Corriere della Sera, 7 ottobre 2022
Ritratto di Giovanbattista Fazzolari
ROMA «Me l’ha detto Fazzolari», al punto massimo raggiunto dalla destra italiana nella sua storia elettorale, nel momento in cui il centrodestra a trazione Fratelli d’Italia si avvicina a piccoli passi verso le stanze dei bottoni, è diventata la frase più gettonata di chi sta per prendere un biglietto di sola andata da dove sta adesso a dove andrà tra poco. Il «dove sta adesso» cambia da persona a persona e da partito a partito. Ma il «dove andrà», che tu sia un addetto stampa che lavora per il partito di Giorgia Meloni o un non-rieletto di Forza Italia uscito dalla porta di Montecitorio che spera di rientrare dalla finestra di una stanza da viceministro o sottosegretario, ecco, quello contribuisce in parte a stabilirlo Fazzolari. O quantomeno, e in questi contesti cambia assai poco, così pare.
Perché, per quanto abbia cercato a fatica di allontanare da sé l’immagine del «Gianni Letta di Giorgia Meloni» («La mia figura non si avvicina a quella di Gianni Letta. Non gestisco “macchine” e neppure “reti” di potere, e lo dico con profondo rispetto per Gianni Letta», aveva giurato un mese fa in un’intervista al Foglio), Giovanbattista Fazzolari, responsabile del programma di FdI, s’è trasformato suo malgrado da «uomo delle idee» a epicentro di fatti concreti. Punto fermo di tutte le compilazioni dei totoministri, collaboratore ultradecennale di Meloni, il senatore nativo di Messina ma cresciuto all’estero (Francia, Argentina, Turchia con la famiglia, appresso al papà diplomatico) è diventato il destinatario quotidiano di un numero imprecisato di telefonate, messaggini, bigliettini, ambasciate, sussurri, grida. Come ha scritto ieri il sito Dagospia, imprenditori e manager che bramano per stabilire un contatto con la presidente del Consiglio in pectore compongono un numero di telefono: il suo. Per la gran parte delle volte, il telefono finisce per squillare a vuoto senza che Fazzolari abbia il tempo o la voglia di richiamare.
La famiglia
Figlio di un diplomatico è cresciuto all’estero tra Francia, Argentina e Turchia
Perché, tolti gli unici due momenti di relax assoluto che si concede nella giornata – che coincidono coi viaggi di andata e ritorno in macchina dal mare di Fregene, dove vive in solitaria, alla Capitale – Fazzolari è diventato il metronomo del nuovo che avanza al potere. Quando gli alleati recapitano una richiesta a Giorgia Meloni, che sia una questione di «assetto» o di futura agenda di governo, la leader risolve tutto con un «chiedete a Fazzolari»; e poi c’è il lieto fine di un pezzo di personale politico pronto a cambiare vita, lavoro e stipendio e che magari – a volte millantando, a volte no – anticipa ad amici e colleghi il futuro roseo che lo attende. «Me l’ha detto Fazzolari», che di questi tempi vale come un assegno circolare.
Il nuovo ruolo
Decisivo nella scelta
dei ministri,
ora è tempestato
dalle telefonate
Si divide tra Montecitorio, dove partecipa ai colloqui di Giorgia Meloni, Palazzo Madama, in cui ha il suo di ufficio, con diverse puntate quotidiane nel piccolo quartier generale del partito in via della Scrofa, dove ha una stanza: Fazzolari è ovunque e da nessuna parte. La sua prossima destinazione dovrebbe essere Palazzo Chigi, col delicato incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio e deleghe tutte da definire. La batteria del suo telefono cellulare, prima che tutto questo accada, è il termometro del potere. «Infatti si surriscalda di continuo. E se tutto fila come deve…», dice uno di quelli che lo vede all’opera incontro dopo incontro, telefonata dopo telefonata, lasciando che dietro i puntini di sospensione l’interlocutore immagini quella prateria sterminata fatta di manager in scadenza, aziende a partecipazione statale da rinnovare, consigli di amministrazione da nominare, caselle vuote da riempire con nomi e cognomi nuovi.
Nell’agenda di Fazzolari non figurano appuntamenti mondani. Non risulta tra le presenze più o meno fisse nei salotti romani, non censito tra gli abituali frequentatori della Tribuna d’onore dello Stadio Olimpico, non si sa nemmeno se sia romanista o laziale o anche solo simpatizzante di una squadra di calcio. Legge tantissimo, studia tantissimo, ha una piccola passione per il poligono di tiro ed è discreto, riservato, affidabile. Dicono che la Meloni lo consideri «la persona più intelligente che abbia mai conosciuto». Ma quel che più conta, in una fase come questa, è il numero di persone che dice di avergli parlato di un posto da ministro o sottosegretario. Anche se, spesso, non è vero.