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 2022  ottobre 02 Domenica calendario

Gli 887 milioni per la sicurezza sul lavoro bloccati


In Italia si muore di lavoro, e sempre di più: nei primi sette mesi del 2022 gli infortuni professionali sono aumentati del 41% (441.451 denunce) rispetto allo stesso periodo del 2021. Il numero dei decessi a fine agosto è di 677, appare in calo del 12% ma è solo per l’enorme diminuzione dei decessi per Covid che nel 2021 erano il 68% e oggi sono fermi al 3% del totale.
Crescono invece le morti da infortunio, soprattutto nella fascia di età più elevata e tra i giovanissimi (15-24 anni), con i drammi di chi resta ucciso durante uno stage o in alternanza scuola-lavoro (dove non dovrebbe proprio essere esposto a rischi).
Il 21 gennaio un 18enne muore schiacciato a Udine nell’ultimo giorno di stage. Il 16 settembre a Noventa di Piave un altro 18enne è travolto da una lastra di ferro mentre è in stage di lavoro. Il 26 settembre un ragazzo è deceduto cadendo da un’impalcatura edile a Rossano Calabro, il giorno dopo a Manerbio, Brescia, un operaio di 60 anni è morto schiacciato da un rullo trasportatore, il 28 un addetto allo smaltimento dell’amianto precipitando dal tetto di una fabbrica a Teramo, un agricoltore schiacciato da un trattore nel cosentino, uno ucciso da una pressa a Torino. Il 30 settembre, dopo quindici giorni di agonia, è morto un operaio che era rimasto schiacciato da un pantografo mentre rimuoveva dei pannelli in un’azienda di Milano dove era impiegato in subappalto. E raddoppiano le morti tra i lavoratori stranieri.
A fine anno avremo un’analisi più indicativa della situazione infortunistica 2022, ma ad oggi, ogni otto ore un lavoratore perde la vita.
I rimborsi per investire in sicurezza
Vigilare su fabbriche e cantieri è compito dell’Ispettorato del Lavoro, tocca invece all’Inail risarcire gli infortunati e i disabili e le famiglie che hanno perso un congiunto. Dal 2010 l’Istituto eroga un finanziamento annuale a fondo perduto (Bando Isi) per rimborsare dal 50 al 65% delle spese le aziende che investono in sicurezza, ad esempio sostituendo attrezzature vecchie e pericolose, eliminando l’amianto dalle strutture o migliorando i sistemi di protezione per le cadute o, ancora, mettendo in sicurezza le macchine agricole.
Insomma, tramite il bando lo stato vuole prevenire oltre che curare, e questo è un bene. Ricevendo un massimo di 130 mila euro (ma la cifra media è 38 mila) tu imprenditore hai un contributo importante per migliorare la sicurezza di un ponteggio, sostituire il tuo vecchio trattore o una macchina da taglio non più sicura.
Le domande presentate ogni anno superano le 20.000
Accede chi è più veloce
Per scegliere chi finanziare, l’Inail ha adottato il sistema «cieco e selettivo» (sono parole del nuovo direttore generale Andrea Tardiola) del click day. Se vuoi ricevere il denaro, devi caricare su una piattaforma informatica un progetto di messa in sicurezza così articolato e complesso che la maggior parte delle aziende è costretta a farlo redigere (pagando) ad agenzie specializzate. Poi nel giorno e all’ora stabiliti, le 22-24 mila aziende inseriscono le credenziali sulla piattaforma e incrociano le dita: solo le prime seimila in ordine cronologico entrano nella lista, quelle più veloci, e poi hanno 30 giorni di tempo per perfezionare la domanda; le altre vengono messe in posizione di attesa. In media 500 delle seimila aziende non fanno in tempo o non sono in grado di completare la pratica, e quindi vengono escluse e sostituite dalle prime 500 in attesa. Le altre 16 mila devono attendere l’anno dopo e riprovare la lotteria del click day.
