Il Messaggero, 2 ottobre 2022
La lampadina che sanifica tutti gli ambienti
La lotta contro il Covid non è affatto finita. Ed anche se le misure anti contagio sono diminuite, non significa che il virus sia stato del tutto sconfitto. L’esperienza della pandemia ha insegnato al mondo intero quanto la ricerca scientifica ed il progresso tecnologico siano armi fondamentali, le uniche, contro il nemico invisibile. Proprio nel momento più critico del primo lockdown, i centri di ricerca Enea di Brasimone (Bologna) e Frascati (Roma), con competenze trentennali nello studio delle sorgenti di luce ultravioletta, hanno realizzato le prime lampade a Led che, oltre a illuminare, sono in grado di sanificare gli ambienti da batteri e virus. Le due tecnologie si chiamano Save e UV-Cisana e ne abbiamo parlato con Mariano Tarantino, responsabile della divisione Enea di Sicurezza e sostenibilità nucleare del Centro Ricerche di Bologna.
Perché la luce a Led ha qualità sanificanti?
«L’utilizzo dei raggi ultravioletti contro batteri e virus intacca il Dna delle cellule batteriche e virus, portando alla distruzione di questi organismi, ed infatti questi raggi possono avere un effetto nocivo anche su animali ed esseri umani. La luce è composta da onde elettromagnetiche, radiazioni, che possono essere facilmente gestite ed arrivando quasi ovunque, se hanno la giusta quantità di energia possono essere usate per sanificare; uno strumento semplice, molto performante, un ottimo vettore per trasportare energia. La sua applicazione in ambito ospedaliero è in uso già da tempo, ma quello che abbiamo fatto noi, è un prototipo già pronto per il processo di industrializzazione».
Come nasce l’idea di applicarla al Covid?
«L’idea è nata durante il lockdown, il nostro gruppo di ricerca è composto da ingegneri nucleari, per cui conosciamo molto bene le caratteristiche proprie della luce, allora abbiamo pensato ad uno strumento immediatamente disponibile per dare il nostro contributo e combattere il Covid».
La luce è attiva contro altri tipi di virus?
«Si, nel caso specifico abbiamo dimostrato in un laboratorio di microbiologia, ottenendo anche una certificazione, che il led è efficace su tutti i batteri, anche il Sars-Cov2. È in grado di distruggere oltre il 99,9% di virus e batteri su tutte le superfici esposte alla luce, anche maniglie, finestre e porte che vengono toccate dall’uomo. Il principio di base potrebbe applicarsi a qualsiasi virus, proprio perché verrebbe intaccato a livello genetico».
Mi spieghi come funziona la lampada Save.
«Basta accendere la lampada, che ha le dimensioni di 25x25 centimetri, come una classica lampada Led montata sui controsoffitti degli uffici, delle scuole, dei treni, ma che ha una doppia funzione: può illuminare assorbendo pochissimi watt oppure sanificare, facendo un semplice switch. Lasciandola accesa per 25 minuti, riesce a sanificare un ambiente di 5 metri per 5, all’incirca la grandezza di un ufficio di 20 mq, fino ad un’altezza di 1,5 metri da terra. Infatti ora il prototipo, pronto per essere industrializzato, è montato nel mio ufficio».
Diceva che i raggi sono pericolosi per animali e persone. Che dispositivo di sicurezza ha la vostra lampada?
«Save è una lampada dotata di un sistema smart che abbina algoritmi e tecnologie radar per la gestione sicura del personale, ma bisogna dire che la funzione sanificante va usata quando gli ambienti sono vuoti, e che la nocività non è immediata, ma dovuta ad un’esposizione prolungata nel tempo che si deve evitare; la lampada ha un sensore radar, che rileva il movimento e chiunque entri nella stanza, anche solo un gatto o un cane, la farebbe spegnere immediatamente. Inoltre per le persone con problemi alla vista o all’udito ci sono sia sensori lampeggianti rossi abbinati ad un suono di basso livello in grado di avvisare della sanificazione. Oltre all’attivazione manuale con un telecomando, si può programmare ad un determinato orario, per esempio di notte, oppure si può usare l’app, come qualsiasi lampadina smart».
La sanificazione potrebbe sostituire qualsiasi prodotto chimico?
«Sì, infatti ci siamo posti proprio questo dilemma quando l’abbiamo progettata, ma soprattutto lo abbiamo pensato come un sistema automatico che non espone al virus le persone addette alla sanificazione».
Potrebbe essere in commercio a breve?
«Il prodotto sarebbe già pronto, ora Enea ha già fissato appuntamenti con alcune aziende italiane che potrebbero dare il via alla produzione di massa».
L’altra innovazione, si chiama UV-Cisana, applicabile anche all’acqua. In che modo?
«Questa seconda applicazione è in una fase di sperimentazione e di ricerca, ma in questo caso ci stiamo focalizzando su aree meno estese per agire più in profondità, per esempio nella sanificazione di verdure nella fase di packaging o dell’acqua».
E come avverrebbe la sanificazione dell’acqua?
«Basterebbe aumentare la quantità di energia ma in un periodo di tempo molto più ridotto. Facciamo l’esempio della lampada posizionata sopra un nastro trasportatore che irraggia sulle verdure da imballare oppure lampade di piccole dimensioni che sanificano l’acqua che fuoriesce dal rubinetto di casa. Ovviamente l’acqua è già potabile e di ottima qualità, perché trattata chimicamente dalle aziende che la distribuiscono, ma comunque l’acqua trasporta batteri e virus, per cui la luce potrebbe essere un mezzo alternativo all’impiego della chimica».
Immagina altre applicazioni?
«Uno degli oggetti di maggior utilizzo quotidiano, che passa di mano in mano, è la carta moneta. Questo sistema potrebbe essere usato direttamente nelle macchine bancomat, dove la lampada potrebbe sanificare direttamente la banconota nel momento in cui fuoriesce e questo tipo di applicazione, ma l’idea – seppur disponibile in breve tempo – ha ancora bisogno di una validazione scientifica».