Corriere della Sera, 4 ottobre 2022
I putiniani che optano per la prudenza
«Certo che mi piacerebbe attaccare Kiev stanotte stessa. Ma non siamo in una fiction. Non è che si può accelerare con il telecomando per vedere come va a finire. Bisogna capire che per un certo periodo di tempo, le cose non saranno facili per noi. E non dovremo aspettarci buone notizie. Ci vorranno molta forza di volontà e una grande pazienza strategica».
A momenti c’era da darsi un pizzicotto per capire se l’uomo che con postura più curva del solito stava predicando calma ammettendo anche in modo brusco che l’Operazione militare speciale non va come sperato, era davvero quel Vladimir Solovyov che fino a pochi giorni fa annuiva soddisfatto quando i suoi esagitati ospiti facevano a gara nel proporre il bombardamento delle capitali europee, da Parigi fino a Londra e Berlino, meglio se tutte insieme.
Allora se lo dice lui, conduttore più zelante e famoso di Russia, prediletto di Vladimir Putin, significa che davvero la realtà sta facendo capolino oltre il muro della propaganda eretto dai media di Stato. Anche il suo eterno rivale Dmitry Kiseliov, meno conosciuto da noi ma altrettanto popolare in madre patria, ha effettuato una improvvisa sterzata passando dai consueti toni da marcia trionfale all’ammissione che nel Donbass «la situazione sta diventando molto difficile», mentre il suo inviato al fronte ha osato aggiungere che occorre impedire a Kiev di «costruire sui successi raggiunti finora». Gelo in studio. Le verità sgradite devono essere fatte filtrare in dosi omeopatiche. Chi ha tentato la terapia d’urto, come fece la giornalista Marina Ovsyannikova quando lo scorso marzo interruppe il telegiornale della sera per mostrare un cartello con sopra la scritta «No alla guerra, non credete alla propaganda», se la passa male. Dopo alterne vicende, comprensive di malevoli sospetti da parte ucraina di essere una doppiogiochista al soldo di Putin, la donna era stata messa agli arresti domiciliari. Da ieri, è una latitante, ricercata dal ministero dell’Interno. Sarebbe scappata all’estero il primo ottobre, portandosi dietro il suo secondo figlio, che ha undici anni. A denunciare la fuga è stato l’ex marito, suo collega.
I figli di Kadyrov
Il leader ceceno Kadyrov: «Manderò in battaglia i miei figli di 14, 15 e 16 anni»
Tutto procede secondo i piani. Pure ieri Dmitry Peskov ha concluso il suo punto giornaliero con la formula che ripete ormai dal sempre più lontano 24 febbraio. Ma sembra che il Cremlino si stia muovendo in terra incognita. Il portavoce del presidente è dovuto dapprima intervenire per rimettere al suo posto Ramzan Kadyrov, che sente sempre più stretti i panni del leader regionale. Ogni giorno, una trovata. Ieri ha detto di voler mandare al fronte i suoi tre figli di 16, 15 e 14 anni, con annesso video dei loro addestramenti. «È arrivato per loro il momento di cimentarsi in una vera battaglia».
Dopo aver riconosciuto il contributo «importantissimo» che sta dando la Repubblica cecena, Peskov ha rintuzzato l’invito del focoso alleato ad usare armi nucleari a corto raggio in Ucraina. «Nei momenti difficili», ha detto, e anche questo può sembrare una implicita ammissione, «le emozioni dovrebbero essere comunque escluse dal processo decisionale, per il quale preferiamo comunque attenerci a valutazioni molto equilibrate e oggettive». L’uso di queste armi è regolato dalla dottrina militare russa, ha tagliato corto. «E non possono esserci altre considerazioni».
Intanto la Duma ha approvato la legge costituzionale sull’annessione delle quattro regioni ucraine soggette ai referendum che si sono conclusi una settimana fa. A causa di un guasto tecnico, questa la spiegazione ufficiale, il tabellone luminoso ha sancito il voto favorevole di 413 parlamentari, quando i deputati iscritti alla seduta erano invece 408. Nei prossimi giorni ci sarà la scontata ratifica del Consiglio della Federazione, ovvero il Senato.
Il megafono dello zar
«Non aspettiamoci buone notizie per un po’. Ci vuole molta pazienza strategica»
Nel testo non è però specificato quali saranno i confini di quei territori, in questo momento alquanto variabili per via dell’avanzata dell’esercito di Kiev. E sul punto esistono diverse interpretazioni. Peskov ha riconosciuto di non essere in grado di stabilirlo ora. «Non è chiaro», ha detto, rimandando la questione a non ben definite consultazioni con la popolazione di quei luoghi. All’uscita dalla Duma, Dmitrij Vyatkin, vicecapogruppo di Russia Unita, ha invece dichiarato che le regioni annesse vengono assimilate nei loro precedenti confini amministrativi, anche se alcune zone non sono sotto il controllo dell’Armata russa. Ma è proprio il problema, che assilla gli opinionisti dei talk show, e non solo loro: quelle linee da tracciare su una nuova mappa geografica non sembrano più dipendere dall’esclusiva volontà del Cremlino.