Corriere della Sera, 2 ottobre 2022
Walkie T, il il rapper russo che s’è ammazzato per non andare in guerra. Aveva 27 anni
Nel 2016 aveva registrato la canzone «Stelle» insieme al rapper ucraino Artem Lojk. «Guarda come brillano le stelle sulle spalle… Chi ha detto che è facile essere giovani? I servizi ascoltano il tuo telefono oppure no? Sei sicuro di essere da solo ora che sei entrato in Telegram? Magari ti contano come se fossi uno del bestiame? Perché tu esprimi opinioni, diffondi l’estremismo, e quando smetti di parlare, ti mettono dentro per un delitto del pensiero».
Adesso Lojk scrive canzoni che inneggiano «alla forza e all’onore di nostri soldati che combattono al fronte». Il suo amico, o ex amico russo è morto perché al fronte non ci voleva andare. Così almeno sostengono i suoi amici, e i dissidenti contrari all’Operazione militare speciale, che hanno trovato nel suo ultimo messaggio video i segni di una resa all’insostenibilità della mobilitazione.
Walkie T, al secolo Ivan Petunin, aveva 27 anni. Si è ucciso gettandosi all’undicesimo piano del suo appartamento sulla Via dei Congressi di Krasnodar, il capoluogo regionale nel sud della Russia dove era considerato un idolo. Aveva raggiunto una discreta celebrità anche a livello nazionale partecipando alla Battle of rap, una manifestazione che si svolge sui social alla quale partecipano i più famosi rapper russi. Nell’edizione del 2016, il video della canzone che lo aveva portato in semifinale aveva raggiunto i sei milioni di visualizzazioni. L’anno seguente, Ivan aveva trascorso alcuni mesi in un ospedale psichiatrico, per curare una forte depressione.
Ogni momento storico ha bisogno di un simbolo, di qualcuno che rappresenti lo spirito del tempo. Poco importa se c’erano segni di disagio preesistenti. Walkie T verrà ricordato come una vittima della mobilitazione parziale, che ha fatto entrare il suo Paese in una nuova fase, portando con sé una angoscia palpabile anche nelle strade di Mosca. Non era certo un riservista, e lui stesso ha spiegato che il suo quadro clinico gli aveva risparmiato la chiamata alle armi. Ma temeva che sarebbe successo nel caso di una seconda ondata di arruolamenti obbligatori. Anche alla sua compagna aveva detto che «a causa dei referendum» tutti sarebbero andati sul fronte, senza distinzioni.
Le ragioni del suo gesto sono inequivocabili. In un ultimo messaggio video, registrato proprio poco prima di morire, dice parole che non si prestano ad alcuna diversa interpretazione. «Mi ha fatto tanto male ritrovarmi in questo mondo dove negli ultimi sette mesi domina la guerra. Non posso e non voglio far pesare sulla mia anima il peccato di omicidio. Non sono pronto a uccidere per qualunque ideale. Non ho il diritto di prendere in mano il fucile e sparare alle persone. Qualche volta, bisogna morire per i propri principi. Se state guardando questo video, significa che non ci sono più».
«Vorrei che la gente ricordasse che ho vissuto secondo la mia coscienza, e sono morto per i miei princìpi». ha scritto poco prima di togliersi la vita alla sua fidanzata e ai suoi amici. Una settimana fa era uscito il suo nuovo disco. Nel post che lo annunciava, aveva scritto: «Ascoltate queste canzoni per capire che persona ero». La scelta di non essere più rimane sempre un mistero insondabile, che quasi mai trova una spiegazione assoluta. Ma certo non sono tempi per anime fragili. Tantomeno nella Russia di oggi.