, lavora ad un film.Adesso sta facendo la regata del giro del mondo in barca a vela».Il forum che si è tenuto ieri e continua oggi ospita i rappresentanti di 13 tra i piùprestigiosi istituti e università di neuroscienze del mondo, da USA, Canada, Israele, Giappone, Cina, Italia e altri paesi europei. Tra cui un’eccellenza italiana, Alberto Ascherio, che naturalmente non lavora qui ma a Boston, le cui recenti ricerche hanno fatto luce sulle cause della sclerosi multipla, che individua nel virus della mononucleosi o malattia del bacio un possibile fattore scatenante. E la sera del 6 al ristorante Torre della Fondazione i padroni di casa, Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, hanno accolto per un working dinner 90 neuroscienziati: cena si immagina squisita ma proba, tanto che tra una portata e l’altra, ci saranno interventi dedicati ai fattori a rischio modificabili.Cioè cosa possiamo fare noi nel nostro quotidiano per tutelarci dalla malattia.Non si deve dire ma insomma, buon appetito!