il Fatto Quotidiano, 2 ottobre 2022
Lollobrigida, il “first cognato d’Italia”
Pare non ci sia nulla che gli dia più fastidio di essere chiamato ancora “il cognato di Giorgia”. Perché ormai Francesco Lollobrigida è di più: in Fratelli d’Italia è praticamente il numero due. Chiedere a Coldiretti, che sabato l’ha acclamato insieme alla leader, tributandogli pubblicamente il merito di aver curato il rapporto tra la nuova destra di governo e la potente lobby agricola. Oppure chiedere a chi è testimone dei grandi movimenti di chi prova a riposizionarsi a Viale Mazzini dopo i risultati elettorali; qui è lo stesso Lollobrigida a raccontare la processione di cui sostiene di essere vittima: “Non riesco più a mettere piede in Rai senza essere preso d’assalto da presunti meloniani della prima ora. Non ne posso più”.
Nel cerchio ristrettissimo dei più fidati di Meloni, “il cognato d’Italia” c’è finito anche per la lunga storia d’amore con la sorella Arianna, iniziata a 20 anni, che ha regalato loro un matrimonio e due bambine oggi adolescenti (i nomi sono un tributo un po’ nostalgico alla cultura di provenienza: Vittoria e Rachele). Ma insomma, è davvero riduttivo parlare di Lollobrigida come di un parente (anche per la doppia beffa di essere pure nipote – di quarto grado – della mitica Gina).
Classe ’72, oggi per tutti i colleghi è “Lollo”, negli anni goliardici della militanza missina invece lo chiamavano “Beautiful”: “Era il mio nome in codice per sfuggire alle rappresaglie dei compagni che attraverso le vere identità poi ti aspettavano sotto casa”, ha raccontato al Foglio. Non faceva parte del gruppo di Colle Oppio, la storica sezione della destra post fascista romana, con vista Colosseo, dove si sono formati Meloni e diversi suoi fedelissimi. È nato a Tivoli e cresciuto a Subiaco, la sua carriera politica è partita dalla periferia. Un’estrazione provinciale su cui la cognata Meloni, peraltro, non ha mancato di fare ironia: si narra che a margine della prima consultazione con Mario Draghi – febbraio 2021 –, al momento dei saluti Lollobrigida abbia voluto rimarcare al banchiere la sua fede calcistica: “Io comunque sono della Lazio”. E che a quel punto Draghi abbia riaperto la porta per rintuzzare, con improbabile cadenza romanesca: “Ma io so’ de la Roma”. A quel punto è intervenuta Meloni, spiegando la fede calcistica del cognato con la provenienza provinciale: “Presidente, lo lasci stare. È di Tivoli”.
Il lazialissimo Lollobrigida (tra i fondatori del club biancoceleste a Montecitorio) è partito lontano dal centro e ha fatto tutta la trafila: Fronte della Gioventù, poi Azione Studentesca, dove era il responsabile nazionale quando Giorgia era “solo” quella romana. Consigliere comunale a Subiaco, consigliere provinciale a Roma, assessore ad Ardea: non si può dire che sia mancata la gavetta. L’esplosione elettorale di Fratelli d’Italia l’ha trovato al posto giusto: Meloni gli aveva già affidato la macchina del partito e la gestione delle liste, dopo aver guidato da capogruppo le truppe di Montecitorio nell’ultima legislatura. Un ruolo che Lollobrigida vorrebbe conservare, anche se il suo nome è inevitabilmente nei toto-ministri (associato alle Infrastrutture, ma pure alla Funzione Pubblica).
Intanto “il cognato” è stato mandato avanti come volto di Fratelli d’Italia anche nella prima conferenza stampa dopo la vittoria elettorale. Lì ha annunciato l’intenzione della destra di cambiare la Costituzione: “È bella”, ha detto Lollobrigida, per carità, “ma ha 70 anni”. A volerne fare una questione meramente anagrafica, per essere pignoli, ne avrebbe 75. Come, con chi, per quale motivo cambiarla è stato appena accennato e resta abbastanza vago: “Non vogliamo toccare i valori fondamentali”, grazie, ma “rivedere la sovranità del diritto europeo” e introdurre qualche forma di presidenzialismo. Ne è passata di acqua da quando lo chiamavano “Beautiful”.