Tuttolibri, 1 ottobre 2022
Intervista questionari a Lucrezia Lante della Rovere
Nella casa dove è cresciuta che libri c’erano?
A casa di mia madre ricordo i romanzi di Moravia, Parise, Fallaci, Truman Capote e molti libri di moda, arte e fotografia. A casa di mio padre, invece, c’erano tanti «Topolino».
Il primo libro letto da bambina?
Non so se fosse il primo, ma a tredici anni ho letto «Christiane F. Noi i ragazzi dello zoo di Berlino», un libro che ha segnato la mia generazione. All’epoca girava tantissima eroina e quel libro era una testimonianza sconvolgente.
Il più ha amato?
Credo che il libro che più mi ha colpita sia «Il vangelo secondo Gesù Cristo» di José Saramago. Sono andata a scuola dalle suore e la mia idea di Gesù era terrificante, in questo romanzo «l’uomo» che racconta Saramago mi ha fatto innamorare.
Il più noioso che non è mai riuscita a finire?
Di solito leggo le prime 50 pagine e se non mi piace mollo. Ne ho lasciati moltissimi: dall’«Ulisse» di Joyce, al «Viaggio al termine della notte» di Céline ma anche l’«Amica geniale» della Ferrante. Non sono dei no definitivi, però. Mi prometto di ritornarci.
C’è un libro che cita senza averlo letto.
Non sono mica una kamikaze…
Quale eroe di romanzi le piacerebbe essere?
Vorrei essere Orlando di Virginia Woolf: sperimentare la mascolinità e la femminilità in una stessa vita senza sottopormi a operazioni chirurgiche o cure ormonali. Vorrei addormentarmi per sette giorni e svegliarmi nei panni di Orlando.
Il momento della giornata migliore per leggere?
Il mattino con il caffè a letto.
La posizione preferita?
Tra i cuscini e le coperte e il mio cane Arturo acciambellato accanto a me.
Quanti libri possiede?
Boh, circa 800, non sono brava in matematica.
Come li tiene in ordine
Divisi tra Teatro, cinema, letteratura straniera, italiana, poesia, arte, fotografia. Ma sono talmente disordinata che almeno una volta all’anno mi tocca risistemarli.
Ha regalato un libro per sedurre?
Di solito mi gioco altre carte.
È stata mai sedotta con un libro?
Sono una donna esigente, non mi accontenterei.
Come tiene il segno della lettura?
Parto con le migliori intenzioni, con un segnalibro ma finisco presto con le orecchie, li scarabocchio li evidenzio, li disegno, li sottolineo.
Ha mai buttato via un libro?
Li ho seminati in giro per la città, nella toilette di un aeroporto, sulla panchina di un parco, in treno, al cassonetto sotto casa.
Impresta i libri?
Preferisco regalarli.
Li restituisce se li prestano a lei?
Preferisco non averli in prestito ma comprarli.
Che libri tiene sul comodino da notte?
Il mio comodino è affollatissimo perché purtroppo inizio più di un libro alla volta. Non lo consiglio.
L’ultimo libro che ha letto
«Una storia di vita e di morte» di Ervin e Marilyn Yalom. Scritto a quattro mani, da marito e moglie alla vigilia della morte di lei. Una storia sul senso della vita e un grande amore, ho pianto dalla prima all’ultima pagina.
Se dovesse andare su un’isola deserta che libro porterebbe con sé?
«Ricordi, sogni, riflessioni» di Carl Gustav Jung.
Quanto tempo dedica alla lettura
al giorno?
Non ho un timer, ma sicuramente fa parte del mio nutrimento quotidiano.
Un libro «importante» è stato quello
di sua madre, l’autobiografia
in cui metteva a nudo i suoi primi 40 anni. Che impressione le fece
quando lo lesse?
Ho letto il libro di mia madre in apnea. Con il cuore in gola. Sapevo più o meno tutto, anche se certe cose mi si sono chiarite. La cosa che mi sconvolse di più era il racconto di tutti gli aborti ai quali si era sottoposta durante la sua vita.
Un altro libro folgorante, come scrive nel suo «Apnea» (appunto), sono state le Memorie di Misia. Perché?
L’autobiografia di Misia Sert me la regalò mia madre e subito sentii il bisogno di portarla in scena e di farne uno spettacolo. Chi di noi non vorrebbe essere la musa ispiratrice dei più grandi artisti dei primi del Novecento? Io sì.
Come deve essere un’autobiografia:
se è troppo sincera rischia di fare male,
se è reticente è fasulla...
Non conosco la formula magica per un’autobiografia. Io ho cercato un ritmo per raccontare la mia vita, ci tenevo a essere autentica, intima, di pancia. Sono andata avanti, confidando nell’unicità della mia storia.