Rigettata 1 domanda su 4
Il criterio con il quale il consiglio di amministrazione dell’Inail eroga il denaro alle sue 22 sedi periferiche è in base al numero di aziende e addetti presenti sul territorio, e al peso delle attività nei vari settori. Nel 2021 ammontava a 273 milioni di euro. Però prima di distribuire i soldi stanziati alle singole aziende, le pratiche devono superare l’istruttoria delle sedi Inail competenti. Una su quattro viene rigettata dalle commissioni tecniche regionali giudicanti perché incompleta o ininfluente sulla sicurezza. Ci sono commissioni severissime (Veneto e Piemonte, per esempio) che bocciano progetti accettati da altre e che sarebbero perfettamente in regola secondo gli esperti che li hanno redatti. «Purtroppo succede che non ci sia uniformità di valutazione – ammette il direttore dell’Inail Tardiola – anche per una diversa sensibilità sul riconoscimento degli infortuni. Gli ingegneri valutatori di Bari, ad esempio, hanno un’attenzione differente da quelli di Torino e sono magari più preparati sulla manifattura che sull’agricoltura o viceversa». Succede ma non dovrebbe, perché un vecchio trattore senza rollbar che si capovolge uccide in Sardegna come in Piemonte, e una pressa senza protezione amputa una mano o un braccio senza preoccuparsi di dove si trova.
887 milioni congelati
Dunque le 1.200 aziende bocciate in fase istruttoria non possono essere rimpiazzate da quelle in lista di attesa? No, spiegano all’Inail, perché rallenterebbe il processo di erogazione dei rimborsi che loro vogliono dare alle aziende (in media passano 18 mesi fra la domanda e l’incasso) affinché possano al più presto rendere il lavoro più sicuro. Principio sacrosanto.
Colpisce però un fatto: su 2 miliardi e 179 milioni di euro stanziati dal 2010 al 2018, ben 887 (il 40%) non sono mai stati distribuiti e quindi investiti in sicurezza. E questo in un Paese che si piazza al 14° posto in Europa per tasso di infortuni mortali. Infatti il denaro, come abbiamo detto, viene bonificato dall’Inail alle sedi regionali prima della verifica che taglia il 25% delle aziende in lista, e i soldi avanzati rimangono quindi fermi nelle loro casse, da Aosta a Milano, da Bari, a Palermo. Perché?
Risposta dell’Inail: «È una regola di contabilità generale, sono risorse di investimento che entrano in bilancio e vanno nel ciclo successivo». In altre parole: quello che avanza quest’anno viene recuperato due anni dopo. La Lombardia incassa mediamente 43 milioni l’anno, il Lazio 33, la Campania 25, mentre in coda ci sono Molise e Valle d’Aosta. La Sicilia è la regione che riceve più contributi per la sicurezza nel settore agricolo davanti a Campania e Puglia. Nessuna però rende nota la percentuale di promossi e bocciati, cioè quanto resta in cassa. Qualche informazione in più c’è sulla Toscana: nel 2021 (su bando del 2020) incassa 18 milioni, ne spende 11, e gli altri 7 restano in tesoreria. Che diventano 14 nel 2022 (poiché gli andamenti sono abbastanza costanti). E solo nel 2023 si potranno utilizzare i 7 del 2021.
L’Inail ha sempre ragione
Ma perché il sistema trattiene risorse già pronte? Il direttore dell’Inail spiega che – per evitare truffe come quelle dei bonus sull’edilizia – i controlli e il filtraggio devono essere rigorosi fino alla fine. Ovvero prima di incassare il rimborso l’azienda deve aver effettuato l’acquisto approvato in sede istruttoria. Giusto. Inoltre, sempre secondo Inail, gli intermediari spingono le aziende a redigere progetti «deboli» per incassare le provvigioni. Gli intermediari smentiscono: quando un progetto è bocciato loro non intascano un soldo. Anzi, ne spendono per ricorrere al Tar che molto spesso dà loro ragione. Quando si arriva al Consiglio di Stato, però, l’Inail vince quattro volte su cinque.
All’Istituto dicono che il contenzioso è bassissimo (meno di 40 sconfitte negli ultimi anni). Insomma i soldi si tengono fermi per capire come va a finire, e non è contemplato lo scorrimento di chi è in lista d’attesa. Tra i progetti di miglioramento del sistema c’è invece quello di un filtro iniziale che vada a premiare le aziende con più storia alle spalle e quelle che investono di più di tasca propria in sicurezza, per scremare il numero delle domande prima del click day.
In sostanza chi ha più risorse ha una via preferenziale per averne ancora di più, e chi fatica ad andare avanti con macchinari obsoleti resta in coda e in condizioni di insicurezza. Intanto quest’anno la somma disponibile, ma non utilizzabile, toccherà il miliardo di euro.