la Repubblica, 4 ottobre 2022
Il ritorno di Fini
Nel prosaico mondo della politica romana Gianfranco Fini è un po’ come Mina: a un certo punto non si è fatto più vedere. Ogni tanto, in questi ultimi anni, è riapparso in foto. Ma si è trattato sempre di scatti anonimi, certamente non studiati a tavolino da qualche agenzia di comunicazione. In genere foto al ristorante, con lui affiancato da qualcuno dei suoi vecchi sodali. È da quasi dieci anni che Fini si è eclissato. Dopo la sconfitta elettorale del 2013 della neonata Futuro e libertà e complice il processo per la vicenda della casa di Montecarlo, Fini ha preferito evitare le ribalte di convegni e talk show, rinunciando ad una quantità senza fine di interviste.
Ma in questi mesi di irresistibile ascesa di Giorgia Meloni, una ragazza sulla quale lui aveva puntato, Fini avrebbe potuto riaffiorare e invece non soltanto non si è fatto vedere, ma non ha detto una parola. Non una rivendicazione della sua decisiva svolta di Fiuggi, quella che trasformò l’Msi in An, e neppure una mano simbolica sulla spalla di Giorgia. Zero. Silenzio totale. In una epoca di egolatria spinta, il segnale di un certo stile. Anche perché Fini non vuole essere ingombrante: la sua figura, per la vicenda di Montecarlo, resta controversa in quella che fu la “comunità” missina e dunque l’ex capo di Giorgia ha deciso di non voler rovinare in qualche modo la festa alla premier in pectore.
Eppure ieri mattina Fini è riapparso e ha parlato: nella sede della stampa estera. Lo avevano cercato nei giorni scorsi, lui aveva risposto «no, non parlo da anni e non intendo cambiare», ma poi si è trovato un accordo: gli inviati delle testate estere a Roma lo avrebbero intervistato con l’intesa che le sue parole non sarebbero trapelate. Tutto off e tutto background. E infatti nulla se ne è saputo tra i giornalisti italiani. Fini si è presentato con occhiali da sole sul viso abbronzatissimo, un gessato bluette con pantaloni a sigaretta, una silhouette invidiabile per un fresco settantenne come lui. Le domande di sempre sul neofascismo. Fini è stato netto: «Meloni e i Fratelli d’Italia sono perfettamente in scia e coerenti con la svolta di Fiuggi che trasformò l’Msi in An». Il messaggio di Fini alla stampa estera è stato senza equivoci: la cesura netta di 28 anni fa ha fatto scuola, è stata sincera ed è duratura. E a chi gli chiedeva come Meloni, a suo tempo, sia ascesa alla guida dei giovani di destra, Fini ha risposto che Giorgia fu eletta e non fu certo cooptata dal partito, dai capi.
E d’altra parte Fini in questi anni è restato in silenzio, ma non assente con i suoi. E anche questa è una notizia: in queste ultime settimane Meloni e Fini si sono sentiti più di una volta soprattutto per la comprensibile ansia che cresce nella leader di Fratelli d’Italia. Alla sua porta si è formata non solo metaforicamente una fila di aspiranti: gente che si propone per posti di governo e soprattutto di sottogoverno. Meloni ha chiesto a Fini consigli e suggerimenti. Ma nulla se ne è saputo.
Certo, nella notte della vittoria elettorale, Giorgia Meloni ha citato i tanti che non c’erano più nella vecchia comunità missina e non potevano gustare il sapore di quella serata. Non ha citato Fini. Impossibile sapere davvero se lui si aspettasse qualcosa ma ha confessato di essere stato grato ad Ignazio La Russa (col quale parla spesso come pure con Adolfo Urso), che in quella circostanza ha ricordato la svolta di Fiuggi, come pietra miliare per la destra di governo. —