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 2022  ottobre 05 Mercoledì calendario

il ritorno dei Depeche Mode (senza Fletcher)

 «Memento mori», ricordati che devi morire. Dave Gahan non se l’era mai detto quando era nella fase selvaggia della sua vita, quegli eccessivi anni Novanta in cui ci fu pure un’overdose con i medici che lo definirono tecnicamente morto per due minuti.
A 60 anni appena compiuti, quella frase è il titolo del nuovo album dei Depeche Mode: «Nelle fasi precedenti della mia vita non l’avevo mai pensato. Fino a 34 anni pensavo di avere un indistruttibile e infinito diritto a qualcosa. Dove stavo andando? Non ne ho idea… Oggi che sono passati quasi trent’anni ho una percezione più chiara di chi sono», racconta nei camerini il front man della band inglese in elegantissimo abito nero, stivaletti e capelli (ingrigiti) perfettamente in ordine. C’è un nuovo capitolo nella storia del gruppo. L’addio di Andy Fletcher, scomparso a maggio a soli 60 anni, non ha fermato Gahan e Martin. Ecco allora, fra stucchi velluti del Berliner Ensemble, il teatro fondato da Brecht, il doppio annuncio. L’album, quindicesimo in carriera. E poi un tour mondiale, il via a Sacramento il 23 marzo, e in Italia gli stadi a luglio: Roma (12), Bologna (14) e Milano (16). «Ci sarà sicuramente un momento di ricordo per Andy: lui ci sarà in spirito, e ci giudica da lassù», annuncia Dave. Il titolo del disco non è un omaggio. «Avevamo deciso tutto prima della sua morte», spiega Gore.
Lo spirito dell’amico è nell’aria. «Quando ho iniziato a registrare è accaduto quello che succede quando canti una canzone, che sia nuova o vecchia – dice Gahan —, prende una forma diversa a seconda di ciò che capita alla tua vita o nel mondo. In studio con Fletch si scherzava, lo davo per scontato quando c’era e ora ho capito quanto mi manchi. L’altro giorno in hotel ero in terrazza e ho sentito il fumo di una sigaretta. Per un attimo mi sono immaginato lui che arriva: “tutto a posto?”».
L’interpretazione
«Memento Mori» è il titolo del nuovo lavoro: «Non va interpretato però in senso lugubre»
Gahan prova a pensare alla prima volta in cui sul palco non troverà l’amico. «Sarà molto strano. Dal lato sinistro sapevo che mi arrivava l’energia di Fletch. Questa volta lui non ci sarà. Non lo sostituiamo, sarebbe ridicolo». C’è un nuovo equilibrio da trovare, spazi vuoti da riempire e territori scoperti da esplorare. «Quello che è successo ha portato me e Martin a comunicare, a usare la nostra forza per tenere le cose insieme e non per allontanarle. Siamo due fratelli che si erano persi da tempo e si sono ritrovati. Martin più di me era amico e compagno di Fletch, io ero più esterno: questo mi ha riportato dentro».
È cambiato anche l’equilibrio musicale. Testi e musica erano territorio quasi esclusivo del chitarrista. «“Memento Mori” torna a piegare verso l’elettronica, lo sento vicino a “Black Celebration”: un viaggio cinematografico vivo, fresco, emozionante, dark, malinconico ma con momenti di gioia. È un album collaborativo cui ho contribuito con parole, accordi e melodie, con l’iPhone mandavo idee suonate male con la chitarra a Martin che ha fatto il grosso con i produttori James Ford e Marta Salogni. Abbiamo capito che per andare avanti abbiamo bisogno l’uno dell’altro». L’idea di mollare li ha sfiorati. «Ne abbiamo parlato brevemente dopo la morte di Fletch. Avevamo iniziato a lavorare al disco e lui non era ancora intervenuto nel processo. Abbiamo deciso di continuare». Il titolo non va preso con un significato lugubre e dark. «Lo usavano ai tempi dell’antica Roma per i generali che tornavano vittoriosi da una battaglia. Noi gli diamo un’interpretazione positiva, “vivi ogni giorno al massimo”», dice Gore. C’è una guerra alle porte dell’Europa: «La musica porta un senso di gioia e di unione in un mondo in costante turbolenza – commenta Dave —. Siamo orgogliosi di poterlo fare in un momento così».
Potrebbe essere l’ultima volta a San Siro se veramente verrà demolito. «Bisogna affrontare il cambiamento anche, come accade a me, non ci piace. Molti posti dove abbiamo suonato non esistono più e quelli nuovi hanno il nome di una banca... Questo ci dice molto su come il mondo sia governato».