la Repubblica, 30 settembre 2022
L’intervista a Eleonora Pescarolo, la pallavolista transgender che vuole con le donne
«Di fronte agli sfottò, agli insulti, non mi sono mai posta con livore. Ho replicato mettendo la mia storia al servizio di altri, raccontando il mio percorso. Sono stata fortunata, in campo ho sempre trovato rispetto.
Ora però, da donna, voglio poter giocare in un campionato femminile». Eleonora Pescarolo, 22 anni, pallavolista originaria di Codogno e da tre anni militante in società del Piacentino (attualmente gioca nella Polisportiva San Nicolò, serie C regionale), è costretta a scendere in campo con team maschili. Nonostante il suo iter di transizione sia concluso da tempo – «l’ho iniziato a 15 anni. Sono stata operata due anni fa, anche per lo Stato sono una donna» – per poter sfidare altre ragazze deve ottenere il via libera della Fipav, sottoponendosi per un anno a test ormonali che dimostrino che il testosterone nel suo sangue rientra nei limiti consentiti (10 nanogrammi per litro).
Lei è pronta ad affrontarli, come ha sempre affrontato ogni ostacolo.
Eleonora, perché si ritiene una persona fortunata?
«Perché, anche se il tema della transessualità è poco affrontato sianella società sia nello sport, ho sempre incontrato squadre che mi hanno portato rispetto. Gioco con gli uomini, ma ovunque, in casa e in trasferta, posso avere uno spogliatoio tutto per me. Non sono mai stata vista come una scocciatura, e soprattutto sono stata accolta. Io, quando entro nel palazzetto, voglio essere giudicata come Eleonora la giocatrice e voglio essere valutata da un punto di vista tecnico e sportivo.
Se faccio bene, voglio sia riconosciuto; se commetto errori in campo, devo essere redarguita. Non voglio indulgenza».
Il dialogo è dunque la ricetta per ottenere il dovuto rispetto?
«Io ho sempre avuto l’esigenza di raccontarmi, di spiegare quello che sentivo e stavo vivendo: è successo quando alle scuole medie ho preso coscienza di voler essere Eleonora, quando ne ho parlato ai miei amici e ai miei genitori. Non mi sono mai nascosta, ho preferito porgere l’altra guancia di fronte alle critiche. Ho intuito che doveva essere il mio approccio a cambiare, per permettere a chi mi respingeva disaperne di più di me, e magari capirmi davvero, anche a costo di rispettare chi non rispetta me, perché il tempo messo a loro disposizione non è tempo perso: un giorno magari capiranno che disagio si prova a vivere in un corpo che non sentiamo giusto».
Ha acquisito consapevolezza di sé molto giovane. I suoi genitori come l’hanno presa?
«Avrebbero avuto bisogno di più tempo, ma io l’ho capito solo dopo.
Percepivo ostilità ma probabilmente era più da parte mia. Hanno messo la firma su ogni documento necessario per il percorso di transizione, per loro però non è stato facile. La mia vittoria più grande è stata quando sono rientrata a casa, nel 2020: mi hanno visto davvero come Eleonora, come una donna, mi hanno chiamato “nostra figlia”. Ora sono orgogliosissimi di quello che sono».
Cosa sogna per il suo futuro?
«Spero che tutti gli esami vadano bene, di poter approdare alla massima lega femminile, c’è già attenzione di qualche società. E chissà, magari un giorno giocare in Nazionale, sarebbe una bella rivincita. Mi aspetto già polemiche, ma non avrò vantaggi rispetto allealtre atlete, perché con l’inizio del percorso ho bloccato la mia crescita adolescenziale, come la forza fisica e il volume dei muscoli; inoltre gli ormoni che devo prendere ogni giorno mi stancano e mi debilitano».
E di cosa ha invece paura?
«Le persone trans oggi sono disumanizzate, di loro non si parla, non sono una priorità. Sappiamo bene cosa pensa la destra delle questioni Lgbt: ho paura che la situazione possa solo peggiorare».