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 2022  ottobre 01 Sabato calendario

L’Iran, tra gli arresti anche un italiano

La rivolta di donne e giovani iraniani non si placa, e la risposta del governo si fa durissima, con il rischio che deflagri la violenza: a Zahedan, nel Balucistan, si contano decine di morti, mentre si apre un nuovo scontro tra Bruxelles e Teheran. Ieri l’intelligente iraniana ha annunciato di aver arrestato nove cittadini europei, provenienti da Germania, Svezia, Polonia, Francia, Olanda e anche dall’Italia, perché avrebbero preso parte alle manifestazioni e «complottato dietro le quinte» per aiutare «i rivoltosi». Il ministero non ha comunicato i loro nomi. Nei giorni scorsi la leadership iraniana ha più volte accusato europei e americani di fomentare la “ribellione” per indebolire la Repubblica Islamica, che attraversa una fase delicata con le piazze in protesta e voci sempre più insistenti di un cambio epocale al vertice della piramide del potere con la successione alla Guida suprema Ali Khamenei.
In due settimane, l’ondata di indignazione suscitata dalla morte della 22enne curda Mahsa Amini mentre era in custodia della cosiddetta “polizia morale” si è trasformata in una sfida aperta al sistema teocratico della Repubblica Islamica. Nonostante la repressione violenta, anche ieri gruppi di centinaia di manifestanti sono scesi in strada in diverse città del Paese: da Ahvaz, nel sudovest curdo, ad Ardabil, nel nord est, alla capitale Teheran. “Donna, vita, libertà”, gridano nei cortei,chiedendo democrazia e diritti civili, la fine dell’obbligo del velo e delle altre restrizioni imposte alle donne, come la possibilità di ballare o cantare in pubblico, libertà di espressione. Le immagini che arrivano con difficoltà perché il governo ha bloccato i social e la rete Internet, raccontano di ragazze in strada ad Arak senza il velo, di donne che entrano nei caffè della capitale a capo scoperto. Una di loro, Donya Rad è stata arrestata dopo che è stata diffusa la foto di lei con un’amica mentrefacevano colazione al bar senza hijab. Le stesse autorità ammettono 1.200 arresti, ma sono molti di più secondo le organizzazioni indipendenti, 3mila solo a Teheran, studenti, lavoratori, artisti, giornalisti, fermati o strada o prelevati in casa. Tolleranza zero verso “le celebrità” che appoggiano i manifestanti, promette il governo, e in carcere finiscono tra gli altri Mahmoud Shahriyari, un ex noto presentatore della tv di Stato, il cantante Shervin Hajipour, il calciatore ex stella del Persepolis, Hossein Mahini.
Da Zahedan arrivano notizie frammentate e terribili. La città è il capoluogo della provincia del Sistan e Baluchistan, al confine con il Pakistan, una delle più povere del Paese. Da giorni ci sono proteste per il presunto stupro di una ragazza di 15anni daparte di un poliziotto, che si sono sommate a quelle per Mahsa Amini. Ieri, poco prima che finisse la preghiera del venerdì, decine di persone che si erano sono radunate davanti alla moschea sono state colpite da colpi di armi da fuoco. La Bbc Persian descrive così la scena: «Quando i manifestanti hanno iniziato a cantare, gli agenti hanno sparato contro di loro e un gran numero è rimasto ferito». In risposta, un gruppo di uomini armati ha attaccato il commissariato locale.
I morti sono almeno 19, tra cui un colonnello dei Guardiani della rivoluzione, Ali Mousavi. Ahmad Taheri, comandante della polizia del Sistan e del Baluchistan, ha definito gli assalitori “terroristi”, accusandoli di aver sparato ai fedeli. In tutto l’Iran le vittime sono più di 83. Oggi sono previste nuove manifestazioni, gli studenti hanno annunciato scioperi e sit-in. Ma sarà anche la diaspora iraniana a mobilitarsi con cortei convocati in oltre 80 città del mondo, una catena internazionale di solidarietà con le donne e i giovani d’Iran. “The Time Has Come”, “è arrivato il momento” di scendere in piazza a fianco dei nostri fratelli, il messaggio.
Ad accendere la fiaccola è stato Hamed Esmaelion, dentista e scrittore iraniano, di base in Canada, che nell’abbattimento dell’aereo ucraino a Teheran nel gennaio 2020 perse la moglie e la figlia di 9 anni. Da allora, con gli altri familiari delle 176 vittime, chiede che i «comandi militari e le autorità iraniane responsabili vengano processati».