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 2022  settembre 30 Venerdì calendario

Intervista a Ron

Spuntò Renato Zero, in look leopardato. Mi salutò: ‘ciao Ni’’. E mio padre: ‘Andiamocene’. Sembrava Scherzi a parte”.
Invece eravate nella mitica sede della RCA, caro Ron. 1969.
Io minorenne, accompagnato da papà per un provino. Comparve Lucio, tutto ingessato e in sedia a rotelle. Aveva fatto il botto sulla Tiburtina.
Preparavate il debutto a Sanremo.
Dalla aveva arrangiato un nuovo pezzo, Occhi di ragazza. Avrei dovuto cantarlo in accoppiata con Sandie Shaw. La giuria del Festival, già riunita, ci scartò in anticipo.
La solita lungimiranza. Se ne giovò Morandi, dopo.
Virammo su Pa’ diglielo a Ma’. Le versioni mia e della coetanea Nada. Due ragazzini. Con l’incoscienza di quell’età.
Mentre attorno a lei cadevano i big.
Stavo entrando in scena. Vidi una famosissima, in lacrime. Appena eliminata.
Rita Pavone?
Non mi metta in difficoltà.
Suo padre Savino la seguiva?
Eccome. In dialetto pavese mi diceva: dai che ce la fai. La prima chitarra me la regalò nonno Domenico. Originario di Trani.
Questo suo nuovo, ispirato album si intitola emblematicamente Sono un figlio. La canzone guida è un commosso ritratto di famiglia.
Durante la pandemia ho riletto i miei diari dell’adolescenza, riscoprendo tante cose.
Non sarebbe qui oggi se non fosse stato per le donne di casa.
C’era l’occupazione nazista, papà militare in fuga. Arrivò in provincia di Milano, a Magnago. Si rifugiò in una cantina. Mamma disse: ‘C’è un soldato giù, in mezzo alla legna’. E nonna: ‘Ti sei spaventata?’. ‘No, è così bello!’.
Amore a prima vista.
Restò nascosto tre mesi. Nonna ripeteva: ‘Non si può mica ributtarlo in strada, ’sto soldato’. A guerra finita, un ufficiale tedesco parlò a mio padre: ‘Sapevo che lei fosse lì’. Non era intervenuto. Visti i tempi, un atto di sorprendente pietà.
Lei non ha avuto figli, Ron. Però c’è un duetto, nel disco, con il giovane Leo Gassmann su Questo vento.
Un dialogo generazionale. Mi accorgo di quanto mi sia mancata l’esperienza della paternità. Potrei comprendere un altro punto di vista, da un figlio. La sua visione del mondo. I nostri, di genitori, ci avevano offerto la libertà. Senza farci troppi complimenti.
Erano anni complicati, tumultuosi.
Nel ’71 ci fu la famosa finale del Cantagiro al Vigorelli. Gli organizzatori l’avevano voluta subito prima di un concerto dei Led Zeppelin, nella stessa sera. I fan del rock fecero casino, contestando i cantanti italiani.
Morandi fu preso a zolle di terra. Ne uscì traumatizzato.
Si iscrisse al conservatorio, ripensò la carriera. Io non fui bersagliato. Sarà stato per i miei capelli lunghi e l’aspetto alla Donovan. La band non salì con me sul palco. Armato della sola chitarra, cantai Il Gigante e la Bambina. Non ci fu un’ovazione, ma neanche fischi o proiettili.
Canzone disturbante, soprattutto se affidata a un giovane.
Solo un’autrice come Paola Pallottino poteva ricavare poesia dalla storia di un gigante con la spada in compagnia di una piccola. Peraltro era un caso di cronaca, il sequestro di una bimba. Pedofilia o meno, pochi compresero la dimensione del pezzo. Che fu censurato, i versi divennero più sfumati.
Tra Disco per l’Estate, Sanremo e Cantagiro, eravate sempre in carovana.
E che ospiti stranieri! In certe tappe c’erano Sam & Dave. O Aretha Franklin, bellissima e magra. Una voce che superava ogni limite di amplificazione. Bastava lei.
Poi lo stop degli anni di piombo e il ritorno alle folle per Banana Republic.
Mamma mia. Il primo stadio fu Savona. Pensai: adesso cosa diciamo io Dalla e De Gregori a tutta questa gente?.
Se ne fanno di incontri, in tour e in studio.
Partecipavo a un festival a Bari. Uno dei miei idoli è Cat Stevens. E non te lo vedo sgattaiolare dietro le quinte? Non ne sapevo nulla, era lì. Con una chitarra dalle corde colorate. A momenti svengo.
Altri?
Nell’80 mandai qualcuno all’aeroporto per accogliere questo musicista che sarebbe rimasto da me a Garlasco una settimana. Non lo trovò. Ero nel panico.
Chi era?
Jackson Browne. Bussò alla mia porta e mi disse seraficamente: ‘ho preso un taxi, eccomi’. Realizzammo la versione italo-inglese di The Road, Una città per cantare. Con il testo ripensato da Dalla. Jackson mi confidò: è molto più profondo dell’originale. Quante storie mi raccontò. La sua love story con Joni Mitchell.
E il cinema?
Il mio secondo amore. Carroll Baker mi suggerì: quando ti inquadrano non devi sembrare distratto da altri pensieri, saresti un ostacolo alle riprese. E Manfredi… giravamo In nome del papa re, Luigi Magni mi aveva fatto vestire da carbonaro: gilet, pantaloni alla zuava, cappellino tondo. Manfredi mi fulminò: ‘Anvedi caramellino!’.