il Fatto Quotidiano, 30 settembre 2022
Cos’ Carlo Magno, il re che fu imperatore, ci lasciò l’Europa
La mattina di Natale dell’anno 800, nell’antica basilica costantiniana di San Pietro a Roma, papa Leone III posò una corona sul capo di Carlo, re dei Franchi e dei Longobardi; poi lo unse con l’olio sacro e si prosternò davanti a lui, nel rito orientale della proskynesis, mentre il popolo romano lo acclamava col titolo di imperatore e di Augusto.
La promozione di Carlo a imperatore non modificava lo statuto del regno franco o del regno longobardo, che continuavano a esistere sotto il suo dominio; ma dichiarava che l’uomo cui Dio aveva affidato quei regni era qualcosa di più di un re. Nell’Europa romano-germanica, infatti, un rex era solo il capo d’un popolo: un titolo subalterno, in nessun modo paragonabile al titolo imperiale. Ma Carlo regnava su molti popoli, e su uno spazio immenso: i suoi domini comprendevano l’intera Francia, Belgio, Olanda, Svizzera e Austria, tutta la Germania fino all’Elba, l’Italia centrosettentrionale, la Spagna pirenaica fino all’Ebro, la Boemia, la Slovenia, l’Ungheria. Con la sola eccezione delle isole britanniche, il re franco governava la quasi totalità dei cristiani di rito latino, ed era il protettore di Roma e del papa. Il semplice titolo di re non era più adatto a designare la vastità del suo potere: il titolo imperiale la esprimeva molto meglio.
L’unico problema è che un imperatore c’era già. Era l’imperatore romano, che regnava a Costantinopoli, su quello che noi abbiamo la cattiva abitudine di chiamare Impero bizantino. Ma quell’imperatore e i suoi sudditi parlavano e pregavano in greco: si trattava certo di fratelli cristiani, ma con loro gli abitanti dell’Occidente non avevano quasi più alcun contatto. Al posto dei Romani, in Occidente era emerso un nuovo popolo imperiale, i Franchi: il popolo amato da Cristo, come afferma il prologo della Lex Salica. Sotto la loro guida, l’Europa poteva fare da sé: già nel 775 il prete Catwulfo scriveva dalle isole britanniche elogiando Carlo Magno, “onore e gloria del regno d’Europa”, e più tardi un poeta anonimo, evocando l’incontro fra Carlo e papa Leone a Paderborn, lo definirà “il re padre dell’Europa”.
L’incoronazione di Carlo non fu, dunque, una novità improvvisa e dirompente. Forse poté sembrarlo ai Bizantini, sempre poco informati delle cose d’Occidente, e scioccati all’idea che un re barbaro potesse essere acclamato imperatore a Roma. A Costantinopoli l’incoronazione in San Pietro sembrò una ripresa delle invasioni barbariche, e un cronista bizantino annotò: “Adesso Roma si trova sotto la signoria dei barbari”. Ma nella Roma papale l’idea che il re dei Franchi fosse degno del titolo imperiale era nell’aria da tempo. Già papa Adriano I lo salutava come un nuovo Costantino: e non dimentichiamo che per il Medioevo Costantino era il più importante di tutti gli imperatori romani, giacché aveva sancito il destino universale dell’impero di Roma trasformandolo in un impero cristiano. Il suo successore Leone III, eletto nel 795, si pose sotto la protezione di Carlo, affrettandosi a mandargli il resoconto della propria elezione, le chiavi di S. Pietro e lo stendardo della città di Roma.
E intanto si diffondevano anche alla corte franca le allusioni alla dignità imperiale. Nella corrispondenza di Alcuino, il principale consigliere culturale di Carlo, si parla del re franco come del capo dell’“imperium Christianum”. La cancelleria franca utilizza per il re gli appellativi tradizionalmente riservati al basileus, “serenissimo” e “ortodosso”. Testimonianza di quelle ambizioni che gli storici hanno chiamato di imitatio Imperii è anche la costruzione del palazzo d’Aquisgrana, personalmente voluta e diretta da Carlo, e compiuta per l’essenziale entro il 798. Gli architetti che intrapresero l’edificazione della nuova residenza avevano istruzioni precise: Aquisgrana doveva entrare in concorrenza con Roma e Costantinopoli. La cappella ottagonale del palazzo era una copia del Triclinio aureo eretto al centro del palazzo imperiale a Bisanzio, al tempo stesso chiesa e sala del trono.
Quali furono le conseguenze pratiche di questa promozione? Da un certo punto di vista, sorprendentemente poche. Il rituale celebrato in San Pietro non rese la sua persona più sacra di quanto non fosse in precedenza, perché Carlo era già stato unto al momento della sua consacrazione a re dei Franchi. Né si può sostenere che la nuova dignità imperiale abbia offerto un sostegno ideologico alle guerre di conquista. Le grandi vittorie di Carlo Magno datano tutte da prima dell’800; non dimentichiamo che a quella data il sovrano aveva quasi sessant’anni, e per l’epoca era un vecchio. Beninteso i Franchi sono ancora gli stessi, e lungo tutti i confini la loro pressione è forte: la sentono gli Arabi di Spagna che debbono arretrare di fronte alle campagne di Ludovico il Pio, i Danesi sempre minacciati di invasione, gli slavi dell’Elba costretti alla sottomissione, i bizantini che perdono l’Istria. Ma dal punto di vista territoriale si tratta di guadagni minimi rispetto alle grandi conquiste del passato. Essere incoronato imperatore non significò per Carlo l’inizio di una nuova stagione di espansione, ma fu piuttosto il sigillo apposto alle imprese già compiute.
In realtà l’incoronazione di Carlo Magno fu più importante per le sue conseguenze di lungo periodo che non per gli effetti immediati. Conseguenze per Roma, innanzitutto, che nell’800 diviene definitivamente una città dell’Occidente. Roma, che fino a cinquant’anni prima faceva parte a tutti gli effetti dell’impero d’Oriente, e che per secoli aveva avuto papi greci, siriani, palestinesi, ora diventa la prima delle sedi metropolitane del nuovo impero, così come saranno elencate nel testamento di Carlo (“poiché nel suo regno si sa che vi sono ventun sedi metropolitane, e i loro nomi sono questi: Roma, Ravenna, Milano, Aquileia…”). L’Europa si riappropria di Roma e della tradizione imperiale romana, e inaugura addirittura una nuova edizione dell’impero di Roma, quello che più tardi sarà chiamato il Sacro Romano Impero: ma è un impero molto diverso da quello di Augusto e Costantino. Quello si estendeva su tre continenti; questo è un impero europeo. Quello comprendeva la totalità dei cristiani nel mondo; questo include soltanto i cristiani che pregano in latino. L’impero romano considerava il Mediterraneo un lago interno, Mare nostrum; ma per l’impero di Carlo il Mediterraneo è una frontiera ostile. Per l’Impero romano il Reno era una frontiera periferica e inospitale: ma la valle del Reno è il cuore dell’Impero carolingio. E tutte queste caratteristiche che distinguono l’impero creato da Carlo Magno dall’antico Impero di Roma hanno continuato a identificare fino a oggi quello spazio di civiltà che si è chiamato, di volta in volta, Cristianità, Europa, Occidente. Ecco perché l’incoronazione dell’800 rimane una data fondamentale nella storia d’Europa, e perché si può consentire in gran parte col poeta di Paderborn, identificando in Carlo Magno non certo il padre, ma almeno un padre dell’Europa.