Avvenire, 6 ottobre 2022
Intervisa a Marco Mengoni
Dice che lo stadio lo emoziona troppo. Colpa (e merito) delle vibrazioni rilanciate dall’accerchiante pubblico. E poi, dice ancora, lo spazio aperto lo espone, lo disorienta. «Mi sento più protetto al chiuso, in un palasport. Riesco a guardare il pubblico negli occhi e – aggiunge – riesco a vedere tutte le sensazioni provocate da ogni brano». Sarà, ma i mega concerti di Marco Mengoni visti lo scorso giugno a San Siro (e all’Olimpico) e l’altra sera al Forum di Assago ci raccontano di un gigante del palcoscenico che potrebbe cantare con tutta la gamma di tonalità, timbri e colori, ammiccare e muoversi da istrione qual è in qualsiasi spazio, anche siderale. E mentre ripropone in versione più “piccola” lo show lanciato in estate negli stadi, tra atmosfere da dancefloor anni Settanta e ritmati e futuristici videowall, le ovazioni si moltiplicano sempre incessanti che siano i vecchi successi a inanellarsi (da Esseri umani a L’essenziale) o i nuovi brani come quelli che escono oggi con il secondo atto della trilogia Materia che dopo ( Terra), uscito lo scorso dicembre, diventa (Pelle). Novità attesa e anticipata live al Forum con gli acclamati No stress, In città, Tutti i miei ricordi
e Ancora una volta, quattro dei nuovi 15 brani (13 nelle versioni in vinile e streaming) in uscita per Epic Records/ Sony Music. E un’altra novità è stata annunciata, sempre l’altra sera (le prossime repliche al Forum saranno l’8 e 10 ottobre e poi sempre indoor a Torino, Bologna, Pesaro, Firenze, Roma 21 e 22, per finire il 27 a Eboli, il tutto già sold-out), dallo stesso Mengoni: un nuovo tour negli stadi. Partirà l’estate prossima, il 20 giugno a Padova, per toccare poi Salerno, Bari, Bologna e Torino.
Ma perché Pelle, dopo Terra, in questa seconda Materia costitutiva di Mengoni? «La pelle è la memoria della nostra storia» sintetizza il 33enne cantante e autore di Ronciglione, lanciato nel 2009 dalla vittoria a X Factor e poi volato grazie alla sua forza vocale e alla sua energia musicale verso l’iperuranio del pop a 360 gradi. Non conosce infatti barriere il suo inarrestabile mix sonoro, istintiva e studiata mescolanza di linguaggi e ritmi del mondo che, ancor più nel nuovo album, trovano sintesi e piena manifestazione. Il disco si alimenta così di sonorità che vengono anche da lontano (tra i tanti “maghi” del suono presenti nell’album, per alcune atmosfere più etniche Mengoni si è avvalso dello «scienziato della ritmica africana» Cristiano Crisci a cui ha affidato la confezione di uno dei pezzi clou, Unatoka Wapi, frase che in swahili significa “da dove vieni?” e che per Mengoni costituisce già di per sé un implicito pregiudizio razziale) per sposarsi con atmosfere urban ed elettroniche oltre che classiche ballate pop. «Per arricchirci culturalmente e umanamente – dice – dobbiamo conoscere e capire nuove culture, facendole penetrare nel tessuto della nostra pelle. Ed è un bene che un disco che parla di confronto con la diversità esca proprio ora. I confini, dal mio punto di vista, non hanno senso di esistere. Siamo tutti abitanti di una Terra e, peraltro, in prestito. È stupido fare guerre per questo e ciò che sta succedendo nel mondo mi fa male. Chi ama questo mondo e la libertà è un po’ preoccupato, ma questo non vuol dire che la lotta non continui. Anzi, io urlerò per quanto posso, anche cantando Bella Ciao. La sentivo da mio nonno che era stato fatto prigioniero e si era liberato, per difendere i diritti di tutti». Pelle e politica, anche. Così dopo aver raccontato le proprie radici in Terra ecco l’apertura a un mondo che grida libertà
mentre regimi ovunque stringono le maglie dei diritti. «Il messaggio che voglio trasmettere deve essere chiaro: non possono esistere confini e barriere. Nella musica come altrove e combatteremo contro chi cerca ancora di costruirle», dice, raccontando che l’idea è nata anche dopo aver fatto, tra gioco e pura curiosità, un test del Dna «scoprendo che solo per il 35% sono italiano. Sono un meticcio, come lo siamo tutti. E in qualche modo il disco è andato di pari passo: un 35% italiano e il restante 65% è contaminato da culture musicali e suoni completamenti diversi da quelli che sono abituato ad ascoltare, anche attraverso l’uso di strumenti insoliti e di parole prese a prestito da lingue diverse, dal maori allo spagnolo».
Incontri etno-musicali e incontri anche professionali, con collaborazioni presenti in diversi brani. Da In città, dedicata a Milano e alle sue sonorità clubby con la produzione di Mace (nome d’arte di Simone Benussi), ai coinvolgimenti de La Rappresentante di Lista in Attraverso te e del rapper Bresh in Chiedimi come sto. Ma è la profonda Ancora una volta in duetto con Samuele Bersani a chiudere anche idealmente l’album («per lui nutro un amore folle, siamo molti amici e questo progetto ci ha legato ancora di più», dice Mengoni). Nella versione cd c’è poi anche un altro momento di particolare intensità grazie a brano Caro amore lontanissimo, un inedito di Sergio Endrigo e Riccardo Sinigallia già presentato e interpretato da Mengoni dal vivo a San Siro: un regalo fattogli da Claudia Endrigo, figlia del cantautore scomparso nel 2005. Caro amore lontanissimo farà ora parte della colonna sonora de Il colibrì, film di Francesca Archibugi che sarà proiettato alla Festa del cinema di Roma e uscirà nelle sale il 14 ottobre. «Un pezzo di altri tempi, mi sono commosso la prima volta che l’ho avuto sotto mano. Fa parte di quei pezzi scritti talmente bene che si cantano da soli», dice Mengoni. «Il ritorno a casa, dopo aver fatto il giro del mondo»: quella pelle, quell’epidermide, capace nel tempo di arricchirsi «di rughe, tagli, cicatrici. Cambia colore a seconda della stagione, ma sempre rimanendo se stessa».