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 2022  ottobre 07 Venerdì calendario

Intervista a patty Jenkins

Tra i Sassi di Matera Patty Jenkins si sente a casa. Qui, cinque anni – un’era – fa, è partita l’avventura diWonder Woman con cui la cineasta americana, cresciuta orfana di padre pilota militare e con l’ossessione di Superman, ha rotto il soffitto di cristallo che separava le donne regista dalle grandi produzioni con un incasso da 822 milioni di dollari. E dopo il nuovo traguardo, ancora più in alto, nello spazio: sarà la prima a dirigere un film della saga Star Wars, Rogue Squadron. Jenkins è ospite al Matera Film Festival (fino all’8 ottobre), la incontriamo al Teatro Guerrieri. «Surreale essere qui, dove è iniziato il viaggio. È stato tra i primi set, ed è Themyscira, il luogo da dove viene Wonder Woman, dove l’abbiamo filmata da bambina. Oggi camminavo e ho visto il posto dove la piccola Diana salta e viene catturata: ho ricordato quanto fossi stressata, ma oggi posso dire “Dio, ha funzionato“».
Girerà qui “Wonder Woman 3”?
«Themyscira non è prevista nel prossimo film, chissà in futuro. La trilogia si chiude, ci sono altre cose che voglio fare, ma io e Gal amiamo così tanto la storia e Diana che sarebbe dura dire no di fronte ad altri film».
Tra i progetti c’è “Rogue Squadron”, sui mitici piloti della Resistenza. Suo padre è stato un pilota decorato.
«Sì, mio padre era un pilota da combattimento, come tanti uomini della mia famiglia, sono cresciuta guardando tutti loro che volavano sugli aerei. Che erano il simbolo di potere, bellezza ma anche con il senso costante della morte quando erano in Vietnam. Un senso di oscurità costante, reale. E per mio padre in particolare, ha speso la sua vita per essere un grande pilota per via della Seconda guerra mondiale, e voleva essere un eroe. E poi invece è finito in Vietnam. È per questo che ho girato Monster alla fine, perché sono cresciuta con questi uomini che erano in crisi perché volevano essere l’eroe buono e in qualche modo sarebbero diventati il cattivo. È interessante come il mondo possa trasformare in un assassino anche chi era destinato a essere dalla parte del bene. È un dilemma che ricorre neimiei film».
Charlize Theron ha raccontato che i produttori di “Monster” si aspettavano una storia lesbica “hot” tra lei e Christina Ricci.
«Nessuno credeva nel potenziale di quel film. Nessuna regista aveva girato storie simili, con personaggicosì taglienti, erano tutti nervosi “nessuno andrà a vedere questo film”. Ce l’abbiamo fatta perché io e Charlize abbiamo lottato spalla a spalla».
Lei non va mai nella direzione che ci si aspetta. Il secondo Wonder Woman era ambientato negli anni 80, nel terzo dice che esplorerà il significato di Wonder Woman per la cultura pop.
«C’è un arco che attraversa i tre film, ma la cosa importante è per chi lottaWonder Woman. Non è uguale agli altri supereroi, è una dea che vuole rendere migliore l’umanità, modellando anche tratti femminili molto potenti. Al secondo film ho capito che il messaggio era più importante di me o della mia carriera: abbiamo bisogno, specie ora, di questo messaggio di leadership femminile, di superpoteri diversi».
Spesso ci sono passi indietro.
«Ci sono progressi cumulativi nell’umanità, ma ai passi avanti seguono quelli indietro ed è frustrante. Nel 2020 si è aperta la discussione su tanti temi, ma poi vedi subito la reazione, il ricacciarti indietro. Non mi sorprende. Io stessa sono il prodotto di questa marcia, cresciuta da una femminista convinta negli anni Settanta, pensavo che fossimo più avanti. A New York c’erano diversità e accettazione. Poi capisci che non siamo andati così lontano. Ci vorrà più tempo di quel che speravamo».
Può un’icona pop come Wonder Woman essere d’aiuto?
«Sì. Io sono qui a causa di Superman, che ha cambiato la mia vita. L’ho visto quando avevo appena perso mio padre, un processo difficile da elaborare: all’inizio del film perde due padri, eppure continua a essere Superman. Mi ha fatto credere che malgrado quella tragedia, potessi andare avanti. E poi è arrivata Wonder Woman: mettere la sua maglietta significa poter essere buona come lei, migliore. Questo è il messaggio, non prendere a calci i cattivi».
La marcia delle donne è difficile, negli Stati Uniti si torna in piazza per l’aborto, in Iran le ragazze protestano e sono uccise.
«Mi sento impotente di fronte a donne costrette ad affrontare così tanti conflitti, i percorsi bloccati verso ogni tipo di libertà. Uomini che vogliono dire alle donne come vivere. Spero di vedere il giorno in cui le donne possano decidere sui propri corpi e sulla propria vita».