Il Messaggero, 6 ottobre 2022
Ritratto di Cristina Campo
«Si ripiegano i bianchi abiti estivi/ e tu discendi sulla meridiana, / dolce Ottobre, e sui nidi. / Trema l’ultimo canto nelle altane/ dove sole era l’ombra e ombra il sole, /tra gli affanni sopiti. / E mentre indugia tiepida la rosa/ l’amara bacca già stilla il sapore/ dei sorridenti addii». Non spesso, però, gli addii di Cristina Campo sono stati sorridenti come quelli di cui parla in Dolce ottobre, tratto da Passo d’addio. Anzi, i suoi commiati (e le sue relazioni) sono sempre laceranti.
LA VITA
Definita «la scrittrice assente», segreta, raffinata, fuori dagli schemi, nasce a Bologna il 29 aprile 1923 con il nome di Vittoria Cristina Guerrini. Suo padre è il compositore Guido Guerrini, sua madre è Emilia Putti, sorella del clinico Vittorio. La famiglia abita due anni nel parco dell’Ospedale Rizzoli di Bologna, poi si sposta a Parma, quindi a Firenze perché Guido è divenuto direttore del Conservatorio Cherubini. Cristina soffre dalla nascita di una malformazione cardiaca, che le impedisce di frequentare la scuola. Studia a casa, si prepara grazie a «insegnanti geniali», ma è anche una autodidatta, apprende l’inglese, il francese, il tedesco e lo spagnolo, si innamora delle fiabe e della Bibbia. La malattia la porta a sentirsi «transitoria», le inocula un sentimento di precarietà che lei combatte rifugiandosi nei libri e nella cultura. Ed eliminando il superfluo, conservando l’essenziale. Solitaria, fascinosa e discreta, ossessionata dalla perfezione, Cristina viene influenzata da Firenze e dal suo milieu culturale. Conosce e si lega a Leone Traverso, traduttore e germanista; fa amicizia con Mario Luzi, con cui in seguito avrà una liaison; si appassiona a Simone Weil e ai suoi scritti. E non solo a lei: negli anni ’50 redigerà un’antologia, Il Libro delle ottanta poetesse, «una raccolta mai tentata delle più pure pagine vergate da mano femminile attraverso i tempi». Saffo, Corinna, Ildegarda di Bingen, Caterina da Siena, Christine de Pizan, Vittoria Colonna, Madame de Sévigné, Jane Austen, Virginia Woolf e altre vi troveranno posto e riconoscimento. Non ci sarà, invece, un riconoscimento per l’autrice, perché il testo non verrà pubblicato.
TRADUZIONI
Per un periodo la Campo (il nom de plume) continua a vivere a Firenze, compone – di sé dirà: «Ha scritto e le piacerebbe aver scritto meno» – e utilizza pseudonimi. Fa la traduttrice di Rilke, Emily Dickinson, John Donne, Katherine Mansfield, Hugo von Hofmannsthal e altri. Nel ’45 il padre viene chiuso in campo di concentramento dagli Alleati, per simpatie verso il fascismo. Allora, come ricorda Cristina de Stefano, autrice di Belinda e il mostro. Vita segreta di Cristina Campo, lei si «diverte a lodare ad alta voce Mussolini per scandalizzare i passanti». Nel ’55 si sposta a Roma, si sottopone alla psicoanalisi, frequenta alcuni intellettuali. Nel ’58 incontra lo scrittore e storico delle religioni Elémire Zolla, a cui si lega sentimentalmente, anche se è già sposato. Le sue relazioni, del resto, sono spesso con uomini sposati. «I suoi amori – commenterà Margherita Dalmati – erano tempestosi, sfrenati – e condannati». Anche grazie a Zolla si appassiona alla spiritualità, alla sacralità, divenendo una cattolica rigorosa. In polemica con il Concilio Vaticano II, che abolisce la messa in latino, Cristina vorrebbe tornare al rito tradizionale e lancia l’associazione Una Voce. Arriverà a prediligere il rito bizantino della Chiesa ortodossa, perché più vicino al suo modo di sentire la liturgia – «l’archetipo supremo del destino» – e la religione.
Affascinata dai miti, dai simboli, dal destino, alla ricerca di una trascendenza che la proietti oltre la transitorietà, la Campo soffre la morte dei genitori, la loro assenza. «Ahi che la Tigre, / la Tigre Assenza, / o amati/ ha tutto divorato/», scriverà in una poesia che darà il nome alla raccolta edita da Adelphi. La medesima casa editrice pubblicherà parte dei suoi saggi ne Gli imperdonabili. Donna di destra, lontano dalla cultura allora dominante, viene emarginata e dimenticata. Scompare per una crisi cardiaca il 10 gennaio 1977, a 53 anni, e viene sepolta a Bologna.
CORAGGIO
«Moriremo lontani. Sarà molto/ se poserò la guancia nel tuo palmo/ a Capodanno; se nel mio la traccia/ contemplerai di un’altra migrazione. / Dell’anima ben poco/ sappiamo», aveva scritto quella letterata anticonvenzionale, contraddittoria e coraggiosa, che oggi è stata in parte riscoperta. Ne Un destino itinerante, Zolla e Fasoli sottolineeranno l’ingiusta esclusione di quella che è stata una figura significativa nelle lettere, solo perché non appartenente al pensiero dominante: «Durante la vita Vittoria non fu menzionata da nessuno di coloro che oggi si sentono liberi di parlarne Fino al 1980 c’era comunque un sistema di divieti, instaurati nel ’68, e rientrava fra essi la proibizione di menzionare Vittoria. Fece eccezione Roberto Calasso, che osò scriverne un necrologio per il Corriere della Sera». Pur tuttavia, Cristina Campo è rimasta al centro delle conversazioni di un circolo di intellettuali, tra cui l’avvocato Giuseppe Valentino.