il Fatto Quotidiano, 30 settembre 2022
Intervista a Gian Carlo Caselli
Da Fratelli d’Italia fino al Pd, sono 41 in totale i neo parlamentari che hanno avuto o hanno tuttora guai con la giustizia. Sono presenti in tutti i gruppi politici, ma il record è del partito guidato da Giorgia Meloni e, a seguire, quello di Matteo Salvini. Candidature che per l’ex magistrato Gian Carlo Caselli sono il risultato di un fenomeno: “L’accantonamento della questione morale”.
Dottor Caselli, il 6,8 per cento dei neoeletti di Camera e Senato hanno avuto o hanno ancora qualche grana giudiziaria. Tenendo conto del taglio dei parlamentari, è una percentuale più alta rispetto a quella registrata alle Politiche del 2018, quando erano 45, ma su 945 seggi assegnati. È opportuno candidare indagati, imputati o condannati?
Sicuramente no. Queste candidature disallineano il nostro Paese rispetto alle altre democrazie occidentali. Non si può non ricordare ancora una volta il caso di Karl Theodor von Guttemberg, ministro della Difesa tedesco, delfino di Angela Merkel, scomparso dai radar della politica subito dopo la scoperta che aveva copiato parte della sua tesi del dottorato di ricerca, per noi poco più di una bagatella… Questo disallineamento dipende dal fatto che in Italia si deve, purtroppo, registrare un accantonamento di fatto della questione morale, che non è una pruderie di benpensanti, ma una grande questione democratica e istituzionale: per la decisiva ragione che un sistema indifferente al malaffare è l’emblema del prevalere dell’interesse privato sull’interesse pubblico. Questo accantonamento comporta, oltre a candidature inopportune, la scomparsa nei programmi elettorali finanche della mera evocazione di una questione posta dal rapporto tra etica e politica.
Cosa si potrebbe fare per limitare questo fenomeno?
Oggi l’obiettivo di cancellare questo malcostume è quasi surreale. Posto che realisticamente dobbiamo prima di tutto farci carico della necessità di resistere alle pesanti controriforme, che di sicuro vorranno realizzare guardasigilli con la cultura politico-giudiziaria di Carlo Nordio o di Giulia Bongiorno o di altri del medesimo milieu.
Il tema della legalità è stato per lo più assente, tranne in pochissimi casi, in questa campagna elettorale.
Dal sogno di una palingenesi nazionale con Mani Pulite, si è passati all’indifferenza, se non peggio, di oggi. La crisi di fiducia nel Parlamento, che è spietatamente scolpita nel massiccio astensionismo, sembra irreversibile. Persino peggiore è la crisi della magistratura, evidenziata dagli intrallazzi di Luca Palamara. Mentre nella Pubblica amministrazione la corruzione è ancora diffusa, opera di quei soggetti – copyright Davigo – che sono scampati alle inchieste diventando i più veloci e resistenti. Sicché gli anni di mobilitazione e speranza di Mani Pulite sono ora anni di delusione. Con il pericolo – per dirla con Ilvo Diamanti – che si diffonda un sentimento di assuefazione più che di rassegnazione; un senso di abitudine che rischia di annebbiare e avvolgere in particolare i fatti di corruzione fino a renderli “normali” ai nostri occhi, quasi “banali”.
Quanto incide la riduzione dei parlamentari e la legge elettorale? Potrebbe nascondere una corsa all’impunità?
Non sono un “politico”, ma un ex procuratore che ha sempre cercato – in teoria e nella prassi – di tenere separati i due ruoli. In ogni caso, è innegabile che i nostri problemi derivino soprattutto dal mancato adempimento dell’impegno solennemente assunto di far seguire subito alla riduzione del numero dei parlamentari una nuova legge elettorale, capace di arginare la tendenza a candidare in base all’affidabilità di “cordata” più che alle capacità dei soggetti. Quanto all’eventuale corsa all’immunità, qualcuno forse vuol “portarsi avanti”, ma in generale per farla franca basta e avanza la cancellazione della riforma Bonafede della prescrizione, posto che ora chi può e conta può fare ancora affidamento sulla comoda possibilità di tirarla alle lunghe finché la prescrizione – pardon, ora si chiama improcedibilità – non inghiotta tutto.