Robinson, 1 ottobre 2022
Riscoprire Paris Bordon
Entrare a 13 anni nella bottega di Tiziano come apprendista può spianarti la strada, ma anche schiacciartela. Dopo la morte di mostri sacri come Giorgione e Bellini, Vecellio rimane infatti a Venezia l’unica star a occupare la scena artistica, complice anche un caratterino alquanto ambizioso. Non è strano quindi che Paris Bordon, nato a Treviso nel 1500 e ricordato da Giorgio Vasari e Carlo Ridolfi come l’unico allievo degno di nota, a 18 anni fugga per scrollarsi di dosso l’opprimente nome del maestro. D’altronde, la Serenissima offriva occasioni anche fuori dalla Laguna dove sarebbe rientrato trionfante, a 34 anni, per dipingere per la Sala dell’Albergo della Scuola Grande di San Marco laConsegna dell’anello al Doge.
La riscoperta di uno dei protagonisti del Rinascimento viene raccontata oggi al Museo di Santa Caterina di Treviso nella mostra Paris Bordon 1500- 1571. Pittore Divino, curata da Arturo Galansino, direttore della Fondazione Palazzo Strozzi, e dallo storico dell’arte Simone Facchinetti (fino al 15 gennaio 2023). Organizzata da Marsilio Arte e promossa dal Comune di Treviso in collaborazione con Intesa Sanpaolo, l’esposizione presenta 35 opere del trevigiano, descritto nel 1665 dallo storiografo Marco Boschini come «divin pitor», definizione utilizzata soltanto per Tiziano e Raffaello.
È l’occasione per riscoprire il pittore nato dal sellaio Giovanni Bordon e da Angelica, figlia probabilmente dell’aristocratico veneziano Alvise Gradenigo. Questo spiegherebbe l’alta educazione ricevuta da Paris ( conoscitore della grammatica ed eccellente musico) e il trasferimento con la madrea Venezia nel 1508, dopo la morte del padre. Il giovane si ritrova nella più ambita bottega, ma dalle testimonianze sembra che il Vecellio non fosse uno incline a insegnare. Tuttavia aveva bisogno di assistenti e Bordon ha la fortuna di svolgere il suo apprendistato proprio quando Tiziano realizza laPala dell’Assunta ai Frari. Sarà questa la palestra per il promettente artista che si farà conoscere arrivando anche a Fontainebleau, alla corte di Francesco I, dove verrà colpito dalle opere del manierista toscano Rosso Fiorentino. In realtà, Bordon i toscani già li conosceva perché, dopo il Sacco di Roma, a Venezia erano arrivati Jacopo Sansovino, Pietro Aretino e Sebastiano Serlio. È proprio da Serlio che il trevigiano trae ispirazione per gli sfondi delle complesse architetture delle sue opere, come quelladel labirintico porticato dell’Annunciazione. Bordon, ricordato come un uomo dal carattere mite e pacifico, coltiva degli ottimi contatti, come quello con l’avvocato Alvise Campagnari, che nel 1525 gli commissiona la grande pala dove San Giorgio uccide il Drago, realizzata per la chiesa di Noale e ora parte della Pinacoteca Vaticana. Ispirato da una xilografia di Dürer e da un dipinto di Marco Basaiti, Bordon costruisce una composizione dinamica, accentuata dall’intensità dei colori e dalla profondità del paesaggio. In questa opera, appena restaurata nel Laboratorio dei Musei Vaticani, spicca il carattere del pittore che riesce a unire in un’unica composizione i tratti di Tiziano, Palma il Vecchio, Giorgione e Pordenone. «Lo spartiacque nella sua carriera è quando viene chiamato dalla prestigiosa confraternita veneziana per eseguire un’opera pubblica» spiegano i due curatori a proposito della Consegna dell’anello al Doge.
«Non è un telero qualsiasi, ma l’ultimo di una serie che comprendeva nomi come Carpaccio, Gentile e Giovanni Bellini, Giovanni Mansueti e Palma il Vecchio». La mostra, articolata in diverse sezioni, ha uno spazio dedicato ai disegni e ai ritratti. Bordon acquisisce dai toscani la pratica degli schizzi, come dimostrano diversi disegni esposti che raccontano quanta ricerca ci sia dietro a ogni figura, come nel caso dei fogli preparatori per la Betsabea al bagno. Tra i caratteristici soggetti profani di Bordon che diventeranno un tratto distintivo, ci sono proprio queste donne, sensuali come laVenere e Cupido o laVenere dormiente e Cupido.
Il pittore morirà di febbre nel 1571 nella sua casa a Cannaregio a Venezia, ma non dimenticherà mai la sua Treviso che oggi lo omaggia come il suo “divin pitor”.