Corriere della Sera, 1 ottobre 2022
Intervista a Cingolani
Alle sue ultime settimane da ministro della Transizione ecologica, più che occuparsi di affari correnti, Roberto Cingolani continua a correre. Cerca di mettere un punto fermo in un negoziato europeo che va avanti da troppo tempo, con un solo obiettivo: calmierare in qualche modo i prezzi del gas. Quanto a questo, ieri per la prima volta sembra essersi aperta una strada che sembrava ormai preclusa.
Ministro, com’è andata ieri a Bruxelles?
«Molto meglio di quello che io stesso potessi pensare ventiquattr’ore prima. Avrebbe potuto esserci uno scontro al Consiglio dei ministri straordinario dell’Energia, anche perché la Commissione europea aveva ignorato la lettera dell’Italia e di altri 14 Paesi – fra i quali Francia, Spagna, Polonia e Belgio – che chiedeva una sua proposta precisa per arrivare un tetto al prezzo del gas proveniente da qualunque Paese».
Invece la Commissione ha proposto di limitare i prezzi solo alla quota, ormai residua e in calo, che viene dalla Russia. Come avete reagito?
«C’è stata una riunione alle sette del mattino con i miei colleghi di Germania, Francia, Spagna, Polonia e Belgio. È stata utile, ci siamo parlati con grande franchezza. Abbiamo messo da parte gli argomenti un po’ pretestuosi, come quando qualcuno diceva che non si poteva mettere un tetto al prezzo del gas alla borsa di Amsterdam per non interferire con i meccanismi del mercato. Con i prezzi dettati da una guerra guerreggiata e una guerra economica in corso con la Russia, il libero mercato non c’entra più niente».
E cosa è venuto fuori?
«Sono emerse le preoccupazioni vere e si è capito che non sono uguali per tutti. La maggior parte dei Paesi, Italia inclusa, hanno soprattutto un problema sul prezzo: anche perché abbiamo chiari limiti di bilancio nel mitigarlo con l’intervento pubblico. Loro, i tedeschi, sono più preoccupati che ci sia un problema di scarsità. Temono che un tetto al prezzo su tutti i fornitori crei scarsità di gas e loro restino un po’ a corto. Va riconosciuto che, a differenza dell’Italia, la Germania è poco interconnessa via gasdotto con fornitori diversi dala Russia».
Robert Habeck, il suo collega tedesco, ha ricevuto molte critiche per la sua contrarietà al tetto al prezzo?
«Ci siamo spiegati con grande lealtà. E credo che ci siamo capiti. Robert è una persona aperta a confrontarsi e collaborare, non è uno che si chiude solo perché la Germania è economicamente e finanziariamente più forte. A lui ho detto che non aveva senso non far niente sul problema che c’è, quello del prezzo eccessivo, solo perché ci preoccupiamo di un problema di scarsità che potrebbe esserci domani».
Si è convinto?
«Ci siamo trovati tutti d’accordo che il Ttf di Amsterdam (Title Transfer Facility, la piattaforma dei futures sul gas ndr) non funziona bene per determinare i prezzi delle vendite all’ingrosso. Il Ttf è dominato dagli effetti speculativi, non riflette l’equilibrio fra domanda e offerta».
Come fa a esserne così sicuro?
«Oggi l’offerta in Europa è superiore alla domanda, eppure i prezzi sul Ttf restano altissimi. Dobbiamo trovare un indice più adatto, che eviti all’Europa di pagare prezzi superiori al resto del mondo».
Ma come farlo?
«Un’idea è di indicare un prezzo che faccia una sintesi ponderata fra il petrolio Brent, lo Henry Hub che guida prezzo del metano negli Stati Uniti e l’indice che dà le quotazioni del gas liquefatto in Cina. Su questa base si può pensare a costruire un indice rappresentativo in Europa che sia più stabile, senza oscillazioni quotidiane enormi e puramente speculative».
Ministro, nei contratti di fornitura oggi in vigore il Ttf è indicato come un fattore rilevante del prezzo. Come potete cambiare il riferimento in corsa?
«Intanto devo dire che persino l’Olanda ormai, che lo ospita, riconosce che gli interessi dello Stato olandese non corrispondono a quelli del Ttf. In ogni caso ora Commissione europea dovrà portare una proposta di un intervento che abbia valore legale».
Lo farà, questa volta?
«Glielo abbiamo chiesto in tanti: oltre all’Italia, anche Germania, Francia, Spagna, Polonia e Belgio fra gli altri. Stiamo lavorando a una lista di dieci punti da affrontare entro il 6 ottobre, quando inizia il vertice europeo informale di Praga. Quei punti saranno il compromesso fra noi su cui far lavorare anche la Commissione».
La Germania viene criticata per il piano da 200 miliardi per indennizzare famiglie e imprese sul caro-energia. Dicono che così fa da sé e si avvantaggia sugli altri.
«Sono forme di tetti al prezzo interni, per i consumatori. Intanto ho detto a Robert Habeck che, con un vero limite sul gas, anche il governo di Berlino finirebbe per spendere meno per indennizzare famiglie e imprese. Lui ha risposto che la Germania non sta facendo niente di diverso da quello che facciamo noi. Noi abbiamo messo 66 miliardi quest’anno, loro ne metteranno magari 150. Ma è un’economia più grande. E se di questi fondi una quota va a indennizzare le imprese, almeno si mette in chiaro per tutti che i sussidi pubblici si possono dare».