Corriere della Sera, 6 ottobre 2022
La metamorfosi di Renée Zellwegger
Manipolatrice e assassina, all’apparenza affabile in realtà sempre mossa dall’avidità, una personalità doppia: fuori solare, dentro oscura. Renée Zellweger entra nella mente diabolica di Pamela Hupp, la psicopatica assassina condannata per un duplice omicidio e sospettata anche di aver ucciso la madre: la spinta? I soldi. Una vicenda che qualche anno fa aveva catalizzato l’attenzione dei media americani e che oggi è diventata una serie tv (The Thing About Pam, ogni martedì su Top Crime, canale 39, e in streaming su Mediaset Infinity).
«Questo caso parla molto dei pregiudizi di conferma e di come tutti noi possiamo percepire ciò che abbiamo davanti in modo molto diverso – ha spiegato l’attrice —. O perché guardiamo attraverso il prisma delle nostre esperienze o perché vogliamo che ciò che vediamo racconti un particolare lato della storia, per avvalorare una conclusione». Perché all’inizio nessuno crede che la pseudo mite Pam Hupp possa essere la donna spietata e astuta che in realtà è. Una mente machiavellica perché riesce a far condannare un uomo, Russ Faria, per l’uccisione di sua moglie Betsy. Ma quando lui, dopo quattro anni di prigione, è in grado di dimostrare di non essere il colpevole (viene scagionato grazie all’interesse suscitato sul caso dal podcast Dateline di Nbc perché gli inquirenti avevano lavorato malissimo), lei finisce sul banco degli imputati e diventa la prima sospettata in una nuova indagine sull’omicidio, poiché beneficiaria di una polizza di assicurazione sulla vita detenuta dalla sua amica Betsy (pugnalata 55 volte, alla faccia dell’amica).
A quel punto «Pam la terribile» inscena un finto rapimento per distogliere l’attenzione da se stessa e uccide l’uomo che sosteneva cercasse di rapirla. Ma bugie e inganni crollano come un castello di carta. Pam viene condannata mentre la fa franca sulla morte della madre, caduta – poco accidentalmente – dal balcone del suo appartamento.
«Mi ha affascinato questa storia, costruita su un’escalation di assurdità crescenti: “Com’è possibile?” ci si chiede, a ogni svolta, a ogni colpo di scena. Pam Hupp è una persona che ha imparato molto bene a manipolare le circostanze, ha una personalità doppia, ma riesce a dissimularla perfettamente. Penso che sia questo l’aspetto più affascinante: la sua presentazione di sé smentisce ciò che accade veramente nella sua mente».
Due Oscar, il successo planetario con Il diario di Bridget Jones (2001), Renée Zellweger ha dato ancora una volta prova delle sue doti da trasformista, del resto è un’attrice che non ha mai temuto di «imbruttirsi» o stravolgere il suo aspetto per entrare nel personaggio dei suoi copioni, qui anche grazie a una serie di protesi (due ore di lavoro ogni volta) per appesantire il viso e il corpo. Ma già ai tempi di Bridget Jones l’attrice, per dare forma alla goffa single londinese, si era sottoposta a una dieta ipercalorica per poi ripresentarsi in super forma per indossare i lustrini anni ’20 di Chicago. Sparì dalle scene per sei anni («ero esausta, non mi concedevo mai il tempo necessario per riprendermi tra un progetto e l’altro. E, alla fine, l’ho pagata. Il suono della mia voce mi faceva stare male») per poi ripresentarsi con i connotati molto cambiati per un ricorso eccessivo alla chirurgia plastica. Quindi ancora una trasformazione, da Oscar, come miglior attrice nel film biografico su Judy Garland (2019). Una, nessuna, centomila. Come la sua Pam Hupp, agente immobiliare con caschetto e tailleur in stile Martha Stewart, volto televisivo del life style made in Usa; dieta a base di dolci, bicchierone di bibite ad alto tasso di zuccheri, tossica anche nel suo business, mossa da un misto di aggressività passiva e avidità da scalata sociale.
In America ha fatto discutere il registro da black comedy della serie: il tono comico utilizzato per raccontare la storia di un vero doppio omicidio è stata ritenuta da molti fuori luogo e poco appropriata. «Mi sembrava importante portare anche leggerezza nel racconto di questa storia – ha spiegato ancora l’attrice che è anche produttrice esecutiva del progetto —. Trovo che la giustapposizione tra la tragedia da una parte e l’assurdità, a volte comica, del suo comportamento sia un aspetto importante di questa vicenda. La narrazione che lei presenta come sua versione della storia abbiamo finito per chiamarla Pam Visions. È assurdo e divertente se ci si permette di vederlo in questo modo».