La Stampa, 1 ottobre 2022
L’inflazione al 8,9%
Contro un tasso d’inflazione così elevato serve «una risposta incisiva e adeguata» ma a patto di non seguire le altre banche centrali, come la Federal Reserve. La via per uscire dalla spirale dei prezzi al consumo scelta da Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, è quella di un pragmatismo adattivo. La gradualità nei rialzi dei tassi d’interesse è necessaria, così come la valutazione «riunione per riunione» delle condizioni macroeconomiche. Il rischio, in caso contrario, è indurre una recessione che, in un contesto così fragile e colmo di rischi, potrebbe danneggiare l’intera eurozona. Intanto, l’agenzia di rating Moody’s ha deciso di non toccare il giudizio sull’Italia appena uscita dal voto.
Più 8,9 per cento in Italia, più 10 per cento nell’eurozona. Le fiammate dei prezzi al consumo continuano a intensificarsi anche in settembre. Questa volta a spiegare l’accelerazione dei prezzi non è solo la componente energetica, ma soprattutto i beni del paniere di largo consumo, finiti ai massimi dal luglio 1983. L’inflazione di fondo, al netto di energetici e alimentari freschi, accelera da +4,4% a +5,0% e quella al netto dei soli beni dell’energia da +5,0% a +5,5%. Netto il giudizio dell’Istat: «È necessario risalire a luglio 1983 (quando registrarono una variazione tendenziale del +12,2%) per trovare una crescita dei prezzi del “carrello della spesa”, su base annua, superiore a quella di settembre 2022 (+11,1%)».
Proprio su questo tema, che avrà risvolti economici, sociali e finanziari di rilevanza sistemica, interviene il governatore, durante un evento organizzato dalla Fondazione Cesifin – Alberto Predieri e dallo European university institute. «È stato di recente affermato che l’inflazione elevata e i ripetuti errori nelle nostre proiezioni hanno messo in dubbio la nostra credibilità». Tuttavia, a fronte di sfide così ampie, occorre tenere la barra dritta. «La nostra credibilità si misura piuttosto sull’ancoraggio delle aspettative d’inflazione a medio termine, fattore chiave che aiuta anche a prevenire l’innesco di pericolose spirali tra prezzi e salari». Ed è per questo che non bisogna cadere nell’errore di seguire pedissequamente le scelte di politica monetaria di altre aree economiche. «Non vedo comunque oggi alcuna ovvia ragione per legarci le mani con ipotesi di incrementi straordinariamente elevati quali quelli che da alcune parti si leggono, in qualche caso estrapolando il più recente passato o l’esperienza di altri Paesi», ha spiegato. Rincorrere la Fed, dunque, potrebbe essere dannoso.
Il rischio di una recessione auto-indotta, avverte Visco, non è così remoto. «I rialzi dei tassi potrebbero avere ripercussioni più forti sull’inflazione quando l’economia ha già registrato un netto rallentamento, con il rischio di innescare o amplificare una recessione e senza avere avuto in precedenza, nella misura in cui i rincari dell’energia continuano a essere il principale motore della crescita dei prezzi al consumo, effetti particolarmente visibili sull’inflazione», dice. In un quadro così complicato, occorre prudenza e non irruenza. Qualora il deterioramento delle prospettive economiche si rivelasse peggiore del previsto, sottolinea, «un eccessivo anticipo nella normalizzazione dei tassi ufficiali potrebbe risultare sproporzionato, minando la fiducia del pubblico nelle nostre azioni e rendendo paradossalmente più difficile il mantenimento della stabilità dei prezzi nel medio periodo». Si tratta di un rischio «che merita di essere attentamente considerato insieme a quello di lasciare che l’inflazione resti eccessivamente alta per troppo tempo».
Sempre a proposito di rischi, Visco è tornato a parlare dopo il “General warning” dello European systemic risk board (Esrb), lo speciale organismo di vigilanza della Bce. E ha sottolineato che i timori per la stabilità finanziaria stanno aumentando. Tali rischi, sottolinea Visco, «sono amplificati dal rapido deterioramento del quadro macroeconomico, sia nell’area dell’euro sia nel resto del mondo, e dal fatto che tutte le principali banche centrali stanno alzando notevolmente i tassi ufficiali, con effetti negativi reciproci difficili da quantificare ma probabilmente niente affatto trascurabili». I pericoli di instabilità finanziaria sono «particolarmente rilevanti nell’Unione economica e monetaria, esposta per la sua architettura incompleta – in particolare la politica di bilancio decentralizzata e i ritardi nel completamento delle unioni bancaria e dei mercati dei capitali – a una possibile frammentazione dei mercati finanziari lungo i confini nazionali», rimarca. Il concretizzarsi di tale scenario avrebbe «ripercussioni pesanti in tutti i Paesi dell’area dell’euro, portando a un inasprimento delle condizioni finanziarie ben superiore a quanto ritenuto opportuno per contenere l’elevata inflazione». Una tempesta perfetta che, se non riconosciuta in modo adeguato, potrebbe presto materializzarsi. —