La Stampa, 29 settembre 2022
Lilian Thuram contro la destra. Intervista
«L’estrema destra al potere legittima la violenza verso le persone non bianche, considerate non veri italiani, non veri francesi. La gente deve capire la profondità del razzismo, perché già il fatto di non ostacolarlo vuol dire accettare che ci sia, come quando i miei colleghi giocatori, dopo certi cori allo stadio, mi dicevano: "Lascia stare, non ti arrabbiare"…».
Parlare di queste tematiche con Lilian Thuram, cinquant’anni, uno dei migliori difensori che abbia giocato sui campi europei, in Italia al Parma e alla Juve, oltre che nella Nazionale francese, significa avere risposte complesse a questioni complesse che fondano la loro origine su un concetto di suprematismo razziale bianco alla base della nostra civiltà occidentale. Ne verrà a parlare oggi a Torino Spiritualità in un incontro con Alex Zanotelli dal titolo programmatico: «Il pensiero bianco» (che è il titolo del suo libro, pubblicato da add editore).
Alla base del suo impegno, messo in atto sia durante la sua carriera nel calcio che dopo, con la creazione della Fondation Lilian Thuram éducation contre le racisme, c’è un fatto, un avvenimento preciso che l’ha spinta a dire basta e a prendere posizione pubblicamente?
«Non è una cosa che succeda così, mi sono confrontato con il razzismo fin da piccolo e ho sempre provato a capire il perché. Da calciatore poi è stato chiaro che era importante dire le cose perché potevo arrivare a più persone. Ho imparato da grandi atleti americani come Muhammad Ali che hanno preso posizione e ho capito che non potevo stare zitto, dovevo continuare la lotta per l’uguaglianza».
Con i suoi compagni di squadra come andava?
«La maggior parte, bianchi o non bianchi, mi ascoltava ma poi non faceva nulla. Una volta dopo un Parma-Milan con certi cori razzisti gli altri giocatori e i dirigenti mi hanno detto "dai Lilian, lascia stare". Dire a un nero che subisce razzismo che non è grave vuol dire che per gli altri non è un problema perché non è un loro problema. Per i bianchi è molto difficile mettersi nella pelle di una persona nera, per questo è difficile lottare contro il razzismo. Il fatto è che quando si parla dei neri alla fine si parla dei bianchi, mentre disprezzare neri, musulmani e altri mette in risalto il bianco positivo. Il bianco deve sempre fare in modo che il nero non sia niente. Il bianco deve avere la certezza di essere il tutto».
La preoccupa la situazione in Europa?
«L’Europa e il mondo si sono fondati sull’ideologia razzista, da secoli l’Europa si sente al centro del mondo e ancora oggi la sua è una visione eurocentrica, dentro la cultura europea c’è ancora un’idea di supremazia bianca, come avviene per la superiorità degli uomini sulle donne, anche se molti fanno finta che questo sia superato».
E in cosa si è espresso questo sentimento?
«Per rimanere al mondo del calcio, nel rifiuto di molti giocatori di mettersi in ginocchio per denunciare la violenza contro le persone nere da parte della polizia negli Usa e in altre parti del mondo. Singoli giocatori lo hanno fatto, ma ci vogliono le squadre, le federazioni, e la maggior parte dei Paesi non ha fatto nulla. Perché?».
In Europa governa Orbàn e a breve in Italia lo farà Giorgia Meloni, in Francia Marine Le Pen continua a raccogliere consensi. Qualcuno in Italia protesta già, come gli studenti del liceo occupato a Milano o chi manifesta a difesa della legge sull’aborto. Ha timore della svolta a destra?
«Preoccupato? Ma lo sa che sono nero? Non mi serve la destra per essere preoccupato. Conosco la violenza del razzismo e di quella ideologia, so esattamente cosa può fare il suprematista bianco. Chi subisce certe cose sa benissimo che se chi attraversa il Mediterraneo fosse bianco, tutto sarebbe molto diverso. I profughi ucraini, per fare un altro esempio, sono visti meglio dei migranti non bianchi. L’estrema destra legittima la violenza sulle persone che tanti considerano meno umane, talvolta senza dirlo».
Sta dicendo che il problema è più vasto?
«Dico che se è vero che l’estrema destra afferma il suprematismo bianco, è anche vero che questa storia va avanti da secoli. Oggi poi l’aumento delle persone che vedono con favore la fine del dominio occidentale aumenta l’incertezza e invoglia a votare a destra, ma è un fatto che la popolazione bianca – appena il 16% della popolazione mondiale – racconta la propria versione dei fatti garantendo a tutti gli altri che è proprio così, perché hanno il potere di raccontare la storia che vogliono».
Intanto c’è chi contro la destra occupa le scuole, come al liceo Manzoni a Milano, gridando al pericolo dell’autoritarismo e della repressione. A lei che effetto fa?
«I ragazzi si preoccupano della situazione, perché sanno che la violenza genera violenza, ma non subiranno mai la paura che può avere dentro un nero o uno straniero quando sei visto come illegale in Italia, e poi se la maggioranza ha scelto questa destra... E se uno dice aspettiamo di vedere cosa fa il nuovo governo per giudicare, allora è la stessa cosa di quei compagni di squadra che dopo gli insulti razzisti mi dicevano: "Tranquillo, non è grave"».
Lei ha giocato e vissuto fra Francia e Italia, stessa gravità in entrambi i Paesi?
«Sì. Mi dicono che non c’è razzismo in Francia, ma stiamo scherzando? E in Italia è lo stesso, la maggior parte delle persone il razzismo non vuole vederlo perché non è un loro problema, ma ricordatevi di quello che diceva James Baldwin: il razzismo non è un problema dei neri, ma dei bianchi. Poi ci sono i ragazzi bianchi che vanno a manifestare, così come c’erano dei bianchi sudafricani a marciare con Nelson Mandela, insieme. Detto questo, alla maggior parte della gente il problema non interessa».
Ma quindi cosa si può fare?
«Troviamo il coraggio di toglierci di dosso tutte le maschere che portiamo, di nero, di bianco, di uomo, di donna, di ebreo, di musulmano, di cristiano, di buddista, di ateo, di clandestino, di povero, di ricco, di vecchio, di giovane, di omosessuale, di eterosessuale... per difendere l’unica identità che conta: quella umana».