La Stampa, 2 ottobre 2022
Luca Quarto, il ragazzino che fu salvato da Maradona, è finito in galera per droga
Le storie della vita fanno sempre strane curve, che non sai mai dove ti portano. Come quella di Luca Quarto, il bambino di Acerra salvato da Maradona, che i carabinieri hanno arrestato a Bellaria mentre cedeva in strada una dose di cocaina a un imprenditore della zona. A casa, gli hanno trovato 50 grammi di neve, un bilancino di precisione, il materiale per il confezionamento e 5 mila euro in contanti. L’hanno arrestato, e gli hanno revocato il reddito di cittadinanza. Così fa più effetto. Luca in tv aveva detto che Maradona era come un padre per lui. Dice il Dalai Lama che ci sono due giorni nella vita in cui non puoi fare niente, uno è ieri e l’altro è domani, perché quello che conta è solo quello che succede adesso. Ma quello che è successo tanti anni fa, il 18 marzo del 1985, un lunedì che pioveva come Dio la mandava, non si può dimenticare. È una storia che potrebbe sembrare da libro Cuore e che però non è così: è molto di più, è il segno lasciato da un tempo e da un uomo e serve a ricordare chi era davvero Diego Maradona. Non importa che cosa è capitato oggi a Luca Quarto. Conta quello che fecero il Pibe de oro e i ragazzi del Napoli.
Quella domenica di marzo di 37 anni fa, era appena finita la partita al San Paolo con l’Atalanta (uno a zero, gol di Daniel Bertoni) e Pietro Puzone, ala destra del vivaio azzurro, aveva giocato gli ultimi 30 minuti e aveva appena finito di farsi la doccia. Fuori dallo spogliatoio lo aspettava un signore di Acerra che conosceva bene, «un caro amico». Pietro ricorda che aveva uno sguardo disperato, che piangeva. «Mi raccontò di suo figlio, mi disse che era a disagio ma che non sapeva dove battere la testa». Gli disse che Luca era nato con una malformazione al palato, la labioschisi, che se non curata avrebbe potuto avere esiti nefasti per il bambino. Luca aveva un anno. L’unico modo per salvarlo era fare un’operazione che facevano solo in Svizzera: solo che ci volevano soldi e loro non li avevano. Sono passati tanti anni, ma Pietro ricorda tutto benissimo. Sta camminando per strada, abbraccia gli amici che lo chiamano, parla solo in dialetto e quando deve salutare qualcuno dice «Forzanapoli». Racconta che ritornò dentro gli spogliatoi e cercò subito Maradona.
Diego era arrivato a Napoli da pochi mesi, ed era già come una chiesa, al centro del villaggio. Era quello a cui si rivolgevano a tutti. «Mi ascoltò e disse: va bene. Quanto gli serve?». Boh: 20, 40 milioni, anche di più, 60. Pietro propose di fare una partita di beneficenza, ad Acerra. La organizzarono lì su due piedi. Un po’ di giocatori del Napoli, Bruscolotti e qualche altro, accettarono di buon grado. Già, ma i calciatori sono vincolati da contratti molto ben retribuiti e non possono fare quello che vogliono. «Chiedemmo il permesso a Ferlaino, il presidente, e lui disse di no. Se uno di voi si fa male, chi mi ripaga? Mi dispiace tanto, ma non si può fare».
E allora Maradona pagò di tasca sua l’assicurazione per tutti i giocatori del Napoli che avevano scelto di andare ad Acerra: «Così se uno di noi si fa male la società non ci rimette». Dice Puzone che tirò fuori 12 milioni per quello. Poi prese la macchina e imbarcò tutti quelli che poteva e li portò ad Acerra. Avevano già riempito la città di manifesti e c’erano cinquemila persone che li aspettavano. Il Napoli contro l’Acerra. Solo che il cielo buttava giù tanta di quell’acqua che non si riusciva a vedere a due metri. Rosario Aversano dice che fu una giornata indimenticabile. Ci ha scritto un libro su quel lunedì di burrasca e sul giocatore che s’inventò tutto questo: «Mi manda Puzone», s’intitola. Rosario racconta che Maradona disse che si doveva giocare lo stesso: «Che cosa diciamo a tutta questa gente?». Il pubblico continuava a crescere, diventarono diecimila arrampicati dappertutto. «Maradona fece due gol. Il primo con la mano, e l’arbitro gliel’annullò. Poi prese la palla da metà campo, e cominciò a beffare tutti quelli che gli venivano contro e ne fece fuori sei prima di aggirare anche il portiere, e segnare lo stesso gol che poi avrebbe fatto al Mondiale con l’Inghilterra un anno dopo. Non c’era nessun telecronista che urlava. Ma lui si buttò nel fango e fece una capriola di felicità». Alla fine portarono i soldi al papà di Luca. Forse erano venti, forse 40 milioni, Rosario non ricorda bene. Ma Pietro dice che ne mancavano comunque venti, e li mise tutti Diego. Luca fu salvato, e se adesso è caduto quel giorno nessuno lo può dimenticare. Era grande lui, siamo stati grandi noi, dice Puzone. E poi ci saluta: «Forzanapoli». —